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Nessun paradiso per noi

Posted on 30 Maggio 201830 Maggio 2018 By Paolo Maninchedda

Ricevo molte telefonate di persone che mi chiedono un’opinione sulla attuale situazione delle Repubblica italiana.
Noto in molti un generalizzato senso di paura; la paura di chi non ha coordinate, di chi non riesce a capire che cosa sta succedendo.
La prima cosa da fare è combattere la paura.
La paura ha sempre reso l’uomo capace delle più grandi nefandezze o delle più grandi rinunce. È una delle più grandi battaglie interiori che ognuno dovrebbe essere educato a fare. Invece si è educati a nascondere la paura, non a risolverla. Si diventa aggressivi per nascondere la propria profonda debolezza, angustiata dai fantasmi irrisolti.
La regola politica vuole che chi ha paura alla fine si subordina a qualcuno, cui delega il compito di salvarlo.
C’è una certa paura negli organi di informazione italiani e dunque stanno diminuendo i contraddittori.
C’è una certa paura in tanti sardi di schierarsi dalla parte di chi sembra che possa perdere.
C’è una certa paura a chiedersi cosa è giusto e che cosa è conveniente. Si ha paura della risposta, della forza emotiva che può avere capire il giusto e decidere di non farlo, per paura.
Ma di cosa si ha paura?
Si ha paura di ciò che non si capisce e la situazione italiana è complicata.
Il primo consiglio è dunque fare lo sforzo di capire profondamente la situazione, non di demonizzarla o esaltarla, ma capirla. Questo comporta già una scelta: rifiutare le semplificazioni e gli slogan.  Si provi a farlo e si potrà verificare quanto diminuisce il “rumore” che disturba la visione. Tutto ciò che riduce la prospettiva è falso.
Il secondo consiglio è non stupirsi che si viva una situazione complicata. La vita, diceva Popper, è risolvere problemi. È molto utile trasformare la decisione per la propria scelta politica in un problema. Si tratta di porsi domande del tipo: “Conosco quale è il mio interesse in questa situazione? Che cosa ritengo giusto? Che cosa giudico sbagliato? Dove mi vuole portare Tizio? Dove mi vuole portare Caio”. Man mano che ci si dà delle risposte, la paura svanisce.
Il terzo è non cercare chi seguire ma cercare quale soluzione sembri la migliore. Si tratta di ragionare di cose e sfuggire all’ipnotismo del fascino, positivo e negativo, delle persone. Provate a pensare alle posizioni senza i leader e valutatele: il quadro vi si chiarirà in un attimo.
Il quarto consiglio è il migliore: si riduca la scala sulla Sardegna e la si faccia diventare un laboratorio di comprensione in scala ridotta. Se ne avrà un vantaggio perché si conosce bene il sistema e si sa come reagisce a qualsiasi innovazione. Si scoprirà che nessuno promette un paradiso per noi: dobbiamo farcelo. Si scoprirà che siamo assenti in questo momento storico perché non siamo uniti. Pensate che cosa accadrebbe se i sardi votassero insieme un solo simbolo alle elezioni politiche, la Sardegna, che effetto avrebbe sull’Italia, sui suoi poteri, sulle sue contraddizioni e  sui suoi egoismi ma anche sul suo Parlamento frantumato.

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