Dobbiamo perdonarci le debolezze e prometterci la grandezza del futuro
di Paolo Maninchedda
Una delle attività più difficili è tentare di mettersi nei panni dei propri interlocutori, cercare di capirne fino in fondo le ragioni. Quando si prova a farlo, e lo si dovrebbe fare sempre, si scopre che spesso vi sono altri fattori che interferiscono con le ragioni di ciascuno, tra questi: i pregiudizi, l’ignoranza (nel senso tecnico del non sapere non nel senso morale del colpevole presumere di sapere), i fattori psicologici (antipatia, stizza, disagio, fastidio ecc. ecc.).
Il problema è sempre, però, in primo luogo avere delle ragioni e delle convinzioni. In secondo luogo avere coscienza che, se si fa politica, queste ragioni devono avere un chiaro radicamento nell’interesse pubblico.
Questa è la teoria. La pratica è che le ragioni sono soffocate da fattori psicologici a volte insuperabili: problemi di ruolo, di prestigio (la Sardegna è ancora molto spagnoleggiante in questo senso); piccole e grandi eruzioni di invidia; superficialità e smemoratezza rispetto al dibattito storico maturato; grande tentazione di sporcare tutto guardo non si governa e di pulire tutto quando si governa.