Oggi L’Unione Sarda dà notizia dell’avvenuto svolgimento del Giubileo del Volontariato.
È un fatto importante. Il volontariato è un tessuto connettivo della società sarda e di tutte le società in generale.
Tuttavia, la mia predilezione va per il volontariato che mantiene le sue caratteristiche originarie, che sono quelle di una risposta di sussidiarietà a un bisogno che si riconosce e cui si provvede col proprio impegno e con la propria dedizione.
Ricordo una volta che il mio amico recentemente scomparso Mario Marini, che fu un faro per tutti noi che da ragazzi ci avvicinammo al mondo della disabilità attraverso i pellegrinaggi a Lourdes (e oggi uno di noi, Tore Acca, ha messo su a Olbia, sull’onda di quelle giovanili esperienze, la bellissima realtà di Villa Chiara), mi portò a conoscere la Comunità di Sestu, una delle poche che risponde ai bisogni col comunitarismo. Sentii subito l’odore di qualcosa di diverso: neanche un euro di denaro pubblico. Per questo motivo, quel luogo piaceva a Mario: lo trovava radicale e autentico.
Il volontariato è, in qualche modo, una forma di missione, laica o religiosa poco importa per ciò di cui stiamo parlando.
Non è e non può essere un mestiere.
Poi può accadere, come è accaduto, che da un’opera di volontariato si generino imprese che erogano servizi, i quali, come tali devono essere pagati.
Ma il volontariato in sé è inevitabilmente gratuito.
I grandi santi sociali della Chiesa oggi forse sorriderebbero o inorridirebbero a vedere come tanto (non tutto) volontariato si sia burocratizzato e si sia adagiato su lautissimi contributi pubblici.
Il volontariato ha subito una mutazione genetica da quando ha cominciato a godere di ingenti finanziamenti pubblici, nonché a costruire una burocrazia di incarichi e di impieghi, tutti retribuiti, giustificati dal dover provvedere ai bisogni; poi, lentamente, si è trasformato (non tutto, ovviamente e per fortuna) in una sorta di parastato, di luogo dove si svolgono funzioni pubbliche (si pensi alla benemerita attività delle associazioni di trasporto dei malati che ormai sono dentro la rete del 118, alcune più privilegiate di altre perché hanno il consigliere regionale di riferimento che ogni anno gli regala, con soldi pubblici, una nuova ambulanza) attraverso associazioni private.
Questo non è più il volontariato, è il cosiddetto Terzo Settore, cioè quella galassia di soggetti giuridici che col fatto di dichiarare di non fare utili, cioè di essere società o associazioni senza fine di lucro, comunque distribuiscono stipendi in diversi casi di consistenti dimensioni.
Quale è il merito accampato dal Terzo Settore?
Risposta semplice: svolgere attività solidaristiche di pubblica utilità (e quella del 118 lo è senza dubbio).
È nata, però, così una realtà tentacolare, piena di tante brave persone ma anche di tanti furbacchioni, di gente che se avesse dovuto fare un concorso pubblico non lo avrebbe superato, ma che attraverso la pubblica utilità della sua associazione giunge a percepire stipendi da dirigente della pubblica amministrazione. E fu così che per ogni povero sardo, si sono creati almeno due impiegati nel terzo settore che hanno bisogno che il povero resti povero perché diversamente perdono lo stipendio.
Ma la cosa più interessante in questo mondo in chiaroscuro, dove veri santi stanno fianco a fianco con veri diavoli, è il mondo delle Caritas.
È risaputo che io considero mons. Becciu e il vescovo di Ozieri ingiustamente a processo presso il tribunale di Sassari, con un’indagine che meriterebbe di essere racconatata nel dettaglio per quanto risulta paradossale. Tuttavia, quel processo ha aperto uno squarcio importante e se tutte le Caritas venissero costrette a pubblicare tutto ciò che è stato richiesto a quella di Ozieri, ne vedremmo delle belle, anzi, lo dico in anticipo, quella di Ozieri in confronto ad alcune altre apparirebbe un’educanda illibata (e certe censure della stampa su recenti vicende cagliaritane lo dimostrano).
Ci sono Caritas diocesane e parrocchiali che sono un paradiso di bontà, di dedizione e di disinteresse. E ci sono Caritas che sono vere e proprie holding. Ce n’è una che si è organizzata in un numero incredibile di cooperative che hanno tutte lo stesso presidente, un sacerdote, che ammministra una quantità notevole di denaro in larga misura di provenienza pubblica, elargito partendo dal presupposto che una cosa data alla Caritas è ben data. Ma quando la Caritas è una Coca Cola in sedicesimo, qualche probelma bisognerebbe metterselo.
Si dirà che non è poi una cosa così disdicevole, purché sia trasparente. Ecco, diciamo che nei rami bassi del volontariato sardo, quelli dove operano tanti giovani e tanti pensionati, è tutto molto trasparente e si vede.
Quando si sale, però, ai livelli organizzativi più complessi, la nebbia si fa fitta.
Prendiamo il Centro Servizi per il Volontariato: questo è il suo sito. Se si entra nel menù Trasparenza si trovano tanti documenti importanti, per esempio l’albo consulenti, ma senza gli importi corrisposti, ma a noi, in fin dei conti, non ce ne importa un fico secco dell’Albo consulenti, ci interesserebbe invece conoscere quanto percepiscono coloro che rivestono ruoli e incarichi sociali: Mistero della fede.
E allora la distinzione è d’obbligo: io “giubilo” col mio simile, quello che fa qualcosa per gli altri senza dirlo e lo fa con quelli come lui che fanno e non dicono e non cercano soldi per quello che fanno. Gli altri facciano il Giubileo degli impiegati e dei dirigenti del bisogno, che è altra cosa ed è altrettanto degno (perché c’è posto per tutti nella casa del Signore e i posti non li assegniamo noi) ma è altra cosa e sa tanto di una costola di parassitismo pubblico con limitati effetti positivi di utilità sociale.

Per la mia disinformazione la rimando a https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2017;124 articoli 125 e 125 bis.
Non faccio mai i nomi delle persone, perché mi interessano i casi. Ma se fossi un ente che riceve denaro pubblico e distribuisce contributi e servizi, pubblicherei senza alcun problema i nomi dei destinatari e i compensi dei dirigenti.
La realtà del CSV, mi permetto di dirlo, è stata prevalentemente uno “sgabuzzino degli incarichi politici”. Dall’era di Farru – un impero quasi intramontabile – fino alla più oscuro stagione di un personaggio come Silvio Lai. E poi per cosa? Quale sarebbe la funzionalità di questo carrozzone? Dare un sostegno alle associazioni per la connessione internet e poi mollarle? E non è certo un esempio campato per aria: perché il CSV è davvero questo. Una costola della sinistra semi-cattolica che ha fatto sempre da stampella alla politica ma senza alcun sussulto nel sociale.
La sua personale analisi, su alcuni aspetti condivisibile, però difetta di una certa confusione. Il terzo settore, come spesso accade, non è solo rappresentato dal volontariato ma da tanti enti (ets) appartenenti alla promozione sociale, alla cooperazione, alle fondazioni, etc etc. Tutti questi svolgono funzioni importanti in un ottica sussidiaria con lo Stato ma la fuga del servizio pubblico dai suoi doveri, oggi li investe in via primaria, con tutto il burocratese che ne consegue. Tutti gli ets che hanno un ruolo nel servizio pubblico per convenzione o appalto o altra forma sono iscritti al Runts. Quindi controllati dai funzionari pubblici. Ma visibile da chiunque con uno spid. E un settore che crea economia, benessere e reddito per tanti lavoratori, e probabilmente ci possono essere situazioni grigie o al limite della legalità o clientelismo, ma il più delle volte la P. A. preferisce non voler riportare all’ordine e nella cornice legale, guadagnandoci tanto, in termini di consenso e risorse economiche. Il Csv svolge la sua funzione stabilita dal Codice del Terzo Settore, e’ controllata dal ministero e dalle fondazioni. I bilanci sono quelli previsti dalla norma. Offre un servizio a tutto tondo al volontariato con diversi sportelli in tutta la regione, con dipendenti e consulenti su diverse materie di interesse di settore. C’è l’elenco dei fornitori dei servizi. Cosa dovrebbe pubblicare ulteriormente? Le fatture? Vada a vederle sul sito dell’agenzia delle entrate.
D’altronde anche lei non menziona il nome del prete nell’articolo! Le cose da migliorare son tante, ma tirare una linea retta su un mondo che è veramente presidio di coesione, lo trovo molto ingiusto.
da osservatore del mondo del volontariato (e da anziano) voglio segnalare un preoccupante fenomeno: le nuove generazioni sono sempre meno impegnate nel volontariato.
i tempi di Mario Marini vedevano coinvolte decine e decine di giovani; ora questi si contano sulle dita di una mano; rarissimi sono quelli che dedicano anche solo qualche ora del proprio tempo ad attività di tipo sociale, culturale, sportivo, associativo; parlo specialmente del volontariato gratuito, quello mosso dalla convinzione che occorre essere utili al prossimo, allo svantaggiato, alla propria comunità
Ringraziamo per il ricordo di Mario Marini, associato alla nostra Comunità. Per noi , Mario, è stato una sorta di garante/testimone/illuminato fiancheggiatore. Credeva nel nostro modello, contribuendo con rispetto e sensibilità alla sua realizzazione. Quando abbiamo “festeggiato” il nostro cinquantesimo, Mario non poteva mancare. La sua morte fisica non ci farà mai mancare il suo entusiamo per un modello di solidarietà umana “alla pari”. E con lui ricordiamo i tanti amici che ci sono stati vicini ( e continuano a farlo), per ribadire che il vero volontariato (almeno per noi) più che agire per è un agire con, utilizzando quanto più possibile gli strumenti a disposizione della gente comune.
Dionisio Pinna per la Comunità di Sestu
Elusione fiscale condita dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ecco (spesso) il volontariato. Tipica busta paga del “volontario”: 20 ore pagate (benissimo) al mese, ma duecento effettivamente lavorate. Stendiamo un velo pietoso. Per la rivoluzione bisogna seguire i dettami della chiesa: 10 per cento d’imposta sul volume d’affari x tutti e cooptazione per gli incarichi (così finisce la buffonata dei curriculum falsi delle lauree false e dei titoli falsi).
Ah, dimenticavo: abolizione del valore legale dei titoli di studio.
dice bene ” Il volontariato ha subito una mutazione genetica da quando ha cominciato a godere di ingenti finanziamenti pubblici ” infatti ci sono associazioni che danno lo stipendio che loro chiamano “Rimborso spese ” di cosa non si sa e i buoni pasti ci sono famiglie intere che fanno volontariato nella stessa associazione, Prof ed i Barracelli dove li mettiamo dovrebbero essere volontari invece si legge sui giornali di comuni in cerca di personale tanto per fare un esempio non credo che un Sassarese vada a Macomer gratis , le associazioni di volontariato come le Pro-Loco PORTANO VOTI
Eh, lo fa ! Questo perché l’art 1 della Costituzione dei LitaGliani recita che LitaGlia è una repubblica fondata sul lavoro ma si regge grazie ai volontari ….
Ma sono pochi quelli che si rendono conto che il Volontariato esiste perché manca lo Stato .
Sono aggregazioni in cui l’operatore elettorale ha garantito supporto logistico e finanziario e collettano voti. VOTI.
E’ lo zoccolo duro elettorale. Sassari costituisce Paradigma a 360 gradi di questo sistema, tale da assorbire la realta’ delle relazioni. Volontariato e Culturame a Sassari, sono autentici assets elettorali.