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Quei maledetti 300 metri e il ciclopismo di Cellino

Posted on 2 Luglio 20202 Luglio 2020 By Paolo Maninchedda 2 commenti su Quei maledetti 300 metri e il ciclopismo di Cellino

Ancora? Verrebbe da dire.
Il Consiglio regionale vuole tornare sulla questione dei trecento metri costieri.
O meglio, non il Consiglio regionale, la maggioranza del Consiglio regionale, che ha trovato menti ritenute raffinatissime per scrivere una norma-sfondamento di un certo pregio furbesco.

Si discetta nelle pieghe dell’art.143 del Codice Urbani, per affermare che ciò che lì non è previsto come copianificato sia pianificabile dalla sola Regione.

La verità è che quei maledetti trecento metri sono l’oggetto del desiderio di troppi e che molti consiglieri regionali sono a loro volta l’oggetto del desiderio posttransgender di tanti.

Personalemnte sono stato e resto per la totale inedificabilità di quella fascia, senza intese, senza corsie preferenziali, senza nulla. Stop e basta. Posizione ultraminoritaria in Sardegna ma che, se solo capìta, svelerebbe la sua semplice bellezza. Per capirla, però, non bisogna frequentare il Forte Village o Punta Cardinalino (se mi ricordo com’era, mi commuovo). Bisogna non essere deboli verso le vacanze free, verso il gratuito politico, bisogna non sentirsi sedotti dalle grandi barche, dai vermentini, dal perlage, dal sentirsi parte dei potenti raffinati (che comunque, anche loro, raffinatamente, vanno in bagno e dunque vengono ricondotti dalla natura a una più adeguata considerazione di sé), dagli scoperti bancari facili ed eternamente rinegoziati, dalle relazioni importanti. Bisogna sapere rinunciare a Satana, che se non esiste, bisogna dire che comunque è un’ottima invenzione per rappresentare il peggio dell’uomo.

Si dice che il problema sia la Sassari-Alghero, ma è una balla. La Sassari-Alghero è un problema di potere e di impuntamenti: il MIBAC ha forzato l’interpretazione delle norme perché è contrario per principio alle 4 corsie, perché la Sardegna è di chi ci va in vacanza (giornalisti della forca pubblica, composti e pretendenti intellettuali zen, asceti estivi temporanei ecc. ecc.) e non di chi ci abita e vorrebbe banalmente concludere le strade iniziate e andare in aeroporto senza doversi guardare da un centinaio di incroci a raso.
In un Paese normale il Consiglio dei Ministri non si sarebbe fatto governare da un ministero indispettito. Ebbi modo di assistere a una conferenza di servizi nella quale il MIBAC balbettò di fronte alle obiezioni del Ministero dei Lavori Pubblici e della Regione, ma poi fece spallucce perché aveva il potere di farle. Questa è l’Italia.

In verità, per occuparsi di urbanistica, si dovrebbe possedere un prerequisito: non possedere nulla che aumenti o diminuisca di valore in ragione delle decisioni che si dovranno assumere (lo so che fa male sentirselo dire, ma questo piccolo dettaglio rivela l’ipocrisia più profonda della mitologia paesaggistica rosso-capitalistica-sarda), essere monitorati nei redditi e nelle ricchezze prima e dopo il mandato parlamentare per almeno cinque anni, essere certificati come frugali e non avidi.

Ma queste sono sottigliezze in Sardegna. In Sardegna c’è abuso e abuso a seconda della simpatia o antipatia di chi lo compie.
Oggi, per esempio, si dice in sentenza che Cellino ha compiuto a Quartu “abusi ciclopici”.
Ma dove?
Dove sono gli abusi ciclopici?
Io ho abitato vicino al luogo di edificazione del campo del Cagliari a Quartu. Non vi erano prima gli abusi ciclopici e non ve n’è traccia oggi. Di ciclopico vi è solo l’utilizzo improprio del termine da parte di una magistratura impegnata a épater le burgeois; l’utilizzo di un termine omerico che funge da grande mutandone necessario a coprire e giustificare i giorni di galera trascorsi in carcere a Buoncammino da Cellino perché stava antipatico a molti e perché si doveva dare un segnale (i segnali della magistratura sono indelebili come i tatuaggi).

Viceversa, Cellino non ha mai ricevuto dalla Regione i contributi, questi sì ciclopici, che oggi riceve il Cagliari Calcio.

Viceversa vi sono edifici a poche decine di metri da antiche sepolture, queste sì ciclopiche, vi sono edifici brutti come la morte edificati dove prima vi erano solo giunchi e rovine medievali, ma questi ciclopici parallelopipedi non sono abusi ciclopici, no, questi sono opere d’arte di compagni ammirevoli.

Antiemetici. Serve una massiva distribuzione di antiemetici.

Politica, Urbanistica

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Comments (2) on “Quei maledetti 300 metri e il ciclopismo di Cellino”

  1. Franco Sardi ha detto:
    2 Luglio 2020 alle 19:01

    Sono d’accordo su tutto SU TUTTO!

  2. Maria ha detto:
    2 Luglio 2020 alle 10:40

    Sono d’accordo per quanto riguarda la salvaguardia del paesaggio, una saggia convivenza con la natura, cioè spiagge, alberi, rocce, animali. Sono d’accordo. Ma se cerchi di opporti alle ragioni personalistiche e ‘politiche’ di chi sta al potere sei perdente in principio.
    Eppure è coraggio anche questo: sollevare la voce. Non dovresti esser lasciato solo.

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