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81 giorni di silenzio. Il punto di vista dei pastori. Perché leggiamo e non ci piace un mondo ridotto a furbizia

Posted on 11 Maggio 201911 Maggio 2019 By Paolo Maninchedda

Il punto di vista è tutto. Vale nella regìa, vale nella scrittura e vale nella lettura. Oggi i pastori annunciano nuove proteste perché si sentono presi in giro. Tuttavia, furono loro a guardare verso se stessi e verso i propri interessi col punto di vista di quelli che sembravano i vincitori annunciati, cioè la Lega. E lo fecero per sentirsi essi stessi vincitori, con un’ingenuità disarmante. Furono loro a scegliere di credere a bugie elettorali clamorose. Ma i quotidiani, oggi, ieri e avantieri, si guardano bene dal ricordare il clima e le scelte di allora. Tutto ricomincia, tutto si scorda. Lo diceva Hitler, lo praticano in molti: la massa non sa molto e dimentica molto in fretta. E d’altra parte, giocare “a dire balle” è uno sport italiano. Pensate che un collega mi ha detto che esiste un’università in Italia dove ci si laurea con due tesi: una depositata secondo la procedura informatica (che è quella ufficiale, potremmo dire ‘stabile’, non perché non sostituibile ma perché la modifica lascia comunque tracce informatiche ricostruibili) l’altra cartacea, distribuita alla commissione di laurea. Una vince, l’altra perde. Quale delle due? Ah, saperlo!
Ma, d’altra parte, perché essere accurati per la verità se nessuno legge più niente. Qual è il valore della lettura? Rinuncio a spiegarlo a parole e rinvio a questo cortometraggio che è un capolavoro. Leggere vuol dire impedire che il mondo sia dei furbi.
Ieri il Tg2 ha mandato in onda un editoriale sull’esclusione dal Salone del Libro della casa editrice legata a Casapound e ha ricordato che invece, nelle edizioni passate, la stessa manifestazione ha ospitato Curcio e la Faranda. Sta accadendo ciò che solo i ciechi non vedono: la Destra e la Sinistra italiana si legittimano e delegittimano reciprocamente, preparano lo scontro, reclutano i giovani, fanno apparire quelli dotati di spirito critico non come intelligenti ma come moderati da eliminare. Il primo articolo che diceva che Moro doveva morire è del 1967, lo scrisse Mino Pecorelli. Bisogna leggere per capire ed essere pronti a vivere e morire per la verità che si capisce.
Oggi è l’81esimo giorno in cui La Nuova Sardegna tace sul silenzio calato sulle modalità di conseguimento della laurea da parte del Presidente della Sardegna.
Questa abitudine alle cortine fumogene è tutta italiana, sia chiaro. Pensate che nessuno ha dato spazio adeguato all’inchiesta di Report sul caso Montante, in Sicilia, laddove la Tv di Stato ha denunciato chiaramente che sotto sotto c’era la trafugazione e la divulgazione delle intercettazioni tra Napolitano e Mancino, intercettazioni secretate e poi ufficialmente distrutte per una sentenza della Corte Costituzionale. Noi, poveri mortali, di Napolitano sappiamo veramente poco. Per esempio, sappiamo di sfuggita il suo ruolo nel via libera Nato all’attacco francese alla Libia che ha avuto le conseguenze che conosciamo; e non sapremo mai che cosa si dicevano lui e Mancino. Quanti sanno che ancora oggi, a distanza di più di quarant’anni dal delitto Moro, ci sono state sedute secretate della 2 Commissione d’inchiesta sulla strage di via Fani? Nessuno. L’Italia è il Paese della cenere sotto il tappeto, mai dimenticarlo.

 

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Agricoltura, Informazione, Politica

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