Ieri ci siamo occupati del volontariato sardo, con le sue luci e le sue ombre e, incidentalemente, abbiamo fatto notare la poca trasparenza del sito del Centro Servizi per il volontariato della Sardegna.
In premessa vorrei significare che io provo una certa simpatia per chiunque trovi un modo di sbarcare il lunario, per cui non ho curiosità morbose sul reddito altrui, anzi.
Ciò che mi ha fatto irritare è stato ricevere, sempre ieri, due telefonate stizzite volte a protestare che il Centro Servizi non ha alcun obbligo di trasparenza perché, a sentire lor signori, non rientrerebbe nella disciplina del Decreto Legislativo 241/1990 sul diritto di accesso e sulla trasparenza.
Il problema, a mio avviso, è che un Centro Servizi per il volontariato dovrebbe sentire l’obbligo della trasparenza per dovere e non per decreto e ciò è tanto più vero se un siffatto centro Servizi riceve non due euro ma la bellezza di un milione e duecentomila euro l’anno circa dall’Organismo Nazionale di Controllo sui Centri servizi per il volontariato, il quale a sua volta riceve contributi dalle Fondazioni bancarie, le quali a loro volta si vedono riconosciute le stesse somme erogate per i centri Servizi come credito d’imposta dallo Stato. Cioè, in poche parole, i Centri Servizi per il Volontariato ricevono soldi nostri che fanno un giro pazzesco, ma sono e restano soldi della fiscalità generale dello Stato. Nel 2025, a conguaglio di gestioni pregresse, il Centro servizi della Sardegna ha ricevuto un altro milione e rotti per le sue attività.
Seguendo il Codice del terzo settore, il Centro Servizi per il Volontariato pubblica tante cose sul suo sito, compreso il Bilancio sociale e il Bilancio ordinario, ma da tutti gli atti non è possibile ricavare chi siano i beneficiari di un montante di risorse così alto. Si sa che le attività degli organi statutari sono svolte a titolo gratuito, ma anche che vi sono attività direttive e consulenziali, in ogni caso non è consentito di sapere chi siano i beneficiari o a quanto ammontino gli emolumenti e per cosa vengano svolte le attività. Non vi è nessun altro ente in Sardegna con un bilancio così milionario che sia anche così coperto. La Fondazione di Sardegna, che è l’istituzione privata che oggi sostiene quasi da sola tutto il sistema del volontariato e della cultura della nostra Regione, ha un livello di trasparenza diecimila volte superiore.
Ha ragione il Centro Servizi sardo a tenere alta la cortina della riservatezza oppure no?
In una sentenza reperibile in rete parrebbe di no. Il Tar Sardegna ha giudicato l’Organismo Nazionale di Controllo, cioè l’organismo di controllo dei Centri Servizi, quello che eroga le risorse, di tale natura da dover essere obbligato, quanto alle funzioni svolte, a rispettare il principio di trasparenza in “senso ampio “.
A me pare difficile che tale obbligo cada sul controllante e non sul controllato, ma resta il fatto che politicamente il secondo soggetto sardo più capiente finanziariamente, dopo la Fondazione di Sardegna, ritiene di proteggere la sua attività da sguardi legittimi e non indiscreti. Cosa c’entri questo con lo spirito del volontariato è difficilissimo da capire.

Dal VOLONTARIATO alla PROTEZIONE CIVILE il passo infinitesimo…
Eppure restano due baluardi di uno Stato (che funziona!) di prossimità e vicinanza ai cittadini in tutti i casi di estrema necessità.
Sicuramente da rendere PIÙ trasparente ma, non per questo, MENO funzionante!
Se l’attuale segretario del PD Silvio Lai – ex presidente del CSV Sardegna – gestirà il PD con le stesse modalità siamo apposto!
Egregio Professore,
la provenienza stessa delle risorse economiche impiegate (risorse pubbliche) meriterebbe una approfondita e trasparente verifica dei flussi. Per dirla in soldoni: visto che il Terzo Settore percepisce somme derivanti in prima istanza da noi contribuenti, dovrebbe essere accertata la destinazione ultima di questo denaro. Ciò consentirebbe di rendere merito alla stragrande maggioranza degli Enti che egregiamente svolgono il loro lavoro. Consentirebbe anche di scovare chi invece si nasconde dietro un bilancio opaco o, addirittura, dietro il malaffare.
Sul livello di trasparenza della Fondazione ci andrei cauto. Le fondazioni bancarie, vero, sono da ritenersi escluse dall’ambito di applicazione della normativa sulla trasparenza e prevenzione della corruzione perchè svolgono attività non riconducibili alla definizione di pubblico interesse ma di mera utilità sociale che rientra, invece, tra le attività svolte in piena autonomia privata da soggetti privati (Anac docet). Tuttavia, alcuni OBBLIGHI sono stati previsti in sede di accordo tra l’amministrazione vigilante (ministero dell’Economia e delle finanze) e l’associazione di categoria (Acri). In particolare, la garanzia di professionalità e competenza e autorevolezza delle nomine interne, affinché esse siano funzionali a salvaguardare l’indipendenza e la terzietà degli Enti, e alcune previsioni in termini di incompatibilità e ineleggibilità. Ma non solo.
Infatti, in base agli accordi sottoscritti le Fondazioni bancarie dovrebbero (cito testualmente):
1. Rendere pubbliche informazioni complete sulla loro attività. Le informazioni sono rese in modo chiaro, facilmente accessibile e non equivoco al fine di garantire la trasparenza delle scelte effettuate.
2. Rendere pubblici sui siti internet almeno i seguenti documenti: statuto, regolamenti, bilanci, documenti programmatici previsionali, informazioni concernenti appalti affidati di importo superiore a 50.000 euro, bandi per le erogazioni e curricula dei componenti degli organi.
3. Indicare altresì sui siti internet le procedure attraverso le quali i terzi possono avanzare richieste di sostegno finanziario indicando le condizioni di accesso, i criteri di selezione e il processo attraverso cui ha luogo la selezione delle iniziative proposte, nonché gli esiti delle stesse. Nei bandi sono indicati: gli obiettivi perseguiti, le condizioni di accesso, i criteri di selezione, gli indicatori di efficacia delle proposte.
4. Pubblicare sul sito internet i risultati della valutazione effettuata ex post in merito all’esito delle varie iniziative finanziate, ai relativi costi e agli obiettivi sociali raggiunti ove misurabili, tenuto anche conto per quanto possibile degli eventuali indicatori di efficacia preventivamente determinati sulla base di una attenta valutazione del rapporto costi/risultati.
Non pare che tutti gli obblighi siano puntualmente assolti.
Carissimo Prof. Farro, io che ho vissuto gli anni del Centro di Servizio Sardegna Solidale, e ne conosco le attività svolte a favore del volontariato sardo, conosco bene anche la chiarezza dei Bilanci resi pubblici, con i costi del personale che erano ridotti al minimo, cioè una segretaria e casualmente dei consulenti per situazioni particolari, perchè normalmente anche loro erano VOLONTARI. Ricordo bene gli anni in cui circa la metà dei soldi ricevuti dalle Fondazioni Bancarie, tra cui il Banco di Sardegna gestito dalla sinistra era la Banca che dava il contributo minore, preferendo al suo progetto, unico nel suo genere, proprio perché fondato sui volontari a favore del volontariato sardo, il progetto dei due o tre Centri di Volontariato della Toscana rossa. Lo ricordo bene perchè erano gli anni in cui io, già malata e su una sedia a rotelle, prendevo il pulman ad Olbia alle 5,15 del mattino accompagnata alla fermata da mio marito e arrivavo a Cagliari alle 9,15 dove trovavo lei che mi prendeva con la mia sedia e mi portava alla sede del Centro di Servizio, avuta in uso gratuito, per controllare i progetti delle oltre Associazioni di Volontariato seguite e verificarne la coerenza con i fini dell’Associazione e la fattibilità e a fine progetto la congruenza del Bilancio Finale e dei documenti fiscali con il Bilancio di Previsione.
Bei tempi di un Volontariato pulito che sponsorizzata le iniziative proprie e del territorio. Certamente diversi da quelli che stiamo vivendo con il 75% dei soldi ricevuti spesi in personale senza specificare a quale titolo e come viene reclutato detto personale nè come sono date le consulenze o a quanto ammonta il loro costo. Insomma un bilancio monco che dice per tappare gli occhi ma poi non specifica niente. E questo a chi come me fà volontariato dal 1998, dice tanto di poco serio. Le auguro di poter far emergere tutte le discrepanze presenti in questo bando e nella sua poco seria assegnazione.
Con rinnovata stima,
Dott.ssa Nadia Spano
Movimento – Centro di Aiuto alla Vita -Olbia
bisogna mettere nel calderone anche le Onlus da dove prendono e dove vanno i soldi non si sa presumo tutto pagato da noi cittadini
Buongiorno,
chi maneggia soldi pubblici, ovvero nostri, deve sempre essere trasparente il più possibile, ovvero deve dire la verità delle cose, tramite le sue carte deve fare sapere da dove provengono, come vengono spesi, a chi vengono dati, etc.etc.
A proposito di Verità, mia Nonna Raimonda diceva ” il Bugiardo quando viene scoperto si arrabbia o si fa vittima. “
Il quadretto si fa ancora piu’ dettagliato.
Gentile professore, so che non è compito suo e che sarebbe un lavoro di inchiesta immenso, anche se solo entro i confini isolani, ma questa prassi è oramai consolidata tra i cosiddetti ETS. Una recente notizia di cronaca giudiziaria ha messo il luce un caso, ovviamente sospetto e tutto da verificare, di due amministratori che trattavano il proprio ente alla stregua di una società di capitali. Ecco, ci vorrebbe davvero poco per limitare questo abuso diffuso: un tetto a stipendi e rimborsi dei consigli di amministrazione, direttori e presidenti. E sui Rimborsi e consulenze che occorre che chi di dovere verifichi il malaffare diffuso. Se infatti è vero che l’obbligo di bilancio sociale ha messo in luce le retribuzioni dei dirigenti (anche qui per chi lo fa, ovviamente) nulla dice sui rimborsi assurdi che tutti i soci delle cooperative (a volte solo i padroni e finti cooperanti) incassano e, spesso, esentasse o a tassazione agevolata. RICORDO che il Terzo settore gode del “bengodi fiscale” ossia di una tassazione al 3% sugli utili. Gonfiare stipendi e rimborsi, o atri strumenti di consulenza e locazioni varie, sono modalità per celare vere distrazioni di fondi ed evasioni fiscali. Non urliamo contro le borse griffate o gli orologi di lusso, ipocritamente. Guardiamo dentro il vaso e rivalutiamo lo strumento della cooperazione. Primo o poi il legislatore dovrà intervenire e allora, a causa di questo diffuso e comune italianissimo style del borderline commerciale/fiscale, ci rimetterà un sistema che da da lavoro a tanta gente onesta e laboriosa. E se crolla il privato sociale, soprattutto in Sardegna, crolla il supporto, il soccorso, l’aiuto e il sostegno alle persone fragili. Crolla l’ultima, claudicante stampella del sistema sanitario e socio sanitario Sardo. Grazie
Egr. professore è cosa ben nota da tutti quello che lei dice, solo che, a mio avviso nessuno vuol far emergere la matassa. Basti pensare solo attorno alla Regione Sardegna l’insieme di associazioni e cooperative che ruotano attorno tutte senza scopo di lucro, ma con un enorme numero di consulenti al proprio groppone che poi effettivamente non si sa neanche cosa svolgono. Leggi poco chiare ma non per il fatto che non si riesce a scriverle ma solo per opportunismi.