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De phallis nostris iuribus solutis

Posted on 13 Gennaio 202013 Gennaio 2020 By Paolo Maninchedda 3 commenti su De phallis nostris iuribus solutis

La Giunta regionale in carica, che ha già consumato quasi un anno della sua vita (ars longa, vita brevis…), gode di prerogative, immunità e impunità sconosciute ai governi regionali precedenti. Ne forniamo l’elenco con formule di rapido apprendimento.

La trasparenza è un’offesa al pudore. Cosa è questa storia di pubblicare immediatamente le delibere di Giunta? Ma scherziamo? Il desiderio muove l’universo e se viene appagato immediatamente, il moto degli astri e dei cuori si ferma. Dunque, prima le delibere si assumono, prima si vara l’oscuro Piano casa dell’Interpretazione autentica del bar sul bagnasciuga e del mattone marino, prima si vara la Riforma della sanità dell’Albo degli amici, prima si vara il Piano energetico del Tubo Incerto, poi li si secreta, poi li si fa mantecare in una pentola coperta e inaccessibile, poi li si pubblicherà. Chi verifica se il pubblicato è esattamente ciò che a suo tempo si è deciso? Nessuno. Ma queste sono domande impertinenti. Un tempo vi sono stati fior di amministratori ossessionati dal non dare adito in alcun modo al solo sospetto di falso ideologico; oggi col falso ideologico ci fanno i cartoncini per gli involtini di verdure nei ristoranti cinesi. Il mondo si è evoluto: Iura non novit curia, e che diamine!

Amplificatio metus reverentialis Il rispetto. Ci vuole rispetto. E quando si ha paura che non ci sia rispetto che si fa? Si tiene tutti sulla corda. Solo incarichi temporanei e proroghe. Prima, ai tempi del diritto, per valutare i dirigenti si davano incarichi almeno triennali. Oggi no, solo semestrali. Come si valutano i premi dei dirigenti sugli obiettivi raggiunti? Boh!. Ma sono quisquilie di centinaia di migliaia di euro. Tutti impauriti, tutti subordinati, tutti ingessati, un po’ di costi è tollerabile.

Lo Regione sono soprattutto io Cos’è questa divisione tra l’indirizzo politico e la responsabilità amministrativa? Tutte fesserie di altri tempi, tutta burocrazia, megli fare da soli, d’intuito (d’altra parte c’è stato anche un assessore del centrosinistra, della parte comoda del centrosinistra, quella dello champagne, che ha dichiarato che i dirigenti li nominava lui intuitu personae mentre gli altri, maiali, porci, zozzoni, lo facevano su base politica). E così, il presidente della Regione, a marzo del 2019, ha partecipato in solitudine, senza istruttoria, alla conferenza di servizi che ha sancito il disastro della continuità territoriale aerea di cui oggi paghiamo le conseguenze. Tutto era stato impostato dalla Giunta precedente per esiti differenti (ma questo lavoro, intenso e importante, è ignorato dagli stessi consiglieri regionali di opposizione, impegnati in qualcosa che non si capisce che cosa sia, ma che è spacciato comunque per impegno), ma il Presidente in carica, appena eletto, compos sui, ha deciso di smontare tutto e i sardi sono ‘smontati’ dagli aerei, Air Italy ha fatto le valigie, e adesso – notizia fresca fresca ma nascosta dai mutandoni della censura bigotta della Giunta che non sopporta le trasparenze, i pizzi, il vedo-non-vedo, i tanga, questa ossessione dell’occhio dei tempi moderni per le zone oscure e impenetrabili – l’Unione Europea ha già comunicato che occorre mettere fine alle proroghe (la caduta della proroga sta alla mentalità della Giunta sarda come il posto fisso sta all’immaginario di Di Maio). Ora, si può conoscere in base a quale istruttoria gli stessi dirigenti che avevano preparato esiti differenti hanno sostenuto il nuovo orientamento del Presidente? Non c’è istruttoria? Bene, applausi per l’assolo del piffero

Solo abiti su misura Questa storia della legge uguale per tutti è un effetto della globalizzazione che va attenuato. Secondo il Nuovo Digesto Para(para)regionale si deve procedere diversamente. Prima si deve individuare il beneficiario. Poi si deve fare la legge per il beneficiario. L’Abuso d’ufficio è una teoria eversiva di quei rompiscatole di giuristi di altri tempi. Tu che cosa sai fare? Nulla. Bene: ti assumo come Direttore generale della terra di mezzo tra i cittadini e la Presidenza. Cosa devo fare? Nulla, assolutamente nulla, ma sei direttore generale. Ma non ho i requisiti. Benissimo, ancora meglio, facciamo una legge adatta alla tua mancanza di requisiti. D’ora in poi solo abiti su misura, leggi ad personam. Tu che cosa sai fare? Il polpo fritto? Perfetto. Direttore generale al fritto morbido e croccante.

Fare ginnastica solo sul posto È circolata nei giorni scorsi una direttiva riservata indirizzata a tutti gli assessori. Oggetto: Non affannatevi a fare. Nel testo si spiegava che il modo migliore per durare è non fare assolutamente niente, ma parlare molto, vagheggiare terre promesse, vendere piume miracolose, protestare a sufficienza, rivolgersi a Roma, all’Onu, alla Fratellanza Musulmana, al Papa, a Dio, a tutti, ma guai a fare. L’unica attività possibile è il piccolo cabotaggio: aprire bar sul bagnasciuga, fare unità di progetto, consentire ampliamenti dei sottotetti e degli scantinati, dare consulenze, ottenere consulenze e licenze, raggirare i pastori, insomma, piccole cose.

Solo in ginocchio Dai tempi del ministero degli Interni di Salvini, è stata varata una circolare interna per cui di fronte al governo si sta in ginocchio. Così è stata firmata la peggiore intesa sulla vertenza entrate che si potesse firmare (con l’incredibile astensione del centrosinistra); così si è discusso di servitù militari; così è nato l’accordo incredibile sul Mater Olbia, il grande affare, per gli altri, da 150 milioni di euro; così si è lasciata andar via Air Italy; così si è subìta e si subisce la guerra corsara in atto nei trasporti marittimi. Il cerimoniale di Palazzo Chigi ha acquistato di recente uno stock di ginocchiere per le rotule sarde che già in alcune circostanze ufficiali sono apparse screpolate.

Ite missa est Il mistero del potere del popolo che sceglie è un mistero insondabile. Possiamo sperare nella fine del mistero? No, perché la fine è sempre la parte peggiore di un’esperienza di governo (personalmente sono un teorico delle fini anticipate e inaspettate; hanno funzioni igieniche, tutelano i virtuosi e difendono dall’orgia del suono della campanella). L’immagine della fine più congrua (e tragica) è quella orgiastico-goliardica, quando si diceva che alla fine «Uniremo il vostro col nostro / per vedere se il nostro è più lungo del vostro / e qualora risultasse il vostro più lungo del nostro / toglieremo al vostro per aggiungere al nostro / e tutto quel ch’avanza / sarà fuori ordinanza».

Amministrazione, Politica

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Comments (3) on “De phallis nostris iuribus solutis”

  1. Giovanni Luigi ha detto:
    13 Gennaio 2020 alle 19:42

    COSA TUTTO FANNO , O MEGLIO NON FANNO PER I SOLDI, MA DALTRONDE E’ UN FATTO RISAPUTO CHE DA.UNA BOTTE VUOTA NON SI PUO’ CAVAR DEL VINO, ANZI ANCORA PEGGIO LA BOTTE VUOTA CREA INGOMBRI , SAPENDO DI ESSERE TALE CERCA DI FAR CREDERE IL CONTRARIO.
    ……… MA AIME’ UNO PEGGIO DELL’ALTRO, E’ UN CONTINUO ALTERNARSI DEL NULLA COL NULLA.
    BENE FAREBBERO QUESTE PERSONE DI COSI’ BASSO CARATO A NASCONDERSI IN QUALCHE SPERDUTA SPELONCA LONTANA DAL SOLE.
    MA COME GIUSTAMENTE EVIDENZIA MANINCHEDDA, IL POTERE OCCULTO LI VUOLE (OMISSIS) ALL’ENNESIMA POTENZA PER CHIARI ED EVIDENTI MOTIVI.
    AMEN

  2. Gianni ha detto:
    13 Gennaio 2020 alle 14:06

    Questo giornale online sta diventando la vera opposizione a quasta maggioranza. Quella seduta in via Roma, non c’è e non c’è mai stata. O sono assenti o si fanno comprare da un piatto di fagioli, vedasi ultimo assestamento. Il problema da risolvere, per chi vuole bene a questa terra. È sempre lo stesso. Oltre a lei.. chi ha coraggio di mettersi in gioco e tirare fuori la testa da sotto la sabbia… …bhooo.. ancora non ne vedo…

  3. Mario ha detto:
    13 Gennaio 2020 alle 08:24

    Che filo d’orbace!!! Depet èssere totu unu ideale, unu programma, unu prozetu.
    Trancuillos: unu filu chentza cabu e ne coa, ma d’orbace, ci salverà.
    Ma custu “orbace” ite at a èssere? Cosa da orbi? O at a èssere che a su filu chi faghent sos aranzolos? (Cussos chi faghent su tallaranis chi annapat sas cosas e logos irbandhonados, gai forte, a solu, chi mancu faghet a bídere si no est “controluce” si b’at lughe ma gai forte chi, in proportzione mancu su filu de atarzu est gai!).
    De sos aranzolos, però, ma innoràntzia mia ca no m’interesso de babbautzos, no apo cumpresu si custu “filu” lu bogant dae sa buca o dae su pertusu (alias, s’istampu de su paneri, del deretano, lah!) comente tiat pàrrere abbaidendhe s’aranzolu apicadu a su… filu sou, faghindhe sa bantzigalella.
    Ma dimandha a totugantos: Sos Sardos amus a mòrrere, che a sos àinos, de su risu? De seguru no amus a prànghere prus: sos mortos no pranghent, mancu sos àinos.
    Deo tenzo sempre unu dúbbiu: Ma, nois Sardos, zente semus? Epuru (si est un’atrogada chi nachi semus zente), semus inderetura totu poetas!!! Sempre cantendhe (candho si narat “Sardegna canta” za est abberu!!!
    Sos Sardos sempre “cantendhe”, ma…
    Los ant mortos cantandhe. / Teniant boche bella / e cantabant, cantabant, / Zesu, cantu cantabant!… / Fint sèmpere cantandhe, / pariant cuntentones, / mai istracos de cantare! / O fortzis pro pasare / istabant canta canta / istracos de cantare?!
    Ma sendhe chi fint bios / de àtera cosa nudha, / gai, cosichedha ‘e nudha!, / no si ndhe fint sapios / e foras de su cantu / nen dolore e ne ispantu!
    E gai sichindhe semper / totu a sa trallallera / tenores e atitos, / mutetos e anninnoras, / gosos e anninnias, / e cantos ndhe fachiant / prémios de poesia / e garas pro cantare!…
    E poetas, poetas, / Zesu, cantos poetas… / Unu mundhu de poetas!… /
    Unu pópulu de poetas / tutau l’ant cantandhe / chin sa cantone in manos!
    Los ant mortos cantandhe /«chin sa cantone in buca!»/
    Ma a ghite fint pessandhe / e pro pessare a ghite?! / O fint mortos dormindhe / chin sa cantone in buca? / Cantandhe s’anninnia / no cussa pro sos crios / (no ndhe naschiat prusu) / ma cussa pro sos mannos / chi galu istabant bios / dormios emigrandhe?
    Los ant mortos cantandhe / chin sa cantone in buca, / chin limba pro cantare / e mancu narrer “Tzuca!” / a s’amicu mortore / pro lu ringrassiare, / benemindh’e fortuna /a los morrer cantandhe!
    E no bos naro ite tiat fàghere un’ainarzu pro fàghere caminare s’àinu.
    Epuru tiat pàrrere chi semus zente.

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