Giornali in terapia intensiva Ieri La Nuova Sardegna ha fatto un’intervistona a Solinas di due-pagine-due secondo la tecnica del gioco a una porta: ai rigori Solinas, in porta il giornalista.
In mezzo a questo comizio precotto, condito anche con un corsivo ad effetto sul tono della voce cambiato quando il tema è divenuto l’energia (così da fare intendere che l’intervista è avvenuta de visu o al telefono e non per corrispondenza), il giornalino turritano, con pezzi in vendita in queste ore, è riuscito a infilare un piccolo riquadro ritardatario (gli altri giornali e siti hanno dato la notizia due giorni prima) sulla richiesta di rinvio a giudizio del Presidente della Regione per abuso d’ufficio, notizia di nessun valore giudiziario (verrà assolto perché il reato nell’ordinamento italiano è ormai incomprensibile) e un po’ rischiosa rispetto alla presunzione di innocenza, ma che invece ha un valore politico notevole perché a essere messa in discussione dal più grande potere dello Stato, la magistratura, è la politica di dominio dell’amministrazione regionale messa in atto dal Presidente. Ma questo contenuto politico non può essere valorizzato da un giornale che ha passato tre anni a recitare mattutini e vespri in onore della Giunta.
In mezzo a questo mare d’inchiostro che pochissimi avranno letto, si trovano però tante curiose notizie per niente valorizzate dal giornale sassarese. Cominciamo a farne un’accurata esegesi.
Sanità podestarile Quando Soru inaugurò la sanità podestarile, nominando la Dirindin prima e Gumirato poi, in pochissimi lo contestammo apertamente.
Fu l’inizio di un metodo: chiamare dirigenti e assessori con titoli pari o inferiori a quelli di altri candidati sardi o con esperienza politica nulla, in modo da sostituire il controllo feudale della sanità con quello del re.
A quei tempi esistevano tre lignaggi sanitari: quello di Oppi, quello di Fadda – confini tenui tra i due – e quello Rosso, eredità dello scomparso Emanuele Sanna; vi era poi il castello di Belgioioso del Brotzu, dato in allodio ai Riformatori e reso torrito dalle fortificazioni merlate e dalla rete di sotterranei predisposta dal castellano Franco Meloni; pochissime le aree indipendenti e il mondo della Destra costituito da cavalieri in prestito dai feudi di Oppi e Fadda.
L’idea di Soru era semplice, come tante sue pensate da uovo al tegamino: «Se una cosa la fa Oppi o Fadda o altri, è sicuramente fatta male. Se la faccio io è sicuramente migliore». Risultato: anziché pensare alle cose, si è diffusa l’idea che la sanità migliorasse quanto più fedeli al re sarebbero stati i suoi protagonisti. Se poi il re ha idee del piffero, non importa, l’importante era (ed è) pifferare regalmente.
Chi può vantare fedeltà maggiore di un capitano di ventura reclutato nel mercato della Penisola? Arriva libero da legami locali, escluso quello col Presidente, si adatta ai legami concessi dal Presidente.
Siamo al colonialismo interno.
Oggi Solinas, presidente sardista della Regione Sardegna, applica il metodo Soru, replicato da Pigliaru con Moirano per stizza sassarese verso la ribellione di sette assessori che gli impedirono la nomina di tal Zavattaro, e nomina, con lo stesso schema politico, due manager non sardi – e con titoli non superiori ai sardi- ai vertici delle due aziende sanitarie principali.
Lo schema consiste nello stabilire rapporti con i poteri italiani (le elezioni politiche incombono e il seggio parlamentare sta a Solinas come l’anello a Gollum) e avere uno shogun burocratico che attacchi i feudatari o li accontenti a seconda del volere del re.
Il dramma è che dietro tutta questa strategia del potere non c’è alcuna idea della sanità come servizio.
Questo è il problema e, quando si è senza idee, si fa l’errore di chiedere al podestà non solo di gestire, ma anche di pensare al posto del re, come è successo con la Dirindin e con Moirano e adesso con le due manager. Un capolavoro di autonomia sardista!
Comandante in fuga C’è poi, e per oggi chiudiamo, l’enigma delle intenzioni del neonominato segretario della Presidenza. Il giornalista chiede se sia vero che il Segretario si è dimesso. Il Presidente risponde che al momento sul suo tavolo non ci sono lettere di dimissioni.
Ma che risposta è?
Un Presidente sicuro di sè avrebbe risposto che si tratta di una bugia punto e basta.
E che senso ha affermare che se il Segretario si dimetterà, il Presidente sarà il primo a saperlo?
E chi dovrebbe saperlo per primo, invece, il capo cerimoniere?
Insomma, le risposte del Presidente dicono che qualcosa non va, dicono che una volta sperimentata, la figura che doveva presiedere la Giunta di fatto (quella dei capi di Dipartimento) rispetto a quella di facciata (la Giunta tradizionale) si rivela troppo carica di attività, di responsabilità e di lavoro a tal punto da non apparire conveniente per un esterno.
La legge omnibus e i superstaff si rivelano inefficienti per bulimia di potere.
Solinas, in sostanza, con buona pace dei consiglieri di maggioranza che gli sono andati dietro, ha fatto un surrogato di una legge statutaria, presidenzializzando ulteriormente la Regione Sardegna, aumentando il suo potere ma diminuendo la sua responsabilità, ma ha fatto un errore: l’appetito di potere ha soffocato l’efficacia, e il comandante dei pretoriani, esperto di diritto e di odore di casini deve aver cominciato a dire che per lui è meglio godersi la pensione.
Questa è l’ennesima dimostrazione che essere esperti di potere, come lo è Solinas, non basta per governare.
Cossiga, il maestro di Solinas dopo Mariolino Floris, capì in ritardo che il maestro di potere Andreotti lo aveva infiocinato per benino durante il sequestro Moro.
Ma la bulimia di potere di Andreotti è la stessa che lo ha travolto per i rapporti con Lima e con i fratelli Salvo. E torniamo così a Gollum: l’anello chiede vita in cambio del suo potere. Il problema è che vi sono quelli che offrono quella altrui e non la propria, e torniamo a …
Due riflessioni: gollum è vissuto 5/600 anni ! Il sergente Garcia ha tanta aspettativa di vita politica?
Mi assale il rigurgito di dimettermi da ex DC, se è vero ed è vero che il prodotto della politica di Andreotti, Cossiga e Floris sia stata la maschera pseudo sardista. È proprio il caso di dire che sono stati dei cattivissimi maestri.