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Mai al posto di un cavallo

Posted on 28 Aprile 201828 Aprile 2018 By Paolo Maninchedda

Oggi celebriamo il 28 aprile 1794.
Sappiamo tutti cosa accadde allora. Pochi ricordano come finì poco meno di cinque anni più tardi, quando il re Carlo Emanuele IV, cacciato dal Piemonte da Napoleone, giunse a Cagliari con tutta la corte il 3 marzo 1799. Gli stessi capi della rivoluzione di aprile, staccarono i cavalli dalla carrozza reale e la portarono a forza di braccia e di gambe dal porto alla rocca di Castello. Tra questi Vincenzo Sulis, di lì a poco imprigionato per trent’anni nella torre di Alghero che oggi prende il suo nome, poi liberato e esiliato a La Maddalena fino alla fine dei suoi giorni.
Ogni ribellione non sostenuta da un solido pensiero politico è destinata a una nuova subordinazione e la subordinazione è anche capace di generare un vero e proprio pensiero della dipendenza, cioè l’incapacità di saper identificare e difendere i propri interessi.
Due esempi, uno vecchio e l’altro recente.
Nel 2006 Prodi e Soru firmarono lo sciagurato accordo sulle entrate che tutti conosciamo, molto vantaggioso nel primo triennio e nel computo dell’Iva, pessimo e dannoso perché privo di regole di salvaguardia, rispetto all’accollo totale e incondizionato delle spese della sanità e del trasporto pubblico locale per la Regione Sarda. Oggi, il Governo italiano ha aggiunto alle spese sanitarie gli accantonamenti (arrivati a 4 miliardi di euro), ma la cosa più umiliante è che in questi giorni è stato definito dal Governo il nuovo contratto dei dipendenti del sistema sanitario il cui costo è a carico della Regione. Lo Stato negozia i nuovi contratti, la Regione paga. Tutti gli sforzi di risparmio fatti in questi mesi verranno vanificati da un costo passante che agisce come una variabile indipendente. Peggio che sostituire cavalli.
Esempio recente. La vertenza di Ottana ha un capitolo riguardante 130 dipendenti ex Legler esclusi dalla mobilità in deroga (e lasciamo per il momento perdere le date della corrispondenza tra l’Assessorato del Lavoro e il Ministero e ciò che esse rivelano). Il Consiglio regionale ha stanziato 2,5 milioni di euro per intervenire finanziariamente a supporto di questi nuclei familiari. Il paradosso è che l’Assessorato del Lavoro, come se la Regione fosse uno sportello ministeriale, ha chiesto l’autorizzazione al Ministero per erogare le proprie risorse. Non chiedeva autorizzazioni quando con la vecchia Insar procedeva a nuove assunzioni e consulenze. Le chiede per schema mentale: è legittimo solo ciò che è autorizzato dal Principale, lo Stato. Qui siamo ancora al cavallo sostituito, con selle, briglie e mordacchia.
Non ci interessa fare polemiche, e quindi nessuno se la prenda per queste parole. Ci interessa formare una classe dirigente unita, dotata di categorie mentali, culturali e amministrative forti e indipendenti. Ci interessa educare a non avere sempre pronto il gesto ribelle, tanto eroico quanto inconcludente, quanto piuttosto ad avere sempre in testa un processo e un sistema di idee fondati sulla responsabilità e capacità dei sardi di stare al mondo da uomini capaci e liberi.

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