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Emigrati: si cambia pelle (nonostante la Todde e Desi nostra)

Posted on 21 Ottobre 202521 Ottobre 2025 By Emigrato Verticale 7 commenti su Emigrati: si cambia pelle (nonostante la Todde e Desi nostra)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di un emigrato sardo, socio della Fasi, che ha scelto come nom de plume Emigrato Verticale

Ma che cosa accade agli emigrati sardi (non si guardi alle cronache dell’Unione Sarda di questi giorni, perché L’Unione è irritata per l’accordo della Fasi con La Nuova Sardegna)? In questi giorni in tanti, qui in Sardegna, si sono domandati cosa stia capitando nell’organizzazione che raggruppa i circoli e le associazioni dei sardi in Italia e che, nel fine settimana appena trascorso, si è ritrovata ad Alghero al cinema Miramare,  per celebrare l’8° congresso nazionale. Ad Alghero, cioè nello stesso luogo dove tutto era incominciato nel gennaio del 1972 al cinema Selva, quando la Fasi (Federazione associazioni sarde in Italia) aveva, per la prima volta  intrapreso (Tullio Locci, presidente e Ettore Serra, vice) la strada della gestione autonoma. Cinquantacinque anni dopo il mondo, dell’ emigrazione sarda (e non soltanto quello) è profondamente cambiato, ma la rappresentazione di una spaccatura così netta dell’organizzazione che la rappresenta ha colto un po’ tutti di sorpresa.

Partiamo dalla fine: il presidente uscente, Bastianino Mossa, goceanino di Bultei, di professione veterinario e con vita, famiglia e lavoro a Piacenza, è stato riconfermato nella carica, a conclusione di un congresso carico di tensioni, polemiche, strumentalizzazioni e duelli all’arma bianca. Gli sconfitti sono: il totem della vecchia guardia degli emigrati, Tonino Mulas, radici a Dorgali, presidente emerito della Fasi (per molti anni impegnato in politica con il Pdup e il Pci) e la presidente della Regione, Alessandra Todde che, come è nel suo stile, non ha mancato occasione per gettare benzina sul fuoco, evitando di portare persino i doverosi saluti dell’istituzione autonomistica al congresso degli emigrati.

La trappola che Mossa ha evitato era un mix fatto di strumentalizzazioni e di politica-politicante, dal quale era difficile uscire indenni. Come spesso accade nei momenti in cui le organizzazioni sono chiamate alle scelte,  la vecchia guardia si è messa dietro i giovani e, cosa che di questi tempi va tanto di moda, dietro la questione della rappresentanza di genere. “Largo ai giovani e alle donne” – è stato il tormentone degli oppositori interni della gestione Mossa, e poco importa se dietro i giovani e le donne ci fosse l’icona degli emigrati tutta a sinistra. La scusa per l’attacco frontale e a tratti personale contro il presidente uscente è stata la questione dello Statuto della Fasi. Da che mondo e mondo un congresso è sovrano e quando è insediato può modificare regole e norme che reggono l’organizzazione. Ma no, a Mossa e alla sua maggioranza, tale facoltà, seppur legittima, non poteva essere riconosciuta e così, se non bastavano i voti congressuali, ecco l’accusa infamante: Mossa e i suoi non vogliono far votare i giovani e le donne.

Una bufala, prima ancora che una posizione stupida quanto anacronistica. Ma all’assessora del Lavoro, Desirè Manca (il cui assessorato ha le deleghe all’emigrazione) è  bastata la denuncia urlata a mezzo stampa, per convocare d’urgenza, a poche ore dallo svolgimento del congresso, Bastianino Mossa in assessorato. Scontati i chiarimenti: i delegati hanno tutti diritto di voto, le rappresentanze delle associazioni dei giovani e delle donne hanno le rappresentanze garantite in seno al direttivo e l’unica modifica vera riguarda  quella di “legare” la lista dei candidati per un ruolo all’interno dell’esecutivo, al programma che sarà presentato nel corso dei lavori congressuali. Ma per le truppe ispirate dal subcomandante il complotto e lo scandalo rimangono. Perché? Perché eleggere il direttivo collegandolo a un programma avrebbe impedito l’impallinazione di Mossa, nella prima riunione utile dell’eligendo direttivo.

Il carico da novanta l’ha quindi piazzato la presidente della Regione che, nonostante l’attualità e la strategicità dei temi legati all’emigrazione, non si è presentata ad Alghero, neppure per gli obbligatori e algidi saluti istituzionali, ai congressisti arrivati da tutto lo Stivale. Marcando così una presa di distanza plastica dalla dirigenza uscente che si ripresentava per il mandato bis.  In questo clima, l’apertura lavori al cinema Miramare si è trasformata in una commedia degli orrori, con alcuni figuranti chiamati a metterci la faccia sul palco e il gran burattinaio dei circoli in platea, a storcere o allisciare il baffo, a seconda del livello di gradimento dell’intervento dell’oratore di turno.

E non è soltanto una questione di politiche dell’emigrazione o della richiesta di collegamenti adeguati con l’isola o anche di una nuova legge quadro che mandi in soffitta le norme della ormai datata legge 7 del 1991 che prevede, tra gli altri, contributi per gli emigrati che rientrano in Sardegna dopo avere lavorato in Continente.

No, è una questione che è collegata alla gestione della nuova fase dell’organizzazione dei circoli dei sardi che hanno dismesso la nostalgia, per sfidare mercato e concorrenza con la logica dell’efficienza dei servizi e della sostenibilità economica delle intraprese, per garantire crescita sociale e culturale. Non sono parole e concetti vaghi. Sono due aziende che rappresentano due autentici fiori all’occhiello della Fasi.

La prima è l’agenzia di viaggi “Eurotarget”, specializzata nella destinazione Sardegna. Nata sulla scia delle battaglie storiche degli anni ’70 per vedere riconosciute agli emigrati condizioni di viaggio più vantaggiose, conta un fatturato, soltanto nella bigliettazione, di oltre otto milioni di euro l’anno. Prodotto in gran parte dalla corsia preferenziale, costruita dall’ex assessore Moro, riservata agli aderenti ai circoli dei sardi sulle navi, sia per gli spazi auto e sia nella scontistica (di fatto l’agenzia acquista vuoto per pieno posti auto e cabine da Tirrenia, Moby, GNV e Grimaldi, e rivende a prezzi calmierati) e più di recente, anche nei voli aerei della continuità territoriale gestita da Aeroitalia (tariffa agevolata agli emigrati sardi attraverso una convenzione tra l’agenzia e la compagnia aerea).

L’altra società della Fasi è la “Sarda Tellus”, sede legale in Sardegna ma base operativa a Peschiera Borromeo, che acquista dai produttori sardi eccellenze dell’agroalimentare e rivende (con consegna al domicilio compresa), attraverso una piattaforma e-commerce, sapori e profumi dell’Isola agli associati Fasi (con offerte dedicate) e al resto del mercato della grande distribuzione e della ristorazione.

La svolta della gestione Mossa alla Fasi sta tutta in questo salto di qualità, che salvaguarda le tradizionali attività culturali e sociali del mondo dell’emigrazione (libri, convegni, feste e appuntamenti a tema) ma che rompe con la cosiddetta emigrazione assistenziale e si apre alle moderne sfide dei servizi e della promozione e valorizzazione della tradizione sarda, ad incominciare dall’agroalimentare che ne garantisce la sostenibilità economica.

Il mondo dell’emigrazione sarda corre cioè più veloce della politica sarda, che ancora blatera “di emigrati-ambasciatori della sardità”e si rinnova con la generazione che è venuta dopo quella di Tonino Mulas. La modernizzazione della Fasi e l’attualizzazione delle sue azioni è già in atto e il paradosso sta proprio che la resistenza al cambiamento, messa in pista dalla vecchia guardia del mondo degli emigrati, è stata fatta in nome dei giovani e delle donne. Facevano così anche i vecchi politici quando i loro delfini minacciavano di prendere in mano le redini dei rispettivi partiti. Sconfiggere la dirigenza anagraficamente più vicina per mettere in prima linea i giovani, così da poter mantenere il controllo dell’organizzazione. Ma è cambiata la politica (quella che ancora c’è); sono cambiati i partiti (quelli che sono rimasti e ancora fanno i congressi); è cambiata la Fasi (che ha dimostrato di essere più forte delle strumentalizzazioni e delle nostalgie assistenzialistiche); è cambiata anche (ahinoi) l’educazione istituzionale, quella che non ha dimostrato la presidente della Regione quando ha evitato di presentarsi al congresso, per prestarsi al gioco dei vecchi e spaccare gli emigrati.

Emigrazione, Politica, Vetrina

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Comments (7) on “Emigrati: si cambia pelle (nonostante la Todde e Desi nostra)”

  1. Gavino Maieli ha detto:
    11 Novembre 2025 alle 23:20

    Quando la pelle è sempre la stessa
    Risposta a Emigrato Verticale

    A proposito di storia e di cultura sarda. 1820: Editto delle Chiudende. Qualcuno direbbe: “E ite roba est, roba ‘e mandigare?”. No, Esimio Signor Emigrato Verticale, non è roba da mangiare. Ѐ una delle tante violenze subite dalla nostra terra nel corso dei secoli da parte di dominatori sanguinari, aiutati, e sostenuti, da “canes de isterzu”. C’è chi lo sa e chi non lo sa. E la stragrande maggioranza dei sardi non lo sa, perché la scuola non ne parla in quanto, da che mondo è mondo, la storia che conta è la storia dei vincitori. Quella dei vinti infatti “contat cantu una figu siccada”. Queste cose di sicuro le sa anche Lei, Signor Emigrato Verticale. Per chi non lo sapesse, basti ricordare che quell’Editto consentì che i terreni comunitari venissero recintati da proprietari terrieri che così diventarono ancora di più proprietari. E ancora di più arroganti. Da lì i conflitti non ancora del tutto spenti dopo duecento anni, e le vendette, le faide, i tanti morti nei nostri villaggi. Fu la consacrazione dei muretti a secco. Già, Signor Emigrato Verticale: i muretti a secco, quelli dai quali si sparava, e si spara ancora, insanguinando tanti poveri villaggi per soddisfare una sete spasmodica di sangue e un’antica, insaziabile, bestialità. Perché noi sardi non siamo propriamente degli angioletti, anzi: a volte, se ci guardassimo bene bene allo specchio, senza finzioni, con onestà, di sicuro ci verrebbe “una gana manna de bumbitare”. Di vomitarci addosso. Perché “peddes malas non nde morin”. Purtroppo. Il più delle volte però, prevale il bisogno di esaltazione, di glorificazione, di “osannazione” dell’identità, della particolarità, “de su cannonau e de su casu marzu”. “Nois semus sardos, sos sardos semus nois, cussos de sos battor moros!” Minchia, signor tenente, tutto il resto non esiste! Alla faccia dell’autismo e del bicarbonato di sodio. Ecco, per capire di identità e di emigrazione forse bisognerebbe leggere e studiare “L’Isola dei coralli” di Nereide Rudas (Nereide Rudas? Chi era costei? Mah…). Ma anche “Il giorno del Giudizio” di Salvatore Satta non andrebbe male. “Ateru chi “Limba Sarda Comuna” e ateras cosas gai, inue non si cumprendet unu… sardu!”.
    I tempi però sono cambiati, bisogna prenderne atto, e i muretti a secco hanno preso altre forme, oltre quelle “de sas limbas malas” dei lavatoi e delle vigne durante le vendemmie. Oggi si è più sofisticati, ci sono le parole scritte sui social e la possibilità di “sparare” dalle colonne di giornali online molto disponibili e in qualche modo compartecipi, se non proprio conniventi. In maniera totalmente anonima. Proprio come quelli dei muretti a secco, con modalità altrettanto feroci.
    Mi scusi per la veemenza, Esimio Signor Emigrato Verticale, ma ci sono modi e modi di essere Sardi. E di essere Uomini. Modi molto diversi. Si può dire che è una questione di faccia. A me non piacciono per niente “sas limbas malas” dei lavatoi e delle vigne, e neppure i muretti a secco, sia quelli reali che quelli metaforici, dove le facce sono coperte da una maschera. Forse perché la faccia ho l’abitudine di mettercela. Sempre. Anche stavolta.
    Mi chiamo Gavino Maieli, una persona come tante. Un sardo come tanti. Sono nato emigrato, lo ero già prima di nascere, e a quel mondo sono molto legato e lo sarò anche quando non ci sarò più. Per oltre vent’anni ho vissuto a Bergamo e sulle orme di Nereide Rudas (sì, proprio lei!) ho dovuto imparare a leggere nella mente della gente, di gente di tutto il mondo, sardi compresi, e anche tra le righe di uno scritto. Per diversi anni ho frequentato il Circolo “Maria Carta” di Bergamo, non a caso intitolato alla cantante di Siligo viste le mie profonde radici silighesi, e per un lungo periodo ne sono stato anche presidente. Chi è socio della FASI non può non conoscere le vicende di quegli anni, quando il Circolo di Bergamo era in prima fila in tutti gli eventi, quelli gioiosi e quelli “azzudos”, come le manifestazioni in contemporanea in sei aeroporti italiani per la continuità territoriale o il Congresso di Storia della medicina dal titolo “Bergamo e la Sardegna: due isole gemelle?”, con la Mostra delle Cere anatomiche del Susini (“Finzas custa, roba ‘e mandigare?”) che ha richiamato in un mese, nel Museo di Scienze Naturali in Città Alta, quindicimila visitatori anche dall’estero.
    Rientrato in Sardegna, non potevo mancare all’8° Congresso della FASI ad Alghero, una occasione unica per incontrare dopo tanto tempo persone con le quali avevo condiviso momenti importanti, ma anche un’opportunità per aggiornarmi sulle vicende della FASI, su quanto fatto nel corso degli ultimi dieci anni nonché sui progetti futuri. Sono andato come ospite e, soprattutto, come osservatore attento e disinteressato. Insomma: io c’ero. L’impatto è stato emozionante, per gli abbracci innanzitutto. Quello a cui ho assistito dopo è stato però davvero deludente.
    Quando ho letto il Suo “pezzo” su Sardegna e Libertà, caro Signor Verticale, quello a cui ho assistito è stato molto più chiaro. A parte la modalità da Lei usata, che respingo con forza (non nego però che mi piacerebbe vedere cosa c’è dietro la Sua di maschera, anche se è la cosa meno importante), è soprattutto quello che Lei racconta che non mi torna, forse ho visto un film molto diverso. E non condivido la sua versione, esposta peraltro senza alcun contradditorio e sostenuta nel sito da replicanti passivi senza volto. Certo, la modalità da muretto a secco consiglierebbe l’indifferenza e il silenzio, lasciando Lei immerso nei Suoi risentimenti e nelle Sue elucubrazioni, che proprio perché anonime, per quanto la matrice sia molto chiara, lasciano il tempo che trovano, non hanno valore. Ma quando si attaccano le persone facendo nomi e cognomi, con perfidia, infamandole, senza avere il coraggio di prendersi la responsabilità di firmare col proprio nome, non si può tacere. Non si deve tacere, quando qualcuno “spara” con giudizi sanguinosi dal buco nero dell’anonimato! Non si deve tacere, quando si è Sardi ben oltre le radici e non si può consentire che venga data un’immagine della Sardegna così brutta, così tetra. Così meschina. Roba, questa sì, da burattini! No, noi Sardi non siamo tutti così.
    Giusto alcune osservazioni sul Congresso di Alghero. Da osservatore, insisto, attento e disinteressato.
    La prima. Primo giorno. Il palco del cinema Miramare era praticamente vuoto. Spiccava un’unica figura, il Presidente. Che nei due giorni in cui ho potuto seguire il Congresso, dominava la scena intervenendo da solo, in continuazione, quando voleva, senza limiti di tempo. Sempre senza contradditorio. Al tavolo della presidenza, all’ombra, in solitaria malinconia, una figura indecifrabile, o forse anche troppo decifrabile, che sembrava stare lì soltanto perché c’era posto. Ogni tanto usciva dal suo torpore, con un’unica frase: “Passiamo ai voti! Passiamo ai voti!”. Per il resto, il vuoto assoluto.
    La seconda. La strana formazione della presidenza del Congresso. Si è formata su indicazioni del Presidente rivolto alla platea. “Vieni tu?”, “Perché non vieni tu?”. Risultato: si è formato un gruppo di persone che apparivano spaesate e non sapevano da che parte girarsi. Davvero una splendida organizzazione.
    La terza. Una parte molto piccola della platea, peraltro ben organizzata, le poche volte che veniva data la parola a qualche voce “non in linea”, interrompeva l’intervento con frasi tipo “Tempo! Tempo!”, “Passiamo ai voti!”, impedendo ragionamenti evidentemente non graditi.
    La quarta. Dopo tanti “Passiamo ai voti!”, finalmente si passa ai voti. Non si è capito bene su cosa, ma tant’è. Pare si dovesse votare un nuovo Statuto, senza documenti congressuali e senza un serio dibattito. Si è capito solo che non potevano votare i giovani e le donne. O forse sì. Ma forse no. Chissà. Poi son venuto a sapere che quella norma era stata anticipata il 3 ottobre in Esecutivo e compariva nel testo distribuito ai Circoli, per poi tornare indietro dopo il clamore esploso sulla stampa a seguito della lettera di due donne, che non si sono nascoste come Lei dietro l’anonimato. A molti, soprattutto giovani e donne, questo modo di fare non è andato giù e si sono fatti sentire, per cui c’è stato chi, proprio come Lei, Signor Verticale, ha cercato di colpirli con mazzate di penosa ironia e gratuito sarcasmo, con pestaggi “in maschera”, non pensando che è lì il futuro di tutte le cose. Senza considerare gli attacchi scomposti nei confronti dell’assessora Desirée Manca, trattata in modo molto volgare in mancanza di argomenti validi, a fronte di un intervento ricco di passione e di contenuti, e della presidente Todde, accusata di “assenza” e condannata in contumacia. Questo a proposito di politica politicante. Di politica “Terra terra”. Scimmiottando illustri pennivendoli, veri maestri dell’inganno e del pestaggio.
    Il testo stabiliva inoltre che si sarebbe dovuto votare per liste bloccate, senza preferenze. Cioè, chi vince si prende tutto e il capolista è il “capo”, gli altri eseguono gli ordini, come ai bei tempi. Geniale!
    Comunque si passa ai voti, per alzata di mano. Anche questa una cosa poco comprensibile. Nella confusione, per i “sì” alzano la mano delegati del quadrante basso a sinistra della sala del Miramare. Alcune persone, scelte non si sa da chi, vanno a contare, seguendo le disposizioni del Presidente. Per i “no” alzano la mano delegati degli altri tre quadranti. Le stesse persone vanno di nuovo a contare. A occhio, da una posizione molto favorevole, i “no” sembravano nettamente di più, senza esagerare quasi una quarantina in più. Si annuncia l’esito della votazione: i “sì” vincono per tre, forse quattro voti. Incredibile! Ogni commento, per educazione, e “pro non frastimare, ca non giuat”, è superfluo.
    La quinta. Il giorno dopo. Alla ripresa si cerca una mediazione. Intanto si forma una nuova presidenza del Congresso, che si distingue subito per la convalida della votazione-truffa della sera precedente. Il che è tutto dire. Si cerca quindi di trovare un accordo per formare una lista unitaria. Il Presidente si è anche dichiarato molto favorevole, però ha ripetuto più volte: “Si fa come dico io!”. “Nemmancu sos pizzinneddos, goi!”. La cosa pare sia andata avanti così per l’intera giornata, poi non so. Quindi si è parlato di programmi. Cioè: il Presidente ha parlato di programmi. In primo piano la promozione dei prodotti agro-pastorali della Sardegna, cioè i Circoli trasformati in rivendite, non si sa se all’ingrosso o al dettaglio. In secondo piano la necessità che i partiti (quali?) entrino nella FASI, (“roba ‘e maccos!”, non bisogna essere “studiati” per capire che per qualsiasi associazione quella è l’anticamera della catastrofe!); in terzo piano ancora i prodotti agro-pastorali. Ah, no, ha detto anche che “la Sardegna ha una cultura e una lingua” (sic!). “Ma non s’est cumpresu ‘ene de ite diaulu fit faeddende”.
    La sesta. Gli ospiti. Prima i politici, poi gli imprenditori. Le passerelle dei prescelti. Scelti con cura.
    I politici. Beh, è stato un piacere vederli finalmente allegri e spiritosi, distribuire pacche sulle spalle, la simpatia prima di tutto. L’immagine che hanno voluto raccontare di loro è che non vanno d’accordo quando si confrontano, ma quando sono insieme si stimano e si rispettano, a volte si vogliono anche bene. E giù a ridere. Il problema è che la gente li conosce, eccome. E sa perfettamente chi sono e cosa sono. Uno per uno. Ma qualcuno di più.
    Gli imprenditori. Già, gli im-prenditori. Anche lì l’argomento principe erano i prodotti agro-pastorali di Sardegna. Quanto sono buoni i formaggi, e i vini, e i porcetti, e le seadas, e su pane carasau, e su sartizzu, e “sas ballas chi bos colen!”. “Aiutateci! Aiutateci a far conoscere i nostri prodotti, contiamo su di voi che conoscete le realtà dove vivete, abbiamo bisogno di voi!”. “Ello e bois, ue fizis cando fimis nois a pedire agiudu, cando fimis nois a haere bisonzu, ue fizis? Malannu chi bos assaccarret!”, direbbero Bodale e Fulanu, emigrati all’inferno e mai più tornati.
    La settima. Per finire, è emblematico il comportamento di un politico, degno rappresentante del sistema, che non si sa neppure se fosse stato invitato. Ѐ entrato nella sala, si è guardato intorno, è andato dall’altra parte passando davanti al palco della presidenza, si è fatto un selfie con alle spalle la folla dei delegati e poi è scomparso. Poco dopo ha pubblicato su Facebook una foto con gli emigrati alle sue spalle, come a dire: “Oh, guardate che c’ero anch’io. Non vi dimenticate di me!”.
    A quel punto l’unica cosa che mi è venuta in mente è stata: “Bastat gai! Como bos ch’andades totu cantos in su corru mannu de sa furca”. E sono andato via.

    Egregio Esimio Signor Emigrante Verticale: se questo è il “Nuovo che avanza” c’è parecchio da preoccuparsi. In questo modo si torna indietro di decenni se non di secoli e si distrugge quel poco o tanto di buono che la Sardegna e i Sardi, quelli di dentro e quelli di fuori, hanno costruito nel tempo con tenacia e testardaggine. Non si possono portare dentro la FASI i muretti a secco, le faide, le vendette, la presunzione di essere chissà cosa solo per far finta di essere qualcosa, essendo i primi responsabili di spaccature, altro che benzina sul fuoco! E non si possono millantare capacità e progettualità, come se quello che è stato costruito in tanti anni di lotte e di forte impegno sia merito di chi oggi si presenta abusivamente come l’artefice di una storia che fa onore a tutti i sardi (anche se molti non lo meritano!) ma, è doveroso dirlo, fa onore prima di tutto ai sardi emigrati che sanno bene cosa significhi andare per il mondo per riuscire a vivere, essere presi per pastoracci, essere insultati, essere costretti a camminare a testa china nelle strade del mondo. Lei, Signor Verticale, ne ha mai visti sardi, e non solo sardi, schiacciati e umiliati in questo modo? A me è capitato più volte. A Lei, ho molti dubbi.
    Nelle Sue “sparate”, Lei afferma che la FASI può contare su alcune aziende, come Eurotarget e Sardatellus, descritte come strutture di alto profilo che consentiranno agli emigrati sardi e alla Sardegna nuovi traguardi e felici orizzonti vendendo prodotti della terra di Sardegna e biglietti per tornare nella Terra Madre. Ne parla con un’enfasi sorprendente, incomprensibile, come se si trattasse di società create da Lei e da coloro che Lei ritiene di dover rappresentare, tanto da impadronirsi dei fiori e dell’occhiello, oltre che di meriti inesistenti. Per dire: la FASI entrò in Eurotarget nel 2004, e io ricordo bene quel periodo molto fertile di idee e di progetti. Lei dov’era? Dov’erano quelli che oggi fanno carte false per impadronirsi di un patrimonio così grande, così importante, che muove parecchi denari? Quali sono gli obiettivi? Sinceramente vien da pensare male. Molto male. Aveva ragione quel grande Poeta quando diceva: “Ista attentu a sos canes de isterzu: cussos cheren ebbìa mandigare, non cheren ateru, si nd’affuttin de sos ateros canes e finzas de su populu. Ista attentu!”
    A proposito di “canes de isterzu”. Lei lo sa che circa il 30% dei pazienti psichiatrici in Sardegna (Nereide Rudas docet…) hanno alle spalle una storia di emigrazione? Non lo sa? Ma già, Lei ha altro a cui pensare, “tantu sos maccos sun maccos. E non contan nudda!”. Ah, la coscienza, dolce fantasma!
    La questione è che la nostalgia, la nostalgia della propria terra, oltre a mettere in moto le molle dell’ingegno, fa perdere a volte anche qualche equilibrio sino ad aprire le porte degli SPDC, i manicomi moderni. Ci sono però altre nostalgie meno nobili che gli equilibri, ahimè, li fanno perdere del tutto.
    Un consiglio, a questo punto: forse può essere utile un piccolo ripasso di geometria. Quel Verticale nello pseudonimo infatti non pare corretto, sarebbe più adatto il termine Orizzontale. Il Verticale è più adatto per i veri Balentes, quelli che ci mettono sempre la faccia e che sanno cos’è la Dignità, cosa significa costruirla e difenderla giorno per giorno, con pazienza e tanta umiltà. La Dignità, il contrario dignitoso della “Indignità”, è un patrimonio che non può coesistere con la falsità, con i sotterfugi e con lo scherno. A maggior ragione quando quella Dignità vuol dire Sardignità, una Dignità speciale che vale una vita, che vale una storia: la storia di un popolo che è stanco di fare brutte figure. Già, la Sardignità. Sa Sardignidade. Ite cosa bella, sa Sardignidade!

    Gavino Maieli
    Già Presidente del Circolo “Maria Carta” di Bergamo
    Medico psichiatra
    Direttore della Rivista “S’Ischiglia”

    P.S. A scanso di equivoci. Molte di queste cose le ho già dette di persona al Presidente Bastianino Mossa. A tu per tu. Guardandolo negli occhi. Davanti a tutti.

  2. Antonio ha detto:
    21 Ottobre 2025 alle 12:47

    grande coraggio di Emigrato Verticale nel descrivere come sono andate veramente le cose, grave mancanza della Todde a non essere andata forse era impegnata in qualche Cortes Apertas , Chissà se i giovani emigrati conoscono l’agenzia di viaggi “Eurotarget
    E la società “Sarda Tellus” per “A” non si sa che compito abbia Franciscu Sedda con due voti è nelle stanze del potere

  3. Raimondo/Mundicu ha detto:
    21 Ottobre 2025 alle 11:00

    Grazie di questo interessante intervento del Socio della FASI, ieri sul TGR Sardegna ho potuto seguire le notizie sul Congresso Nazionale FASI con l’intervista al presidente Mossa, riconfermato, che ha fatto dichiarazioni molto interessanti.
    L’Emigrato Verticale ce ne ha dato ampia informativa, incluse le lodevoli azioni che la FASI svolge a vantaggio degli emigrati Sardi.
    Brutta la posizione della Todde, che tutto fa tranne che rivolgere il suo pensiero ai Sardi dentro e fuori della Sardegna; fore ha ragione ” A ” che nel suo commento suggerisce alla Todde che avrebbe potuto inviare in sua rappresentanza (l’indipendentista) Franciscu Sedda, anziché tenerlo rinchiuso nel suo anonimo ufficio, ma vuol dire anche che Franciscu lì non conta nulla ❗

  4. giovanni ha detto:
    21 Ottobre 2025 alle 10:02

    Dal suo profilo facebook mario Guerrini ha blaterato di una tirata di orecchi da parte di Desiree al Mossa. Stendiamo un velo pietoso

  5. Silvio ha detto:
    21 Ottobre 2025 alle 09:39

    Bravo bastianino, con un coraggioso atto di intelligenza Sarda. Hai sconfitto l’arroganza della politica che pretende di gestire tutto come fosse di sua proprietà. Le cinque stalle con la falce e il martello tornano con la coda tra le gambe, ma non fidarti. Sono come i cani rabbiosi hanno ancora un solo interesse, addentare l’osso . Ciao

  6. Marco Casu ha detto:
    21 Ottobre 2025 alle 08:51

    Hai capito la Storia?!
    Beh, l’altroieri ho bannato dalla mia lista ben quattro giornali On Pine che propaganda ani il “porre” il cappello si una iniziativa intitolata a “giovani emigrati Sardi”.
    Ma, dico io e’ possibile un discorso sui Sardi con il ricorso a una identita’ generazionale? E quale sarebbe il suo confine? Conosco novantenni a sfioro dei cento che in fatto di gioventu’ ( e supposta apertura mentale) sono autentici Fuoriclasse per creativita’ e leggerezza.
    Va bene, “Sardi emigrati giovani”.
    Eppero’ , lo so lo so che e’ superficiale e piccolo borghese, ma essi che sono stati costretti a emigrare qualche domandina d’oro sull’immigrato di “lusso” come Responsabile alla Comunicazione della Presidenza Regionale, se la faranno?

    Sia, questi cappelli elettorali che vanno e vengono tra associazioni varie per scroccare un votino sta precipitando nel ridicolo. “Giovani Emigrati” che bisticciano con gli altri Emigrati (non vecchi, eh, senno’ mi leggono la vita).

  7. A ha detto:
    21 Ottobre 2025 alle 08:39

    A proposito della politica sarda, che ancora blatera “di emigrati-ambasciatori della sardità” la Todde non poteva inviare in sua rappresentanza il famoso consulente di questioni autonomistiche Franciscu Sedda?

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