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Stare fermi per creare un nuovo movimento

Posted on 27 Febbraio 201818 Marzo 2018 By Paolo Maninchedda

È iniziata. Nell’ultima settimana della campagna elettorale ecco venir fuori la solita pedagogia della paura.
Adesso si dice agli italiani: «Chi non va a votare è colpevole».
Lo hanno sempre detto anche tutti i regimi totalitari per un chiaro motivo, che è poi lo stesso per cui adesso si teme che la gente onesta e razionale non vada a votare. Si aveva paura, nelle dittature fasciste e comuniste, che l’astensione del popolo certificasse il fallimento degli stati e dei sistemi politici. Si aveva paura in quei sistemi come oggi in Italia che la gente non accettasse di entrare in campo anche quando l’arbitro aveva alterato le regole del gioco.
Si aveva paura e si ha paura delle urne vuote o semivuote.
Si aveva paura del silenzio civile del popolo, di un “No” detto con garbo, con una rinuncia.
Dovevano essere le elezioni italiane del ritorno della scelta dei candidati da parte dei cittadini ed è risultato subito chiaro che erano rimaste le elezioni di prima, con i nominati da ratificare.
Dovevano essere le elezioni della governabilità ed è risultato subito chiaro che la legge elettorale era stata studiata per non far determinare il governo dalla scelta popolare.
Dovevano essere le elezioni del primato della politica sulla burocrazia, sulla magistratura e sul potere finanziario e sono diventate le elezioni della inconcludenza politica, dell’assenza dei programmi o dei programmi bislacchi, dei governi deboli.
Sono le elezioni che più sfacciatamente di altre prescindono totalmente dai problemi della Sardegna.
Secondo voi la questione nazionale sarda si rende più visibile non votando o rivolgendosi col solito cerimoniale e con le solite parole al Presidente della Repubblica italiana?
Di che cosa si dovrebbe aver paura non votando piuttosto che votando? Non fa più paura votare verso chi mostra ostentatamente disinteresse verso tutte le questioni strategiche sarde? Perché votare chi è disinteressato se non per attirare in modo subordianto l’attenzione altrui, quasi chiedendo la grazia di un riconoscimento storico?
Di che cosa dovrebbe avere paura chi sta dritto a braccia conserte e dice un “No” civile e fermo? Non dovremmo avere più paura di chi dice comunque un sì anche se viene ridancianamente ignorato? Si crede ancora che la Sardegna sarà salvata da novelli Cocco Ortu, Segni e Cossiga? Ancora speriamo che il divenire di alcuni sardi uomini importanti in Italia porti vantaggi a tutti i Sardi? Come si fa a non capire che il patronage, l’iscriversi alla lunga scia degli amici degli amici, non porta vantaggi stabili, strutturali, ereditabili se non definitivi, a tutti i Sardi?
Stiamo dritti, stiamo fermi, stiamo serenamente sicuri che dire No quando è necessario dirlo è sempre meglio che dire Sì turandosi il naso. Spesso un solo uomo che è stato fermo ha messo in moto una storia immobile e stantìa.

Elezioni, Politica

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