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L’aereo e il recidivo

Posted on 29 Gennaio 202029 Gennaio 2020 By Nicolao de Lacon-Gunale

Si dice che chi torna a commettere azione riprovevole, cade nello stesso vizio, si macchia della medesima colpa, sia “recidivo”.  Essere recidivo non è quindi bella cosa.

Il capo del villaggio era andato via.

In quella piccola isola dell’arcipelago – come era noto a tutti – la gestione dei problemi era affidata dalla Comunità a persona degna di fiducia, quella ritenuta più affidabile. Ma passare tutta la vita in mezzo al mare era una scelta sentimentale, non sempre si conciliava con altri bisogni, altri affetti. Così chi aveva visto partire i propri figli verso altri paesi  alla ricerca della conoscenza e del lavoro, a un certo punto decise di raggiungerli. Attese alcuni giorni il battello e carico di ricordi, accompagnato da tutti tra abbracci, pianti e vigorose strette di mano, salì a bordo.

Tutte le donne e gli uomini più esperti e capaci del villaggio si riunirono per capire chi tra loro potesse svolgere la funzione del capo. Una funzione importante per assicurare alla propria comunità ciò di cui aveva bisogno per vivere in serenità. All’isola serviva un centro-sanitario di emergenza sempre funzionante, utile tutto l’anno ma soprattutto nel periodo estivo quando veniva invasa dai tanti turisti in cerca di paesaggi esotici, di sole caldo e di mare trasparente. Servivano anche collegamenti veloci e sicuri con le altre isole dell’arcipelago e con la terra ferma del continente, per le persone, e per il commercio dei prodotti locali sui mercati esterni.

Mentre la discussione si svolgeva con grande partecipazione arrivò sull’isola accompagnato dal babbo con la barba incolta, un ragazzone dalla faccia paffuta. Appena laureato all’università del Nord. Almeno così diceva.

Il ragazzone, per qualche mese, anni prima, aveva gestito politicamente i “trasporti via mare”, con scarso successo. Tutti ricordavano ancora il danno ricevuto al proprio reddito, perché, per una intera stagione, aveva deciso che il “battello di collegamento” sarebbe stato sostituito da una efficientissima locale flotta di canoe, barche a remi, gozzi a vela. Una grande trovata, molto festeggiata, che però non aveva funzionato. Tutti prima rimasero a terra e poi pagarono il doppio, per navigare.

Ora si presentava forte della raccomandazione paterna per fare il Capo villaggio. Arrivato fresco fresco, con pachidermico passo, voce stentorea e fluido linguaggio, convinse tutti che sarebbe stato quello giusto. E in tanti, recidivi,  ancora una volta, cascarono nella trappola.

Questa volta però le conseguenze furono gravi. Si dedicò anima e corpo ai collegamenti arei. Quelli più veloci, a lungo raggio, essenziali per raggiungere il continente. E, rifiutata la procedura di affidamento del servizio ad esperti avviatori, organizzò, evitando il confronto con Consiglio degli anziani la flotta area dell’isola. Disastro dei disastri. Attaccate a picchetti di ferro nella spiaggia, tre mongolfiere aspettavano  passeggeri e casse di merci.

Tutti dissero: “Accidenti a noi, abbiamo sbagliato di nuovo”. Niente aerei, neppure dirigibili, solo mongolfiere. “Chi ci sale? e dove porteranno? e chi porteranno? Finiremo isolati anche questa estate”. Per cui nessuno pianse quando, quella notte, il maestrale porto via tutte le mongolfiere. E insieme alle mongolfiere anche il nuovo Capo villaggio. Nessuno lo sa per certo, ma si racconta che il Consiglio degli anziani, notte tempo, davanti a tanti palloni gonfiati, avesse intimato al giovane  paffuto di andare e non tornare.   

Politica, Società

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