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Il Natale della Nazione: essere intelligenti, essere intrepidi

Posted on 24 Dicembre 201824 Dicembre 2018 By Paolo Maninchedda

Dobbiamo stare fermi, composti, organizzati, come abbiamo imparato a fare in questi anni.
Lo sbarramento dissolto dalle Primarias.
Siamo pronti.
Sapevamo che questo momento sarebbe arrivato.
La Sinistra politica sarda, quella che si è specializzata nella gestione e ha abbandonato la visione, ci ha riconosciuto come avversari.
Ha capito che noi abbiamo ciò che loro non hanno: un’idea, una prospettiva, un percorso di dimensioni storiche.
Impediti a competere culturalmente, stanno cercando la strada della brutalità politica – l’annientamneto elettorale – per spazzare via l’idea.
Ci siamo organizzati per sconfiggere la brutalità.
Noi combattiamo a modo nostro, ma combattiamo sempre.
Alle prossime elezioni l’obiettivo della Sinistra sarda è annichilire la Nazione Sarda.
Non ci riusciranno.
Il problema per loro è togliere dal campo la bandiera nazionale e sostituirla con quella politica, cioè con bandiere sdrucite una volta ispirate a Blair, una volta a Clinton, un’altra a Obama, ma sostanzialmente incardinata su burocraticismo e attenuazione degli effetti del capitalismo globale. Una minestrina all’uovo.
Bisogna combattere.
La Destra sarda si è affidata alla Lega e a Fratelli d’Italia, riproponendo di fatto uno schema coloniale: la Sardegna, secondo loro, deve stare con chi governa in Italia, senza pore questioni di principio, senza porre questioni di diritto e di libertà, senza fare troppe domande, in modo da poter chiedere il concedibile e gestire in casa il poco potere delegato. È lo schema Cossiga. È uno schema semplice, vecchio, coloniale, ma facile da capire. Il problema è che è proprio l’Italia il problema della Sardegna; è l’architettura dei poter dello Stato italiano che ha impoverito la Sardegna, non i sardi.
Dobbiamo combattere.
Conta molto in questi momenti la riservatezza.
Faccio un esempio.
Durante la Guerra del Kippur nel 1973, egiziani e israeliani si fronteggiavano nel Sinai con carri armati e aerei. Gli israeliani giocarono una carta imprevista (non a caso l’operazione venen chiamata “Uomo intrepido”): usarono la fanteria. In silenzio, attaccarono battaglia nello spazio tra la seconda e la terza armata egiziana, riuscirono a sfondare, attraversarono il canale di Suez, costruirono una testa diponte e fecero passare i mezzi corazzati. Le due armate egiziane si trovarono seriamente minacciate di isolamento e la capitale, Il Cairo, si trovò alla portata dell’esercito israeliano. Gli americani fermarono la guerra.
Noi siamo “Uomo intrepido”. Noi dobbiamo usare i piedi, scegliere gli antichi percorsi delle relazioni autentiche, scegliere la fatica, scegliere di non iscriverci al bel mondo, tenere il punto della nostra volontà di fare la rivoluzione possibile. Non per una riedizione del riformismo marginale stiamo combattendo, ma per cambiare tutto.
Tutto questo, in queste ore, va preparato in silenzio, con accordi schermati, con percorsi non ricostruibili, con candidati protetti dalla discrezione, in modo da combattere solo quando inizia la battaglia e non segnalare il nostro reale posizionamento all’artiglieria avversaria.
Buon Natale, intrepidi.

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