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Ciechi che credono di vedere

Posted on 26 Agosto 20181 Settembre 2018 By Paolo Maninchedda

I quotidiani sardi non raccontano la realtà per com’è, anzi la realtà neanche la vedono o la guardano.
Ripetono ciò che hanno sempre detto, raccontano i loro schemi.
In più, censurano, omettono, fanno finta di ignorare ciò che sanno, le solite cose insomma.
Sono costretto a parlare di loro per il tasso di confusione che disseminano.
Iniziamo dall’errore più veniale: il Partito dei Sardi non è un partito sovranista. Oggi il ‘sovranismo’ è caratterizzato in Europa dal nazionalismo e dall’antieuropeismo.
Il Partito dei Sardi è un partito indipendentista democratico, europeista (noi e i Riformatori siamo gli unici partiti sardi ad avere le stelle d’Europa nel simbolo), libertario, solidarista che ama e pratica la legalità (ma ovviamente, avvicinandosi la scadenza elettorale, ci aspettiamo da uno a cento avvisi di garanzia, qualche rinvio a giudizio e almeno uno o due interrogatori per persone informate sui fatti, se no, che Italia sarebbe?).
Il secondo errore è più grave. Noi non stiamo aspettando il Pd, con il quale, peraltro, abbiamo un contrasto profondo in corso sui rapporti con lo Stato italiano e sul suo ignobile sistema fiscale (per non parlare della macchina repressiva del sistema giudiziario), sulla sanità e sull’urbanistica (e non da oggi). Il Pd ha fatto le sue scelte, propone e ripropone il Centrosinistra come orizzonte politico e culturale, un orizzonte più piccolo e diverso dal nostro che non ci interessa. Continuiamo ad avere interesse politico e culturale per quei settori dell’elettorato progressista che hanno invertito la gerarchia: prima la Sardegna e poi le ideologie e i partiti. Con questi settori il dialogo è attivo e proficuo.
Abbiamo contatti ripetuti, frequenti e amichevoli, con i Riformatori sardi, la cui piattaforma sull’insularità è compatibile con la nostra idea di una vasta alleanza intorno ai temi strategici della Sardegna (fisco, trasporti, nuovi poteri, nuova libertà, più ricchezza sostenibile prodotta).
Abbiamo una relazione ormai stretta con Più Europa di Emma Bonino, una frequenza intensa con i socialisti e abbiamo riaperto il dialogo con i Rossomori. Partecipiamo con numeri rilevanti alla rete degli amministratori indipendentisti della Sardegna.
Abbiamo relazioni frequenti con Forza Italia. Abbiamo incontrato ripetutamente il Psd’Az, ma soprattutto abbiamo rapporti con il mondo civile che non si riconosce in un partito ma che capisce che per cambiare la qualità della vita in Sardegna occorre unire i Sardi oltre ogni steccato, cercando una forte base programmatica che regga il confronto con lo Stato e abbia la forza e il consenso necessari per fare le riforme profonde e dure di cui abbiamo bisogno.
Lavoriamo ad unire in una rivoluzione civile, seria, profonda e bene organizzata.
Il primo passo è la rivolta fiscale che stiamo preparando.
Non è possibile che in Sardegna, con 18.000 euro di Pil pro capite, si abbia la stessa pressione fiscale della Lombardia che ha 34.000 euro di Pil pro capite. Intorno a questa oppressione non c’è né Sinistra né Destra, c’è necessità di alzare schiena e testa e di lottare (da sicuri indagati anche per sudorazione acida) per la giustizia e la libertà.
Dati questi presupposti, capite bene che ci fanno sorridere le cronache fondate sui pettegolezzi e gli spifferi dei corridoi, che peraltro non interessano nessuno e fanno perdere copie ai giornali.

Elezioni, Evidenza, Politica

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