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Primarias contro la prepotenza e la sudditanza. I casi Ghilarza e Alghero

Posted on 16 Novembre 201816 Novembre 2018 By Paolo Maninchedda

Si deve sapere una cosa: anche senza potere e senza denaro si può cambiare la realtà. Ne sono una conferma le Primarias. La notizia che a dicembre si voterà per la Nazione Sarda e per il candidato alla presidenza della Regione sta passando anche contro l’ostracismo da pigrizia e pregiudizio dei media. La notizia c’è grazie a una grande mobilitazione di volontari e al banale passa parola dei telefonini. Oggi partirà su Videolina un bellissimo spot. Non abbiamo speso nulla. Ci è stato regalato da chi ha passione civile. Stiamo facendo tutto con sottoscrizioni, con donazioni, con militanza.
Noi siamo un progetto, non una banale candidatura. E lo siamo anche nel metodo: sottoponiamo idee e persone alla valutazione dell’elettorato e poi, rafforzati da un giudizio, competiamo alle elezioni.
Ma siamo soprattutto un progetto per la Sardegna.
Noi diciamo che la questione sarda è una questione politica, non una variante della questione economica meridionale.
Noi diciamo che l’emergenza educativa in Sardegna, che è emergenza di valori, di conoscenze e di esperienze, è il terreno di coltura della manipolazione delle masse e della crescita dei nuovi autoritarismi.
Noi diciamo che senza coscienza nazionale ci si arrende alla prepotenza e alla sudditanza.
Guardate a due eventi accaduti ieri e ovviamente derubricati nelle pagine interne dei quotidiani sardi.
Ieri è stata convocata la conferenza del distretto sanitario di Ghilarza per discutere degli ospedali di Bosa e di Ghilarza. Presente il dott. Mariano Meloni, cireneo della sanità oristanese, ossia direttore della Assl, ma senza poteri (e dunque utile per essere esposto alle critiche della popolazione e alle indagini della magistratura), perché il potere ce l’hanno Moirano e Arru, entrambi assenti. Perché assenti? Perché il contesto da democrazia esausta e da prepotenza sanitaria dilagante consente a chi è prepotente di esserlo ontologicamente, cioè, detto in italiano corrente, di fregarsene di tutto e di tutti. La conseguenza è che nessuno crede più alla democrazia e considera le forme della partecipazione (evitate con cura e spregiate dai prepotenti) come riti della presa in giro. Questo significa che 38 sindaci disertano una conferenza di distretto: consapevolezza della presa in giro.
Il secondo episodio è la bocciatura della conclusione della 4 corsie Sassari-Alghero. Due funzionari del ministero dei Beni culturali da anni impongono la loro interpretazione del PPR Sardegna e decidono che all’aeroporto di Alghero si debba arrivare con un imbuto: da quattro a due corsie. Poco importa che sia un’interpretazione ideologica, poco importa che siano state avanzate mille proposte alternative, la Sardegna è amministrata da due architetti che decidono. E che cosa fa la Sardegna? Protesta. Un teatrino inutile. La Sardegna deve dire che in Sardegna decide la Sardegna. C’è una questione politica prima della Bassanini, delle conferenze di servizio e di quant’altro. Ciò che si deve dire è che in Sardegna decide la Sardegna, ma se ci si specializza nel dire che prima di tutto c’è l’Italia, se ci si identifica con i riti nazionali, se ci si bea delle fasce tricolori, se si scatta sugli attenti appena un prefetto starnutisce, se si ha paura di una magistratura che mette il naso su tutto e su tutti, se si è figli del nazionalismo atlantico di Napolitano che ha preparato il sovranismo della Lega, se si educa e si studia per subordinarsi ai leader italiani, come si fa ad avere la giusta forza per una reazione giusta a un ingiusto sopruso perpetrato da quello Stato che servilmente si omaggia quotidianamente?  Si vive da subordinati e si perdono le strade, la faccia e l’anima. Noi, a dicembre, metteremo la Nazione Sarda nei cuori dei sardi come laboratorio di indipendenza personale e sociale, come laboratorio di libertà e diritto, di sviluppo e dignità.

Politica, Primarias, Sanità

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