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90 giorni di silenzio. Pastori: lotta e confusione

Posted on 20 Maggio 201920 Maggio 2019 By Paolo Maninchedda

Sicuramente sono io che non capisco, tuttavia da piccolo mi hanno insegnato che quando la situazione si fa grave, molte persone intelligenti fanno i matti per precauzione. E dunque penso che non sono io che non capisco, ma che siamo in un momento per cui possono essere dette cose pazzesche per nascondere la paura dello sviluppo di una situazione tragica.
Posso aver capito male, ma mi pare di aver letto che ci sarebbe in campo, nel movimento dei pastori delle elezioni regionali 2019, l’idea di autodenunciarsi per solidarietà con gli indagati per gli assalti alle autobotti di latte di quei giorni.
Tutti fanno notare che gli indagati sarebbero molto giovani. Prima domanda: e perché non si è avuto rispetto della loro giovane età, del loro coraggio, della loro audacia, quando in quei giorni non pochi cattivi maestri diedero loro la sensazione di una eroica sollevazione di popolo anziché quella, più realistica, di una ribellione probabilmente eterodiretta? Perché nessuno ha raccontato loro di tanti ribelli sardi, tutti finiti o nelle patrie galere, o sul patibolo o in esilio? La coscienza è una cosa seria. Il senso di colpa può essere una disgrazia o essere un salutare calvario dal quale si esce più puliti. Ma questi sono pensieri fuori moda.
Poi leggo che i pastori attenderebbero fiduciosi l’incontro col nuovo prefetto di Sassari.
Forse serve spiegare che la logica è logica.
Chi si vuole autodenunciare contro le iniziative di giustizia dello Stato, non va poi ai tavoli presieduti dall’autorità provinciale di sicurezza dello Stato, quale è un prefetto.
Quando per risolvere problemi dei sardi, risolvibili tra sardi, si chiede l’intervento dello Stato italiano, si porta in trionfo il Ministro degli interni italiano, ci si beve la bugia del latte a un euro entro ventiquattrore a Roma, e poi si accetta ciò che già si era deciso tra Sardi a Cagliari solo se viene riproposto dal Prefetto a Sassari, quando si fanno tutte queste cose si deve sapere che lo Stato è una cosa molto complessa e dotata di un grande potere. Con lo Stato non si gioca perché il suo potere è troppo grande.
Si possono usare le leggi vigenti per combattere legalmente contro il Governo, per dissentire o assentire, ma combattere contro lo Stato è una cosa diversa perché è combattere contro la sovranità della legge, cioè mettersi nella condizione prediletta dallo Stato per risolvere le questioni politiche: collocare gli avversari nella casellina dei fuorilegge per poi schiacciarli con la forza che uno Stato possiede.
Non ho alcuna influenza sui pastori, ma mi sento di raccomandare loro molta prudenza e, soprattutto, logica, ragione, riflessione: non si va dai prefetti per risolvere problemi di produzione e di mercato. Come pure ci si deve sempre ricordare che i prefetti sono la “sicurezza”, sono “l’ordine pubblico”, sono lo Stato. Non si può negoziare una sorta di zona franca dello Stato con lo Stato. L’unico luogo che lo Stato ammette per le questioni di giustizia sono i tribunali. Non si faccia confusione tra prezzo del latte e diritti civili, tra mercato e esercizio della difesa, tutela della proprietà, diritto alla libertà personale e d’impresa.
Oggi è il 90esimo giorno di silenzio della Nuova Sardegna sulle procedure di laurea del Presidente della Regione.

Latte, Mercato, Politica

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