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Caso Cucchi, caso Moro, caso Pasolini, caso Mollicone, caso Italia

Posted on 9 Aprile 20199 Aprile 2019 By Paolo Maninchedda

Come scriveva Sciascia, sull’onda di Poe, l’evidenza è il miglior nascondiglio. Su Pasolini sappiamo che a ucciderlo fu un branco, ma non lo sappiamo. Per Aldo Moro, poi, siamo al paradosso: sappiamo che tutti quelli che hanno detto che fu tenuto prigioniero in via Montalcini e ucciso dentro la famosa R4 hanno mentito, ma nessuno chiede ai vari Morucci, Moretti, Faranda di dire la verità. Tutti aspettano che muoiano tutti (sono già morti: Andreotti, Cossiga, Gallinari, Maccari). Nel caso Mollicone, solo a distanza di 18 anni si è proceduto a fare le analisi autoptiche che dimostrano come la ragazza con molta probabilità sia stata uccisa in una stanza della caserma dei carabinieri di Arce.
Nel caso Cucchi la verità è emersa perché un uomo ha avuto uno scrupolo di coscienza. È la gratuità dei gesti di cui la parte migliore dell’umanità è capace a cambiare il corso della storia (a dispetto di ogni immanentismo sociologico, l’unica luce che brilla nella storia è l’imprevedibilità della libertà umana). Non conosco ad oggi una gratuità dei gesti degli apparati di Stato, una resipiscenza morale naturale delle strutture dello Stato. Non ho mai visto Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia, Magistratura fare marcia indietro spontaneamente, per un moto dell’anima. L’autotutela della struttura, fraintesa con la ragion di Stato, porta gli apparati a correggersi solo di fronte a una resistenza che riesce ad imporsi all’opinione pubblica, diversamente si copre tutto. Potrei parlare anche di Sardegna, ma, perché non dirlo, è imprudente.

Giustizia, Politica

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