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La tentazione nazionalista della Sinistra

Posted on 25 Settembre 201927 Settembre 2019 By Paolo Maninchedda

La Sinistra italiana sta confermando, in questi giorni, uno dei suoi più opachi punti di contatto con la Destra: nascondere i vuoti di pensiero col trionfalismo e la propaganda. Il governo Conte non fa eccezione e anzi brilla di trovate, annunci, incontri.

Quali sono i contenuti caratterizzanti della Sinistra oggi?
La Presidenza del Consiglio di Massimo D’Alema e la Presidenza della Repubblica di Napolitano hanno definitivamente dato alla Sinistra di Governo italiana un imprinting nazionalista. Non a caso si cerca di spingere Salvini verso l’estrema Destra e lo si taccia fascismo; lo si fa per lasciare intonso il terreno di caccia della “Nazione”. Per un lungo periodo “Prima gli italiani”, è stato un luogo di contesa, non di contrasto, tra la Destra e la Sinistra.
La Sinistra italiana, con tutti i diversi nomi assunti, si propone ormai da decenni come autentica interprete degli interessi nazionali italiani, minacciati prima dagli interessi privati di Berlusconi poi dalla scalata al potere della Lega.

Come mai essa è giunta ad essere il Partito dello Stato?
In primo luogo, come dicevo, per difetto di pensiero.
Oggi essa non dispone di un pensiero sul mondo globalizzato, sull’emergenza ambientale, sulla crisi educativa. O meglio, ufficialmente rifiuta le elaborazioni disponibili sia quelle estreme di Toni Negri che quelle molto ragionevoli di Massimo Cacciari. Le sue posizioni sono sempre mediane tra gli estremi, sono intimamente centriste, sono animate dallo spirito del possibile e mai da quello del giusto.

Per una Sinistra così intesa, prima c’è lo Stato, cioè la struttura del potere; poi c’è la società, intesa come luogo dell’instabilità che richiede bastone e carota; infine c’è l’individuo, la sua libertà, la sua immaginazione, il suo desiderio mai soddisfatto di felicità, come pure la sua ignoranza, la sua invidia. L’individuo, per chi la pensa così, è il difetto della società.

Questa Sinistra, non chiedendosi più che cosa sia giusto fare, ma solo che cosa sia possibile, è percepita come tendenzialmente conservatrice.
Mi spiego.
Se la politica è davvero l’arte del possibile, il riformismo si differenzia dal pragmatismo per la sua tensione verso ciò che si intuisce come giusto ma che ancora si vede non realizzato.
I pragmatici non hanno immaginazione, sono uomini di mano e di gestione, non di pensiero e di azione.

La classe dirigente di questa Sinistra si prepara alla rappresentanza politica come un laureato in legge si prepara al concorso per diventare prima funzionario di Polizia e poi Prefetto. Frequentemente nei deputati, nei senatori e nei consiglieri regionali si registra una loro rapida evoluzione da rappresentanti della società a interpreti dello Stato. È la celebre tentazione prefettizia, che comprende la pretesa di ‘impiegarsi’ in politica come i Prefetti sono impiegati dello Stato. Ovviamente vi sono eccezioni, che come tali sono tollerate e esibite.

Ma tutto questo ha un riverbero sardo estremamente doloroso e dannoso.
La recente evoluzione della sinistra sarda è di piena identificazione con la sinistra di governo italiana. Quindi, anche per i Sardi, prima c’è l’Italia.
Decenni di pensiero autonomista erano giunti, prima della Giunta Soru, o a evolversi in una proposta più avanzata dell’autonomismo o a dissolversi come vacuo esercizio della differenziazione folkloristica all’interno dello schema preordinato della Guerra Fredda.  Ieri si era a un passo dall’affermare che la Sardegna è una Nazione, oggi si dice che prima c’è l’Italia.
La vogliamo chiamare la tentazione prefettizia e impiegatizia della sinistra sarda? Chiamamola così. Esiste. È vera. E fa terribilmente male alla storia.

Nazionalismo, Politica

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