Qualche giorno fa, la senatrice Corrado ha presentato un’interrogazione (cercate la parola “Sassari” con ctrl+F) nella quale, senza mezzi termini, ha accusato il Rettore dell’Università di Sassari di aver firmato l’approvazione degli atti di una commissione di concorso un giorno prima che la stessa firmasse il verbale di conclusione dei suoi lavori.
Sicuramente il rettore avrà e troverà le sue ragioni con cui difendere il suo operato, ma, sarà stato un caso, più o meno negli stessi giorni la Guardia di Finanza (e qui occorre sempre tener conto della differenza tra fatti reali e fatti compresi dai grigioverdi) ha avuto via libera dall’autorità giudiziaria (e anche in questo caso, occorrerà vedere quante delle carte prodotte dalla GdF siano state lette con attenzione e quante firmate con nonchalance) per notificare provvedimenti vari a 52 dipendenti dell’Università di Reggio Calabria, accusate di «esami per entrare nel mondo accademico assegnati a tavolino, commissioni composte da persone compiacenti e pertanto idonee a garantire un trattamento favorevole ai singoli candidati scelti direttamente o a seguito di segnalazione; l’utilizzo sistematico e personalistico dei beni dell’università: automobili, carta di credito dell’ateneo per acquisti di beni personali, cene, viaggi e molto altro. E così fino alla concessione di servizi che non avrebbero rispettato la normativa sugli appalti».
Che la magistratura sempre più si stia occupando dell’università italiana è un fatto conclamato e che il quadro che emerge a conclusione dei processi sia disarmante è altrettanto chiaro. Vi è certamente dietro tutto ciò l’ipocrisia italiana che maschera un sistema di reclutamento che da secoli, a torto o a ragione, è di tipo cooptativo con le forme dei concorsi pubblici, ma resta il fatto che è ormai acclarato che qualcosa, e più di qualcosa, non funzioni dentro gli Atenei. Io resto convinto che il sistema di reclutamento dei professori vada semplificato, che la fureria dell’Università che distingue ricercatori, associati e ordinari sia una grande fesseria e che bisognerebbe arrivare a fare concorsi di idoneità nazionale con semplice accertamento dei titoli (cioè senza potere discrezionale delle commissioni di bocciare anche chi quei titoli li possiede) e poi lasciare la libertà agli atenei di chiamare gli idonei. Ma l’Italia non ama le cose semplici.
Tuttavia ci sono anche aspetti strutturali che stanno corrodendo la credibilità delle università italiane.
Un primo livello di impoverimento si ha nel ruolo attribuito dalle riforme Moratti e Gelmini ai Direttori generali. In molti atenei, in quelli cioè nei quali i rettori preferiscono essere luoghi della rappresentanza piuttosto che del governo, queste figure, che dovevano essere di supporto all’attività dei rettori e dei senati accademici, sono diventati i veri padroni delle università e le hanno trasformate da luoghi di cultura, cioè da luoghi del pensiero, a fabbriche burocratiche di cose, di tabelle, di parametri, grandi fabbriche di carta dove tutto torna e niente è vero.
Ma attenzione: questi grand commis pagati molto bene (più dei rettori) sono dei maestri nello scamparsi le responsabilità e nello spalmarle sugli organi accademici (Consigli di Dipartimento, Consigli di corso di Studi ecc. ecc.). Si pensi che vi è un Dipartimento a Cagliari costretto ad approvare gli atti delle commissioni di concorso dopo che le commissioni li hanno depositati. A che titolo lo faccia non si sa, ma è una delle tante epifanie dello scaricabarile delle responsabilità. Mentre nella Regione Sardegna, per esempio, la distinzione tra funzioni politiche di indirizzo e funzioni di governo, cioè tra organo politico e organo amministrativo, è netta, in alcuni atenei non lo è per nulla, è intermittente, quando c’è puzza di bruciato ricade tutta sugli organi collegiali, quando la decisione è semplice e senza rischi va dritta dritta in quelli gestionali. Faccio un altro esempio cagliaritano, per spiegarmi.
Qualche tempo fa un gruppo di colleghi firmò una lettera indignata indirizzata ai competenti organi di ateneo e per conoscenza al rettore nella quale si lamentava la conclamata messa in vendita nei mercatini dell’usato di Cagliari di parte del patrimonio librario delle biblioteche dell’Università, con tanto di timbro e targhetta di collocazione. La scelta non era certo stata dei docenti, che per l’appunto se ne lamentarono. Reazioni? Nessuna, manco avessero ragliato gli asini. Le biblioteche sono in mano ai dirigenti dei servizi che, per esempio, fanno la solennissima fesseria di non rinnovare gli abbonamenti alle riviste poco consultate, manco si trattasse di biblioteche comunali e non di biblioteche specialistiche che, come è noto, più lo sono e meno vengono consultate, ma che devono essere pronte alla consultazione su ogni campo di ricerca. Piccole cose, si dirà (ma i libri, per un universitario, non sono piccole cose, come non lo è il metodo critico), ma significative di un mondo alla rovescia dove chi ha una visione materiale e quantitativa del libro prevale su chi legge i libri (e li capisce).
Non che i docenti siano delle mammolette. Il giorno che la GdF andasse a vedere in quali Facoltà gli ordinari fanno realmente tutte le ore di lezione per cui sono pagati, farebbe scoperte esilaranti e drammatiche. Il Covid, poi, ha fatto la sua parte nell’incentivazione della trasformazione del pendolarismo di molti docenti in permanenza definitiva a distanza, con buona pace di ciò che è realmente l’Università, il contatto con una comunità scientifica, non un corso professionale e a distanza. Ma queste sono fissazioni di un vecchio professore.
Un dato è dunque certo: nonostante la postura impettorita che noi docenti talvolta assumiamo, pensando di avere ruolo e considerazione sociale, la corona accademica è abbondantemente caduta e giace, con punte di ruggine, nei mercatini dell’usato insieme ai libri dismessi.
Non imputiamo al solo Berlusconi e ai suoi valvassini (Moratti, Gelmini) il burrone nel quale è precipitata l’Università italiana perché, come tutte le cose, c’è un inizio e una fine e, per l’Università italiana, l’inizio del disastro si chiama Berlinguer.
Stendiamo poi un pietoso velo sull’Idoneità Nazionale (sia di I che di II fascia): con neanche tanto impegno sarebbe sufficiente verificare i titoli dei commissari per rendersi conto che, in non pochi casi, questi sono inferiori a quelli dei candidati esaminandi.
A terra sos malos usos … canno?
Il sistema, ahimè, è sempre stato ingiusto, ma alle volte qualcuno passava di tra le maglie, a dispetto dei tanti che avrebbero visto altri al suo posto. Oggi queste possibilità sono uguali a zero. Nonostante le tante denunce. Nonostante si paghi in prima persona quando si denuncia da dentro il sistema.
L’università soffre inoltre della delegittimazione del sapere che parte da lontano, da fenomeni quali il berlusconismo e il grillismo. Chiunque dice di sapere più degli insegnanti delle scuole e dei professori universitari. Solo chi canta con il coro è ben accetto. Ma non è quel che avviene ovunque, in qualsiasi ambito? Ditemi chi coglie le note che ‘stonano’?
Sono passati circa 30 anni, dal giorno in cui incautamente e con l’ingenuità del giovane neolaureato partecipai alla selezione per un posto di ricercatore di diritto pubblico presso la facoltà di giurisprudenza di Cagliari. Mi presentai puntuale alla prova scritta fissata per le ore 12,00 presso la sede di Viale Fra Ignazio, dove trovai un cortese addetto della facoltà che dopo avermi accompagnato presso l’auletta del Professore della materia oggetto di esame, mi invito’ ad attendere qualche minuto. Trascorsi oltre un’ora e mezza di attesa , rimanendo l’unico candidato presente, tanto che iniziai a pensare di aver sbagliato ora o sede, per cui, sempre con il garbo che la suprema sede istituzionale della cultura e della formazione incuteva a un giovane neolaureato, iniziai a chiedere notizie e indicazioni su come comportarmi e soprattutto se dovessi ancora attendere o se vi fosse stato un errore di convocazione. Fu così che dopo aver chiesto notizie a tutti coloro che si trovano a transitare per il corridoio, incontrai il chiarissimo professore presidente della commissione di esame che con disivoltura e con l’autorita’ del ruolo mi disse che dovevo ancora attendete in quanto l’altro candidato arrivava in aereo e questo era in ritardo. Non mi posi altre domande e tornai in aula ad attendere, iniziando a sentirci un intruso. L’aspetto più abnorne è che trovai la risposta del sommo anche ragionevole e da condividere perché pensai che solo con la competizione si potesse selezionare il merito e far crescere lo stesso Paese. Con questo pensiero rimasi ancora in attesa, quando finalmente arrivo” l’altro candidato con cui colloquiai cordialmente qualche minuto, giusto il tempo di parlare delle nostre tesi universitarie e delle nostre aspirazioni, in quanto ecco che arrivò il chiarissimo professore che ci assegnò la traccia del testo da trattare , per poi allontanarsi nuovamente e lasciarci soli a tratteggiare il nostro tema. Fu così che ebbi la prima esperienza con la pubblica amministrazione e conobbi il fantastico mondo della ricerca e del corpo universitario. Sono passati 30 anni . Per ragioni etiche non posso svelare che vinse quella selezione, posso solo dire che io ho poi coltivato altre aspirazioni, in quanto, all’epoca, pensai solo di essere stato sfortunato per il fatto che la traccia asegnata all’esame era risultata la stessa tesi dell’altro candidato e in quegli anni la continuità territoriale era una vera garanzia sebbene con i ritardi di Alitalia cui ormai eravamo abituati e trovavamo fisiologici. Chiarissimo professore o meglio Verissimo professore i suoi pezzi sono sempre sagaci e stimolanti , tratteggiano in modo puntale tutta la società odierna ma nulla è cambiato in 30 anni salvo constatare – non è certamente irrilevante- che oggi vi è finalmente chi ha il coraggio di dissociarsi e dissentire, segnalando pubblicamente comportamenti e azioni che seppur apparentemente normali in quanto troppo diffusi, tali non sono e non debbono certamente attendere troppo lustri per rendersene conto.
OTTIMO TEMA DAVVERO, QUESTO!
Quello che ho letto non sono solo fissazioni “di un vecchio professore” ma, da tempo, anche di un vecchio “dottore di ricerca” di 2° ciclo nonché assegnista anzi “borsista post dottorato”, come si diceva in quell’era.
Passati i decenni, per esempio, non si vedono novità nel sistema di reclutamento universitario. Tranne le forme estetiche. E leggere di tanto in tanto i giudizi delle cosiddette “Procedure comparative per la copertura di..” è esilarante quanto, purtroppo, imbarazzante, tanto è il senso di variopinta ambiguità lessicale ossia di discrezionalità, ossia di arbitrio che se ne ricava. Nulla è cambiato, sostanzialmente, nel reclutamento e, dunque, di certo non si ha mai la sensazione che a vincere sia davvero il migliore ma solo quello che serve.
Quanto poi al ruolo commerciale e professionale dell’Università o meglio di certi settori di essa, portato avanti soprattutto da certi dipartimenti o se si preferisce da certi soggetti di certi dipartimenti (ovviamente del tutto “sdoganato” da certi provvedimenti legislativi degli ultimi 2-3 lustri), attendo fiducioso da tempo che qualcuno abbia il coraggio di sollevare la questione dal di dentro in maniera autorevole. Io parlo e scrivo, nel mio piccolo, da circa 15 anni di debordante “concorrenza sleale”. Ciò, fra l’ altro, anche a causa del patetico ruolo di vari soggetti pubblici e del massiccio ricorso agli “Accordi di Collaborazione” alla ricerca (termine oramai elasto-plastico; in ogni caso mai “ricerca sperimentale”). Ciò al duplice scopo di eludere le gare pubbliche (che comporrano oneri amministrativi sui bandi e relative garea) e di assicurarsi, cin Relazione tecnica ed elaborati di rango, l’aprioristico IPSE DIXIT e il conseguente placet per effetto UBI MAJOR.
Ma perchè prima delle riforme Moratti e Gelmini il sistema di reclutamento e di progressione di carriera nelle Università era lineare e trasparente? Le parentopoli e altre distorsioni mi pare risalgano ai tempi dei c.d. Baroni che, forse forse, alla luce di quanto accade oggi erano meno peggio di tanti altri. Diciamocelo chiaramente, pur nella consapevolezza di stare generalizzando, si sta parlando di un modo di fare sostanzialmente endemico al mondo universitario che nessuna strutturazione burocratica è riuscita a scalfire. Forse mai ci riuscirà.
Non è la prima interrogazione che la Senatrice Corrado, e altri Senatori con lei, presentano a proposito dell’Università di Sassari, anche facendo seguito a una segnalazione dell’ANAC giunta a questa Università sulle politiche di reclutamento ex art. 24, comma 6, della legge 240/2010 poste in essere nel 2021. Se si guarda il profilo facebook della Senatrice si trova tutto (consiglio di iniziare dalla metà di febbraio). Ecco comunque qualche link:
https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/Sindisp/0/1331934/index.html?fbclid=IwAR3lIeiFhMm9E_pBFLmgVGvoplk2IXjykdj0AM6mQkHMH_ZFUY09R7Yt5Yc
https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/Sindisp/0/1343121/index.html?fbclid=IwAR0Y9xodiKblX5R7YaK9KM0bRG7mKhMANGNCnJR4-Kb0Iyp00Vqq_3jyRcI
La Senatrice ha usato a più riprese parole di fuoco, anche nei confronti del Rettore dell’Università di Sassari.
Dell’Università di Sassari, del resto, si sono occupati, in relazione a questi episodi, anche il Fatto Quotidiano e l’associazione Trasparenza e Merito:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/23/sassari-il-posto-da-ricercatore-in-topografia-antica-non-lo-vince-il-topografo-antico-ma-un-architetto-luniversita-iter-da-rianalizzare/6503307/?fbclid=IwAR0KFmjK80G8sSn9ybdLMZY0ZWh8Ij_g-R5p0nEPwpi6VX4WHkgfIMF6CjI
https://www.trasparenzaemerito.org/post/trame-al-fatto-sul-concorso-di-topografia-a-uni-sassari-il-ministero-controlli-per-etica-pubblica
Ci sono problemi generali dell’Università, certamente, per i quali condivido le considerazioni qui sviluppate. Ma ci sono anche fatti specifici e responsabilità che, finché le leggi restano quelle attualmente in vigore, non possono non destare preoccupazione e una forte richiesta di trasparenza da parte delle persone perbene. E nella direzione della trasparenza io considero la Guardia di Finanza e la Magistratura un ausilio prezioso (vale per Sassari, Reggio Calabria o Firenza). E credo che capiscano bene quel che c’è da capire.