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Inchiesta Ippocrate: la stampa e l’induzione implicita al patteggiamento

Posted on 23 Dicembre 20205 Gennaio 2021 By Paolo Maninchedda 8 commenti su Inchiesta Ippocrate: la stampa e l’induzione implicita al patteggiamento

Oggi i giornali sardi scrivono una delle loro pagine più ignobili. La notizia vera è banale: il Gup di Oristano ha fissato l’udienza per il rinvio a giudizio. Questa è la notizia, perché che una Procura che ha arrestato più persone chieda il rinvio a giudizio è un fatto a dir poco banale.

Cosa fanno i due giornali sardi, con un certo gusto di rifarsi su persone per bene pensando di fare del male a me: L’Unione fa un richiamo addirittura in prima (per la fissazione dell’udienza, incredibile, ma vero), La Nuova il paginone di Oristano.

Ovviamente l’occasione è ghiotta per ripetere le accuse dell’Accusa, senza aver letto una, dico solo una delle carte dell’inchiesta ormai pubblica, dentro la quale vi sono cose incredibili, ma non utili alla macelleria sociale. e dunque titoli e fotografie, di nuovo. Nuovo processo in piazza, nuova corsa.

Cosa ottiene questo grado di pressione mediatica sulle persone normali? La voglia rapida di uscire dal tritacarne e, guarda un po’, questo è proprio il momento giusto, si può chiedere di abbreviare il processo in mille modi, magari patteggiando.

Questo è il clima in cui viene amministrata la Giustizia in Sardegna: il gigantismo dell’accusa, le conferenze stampa a strascico, la prossimità all’accusa della stampa che non legge se non addirittura si rifiuta di leggere la carte processuali se non sotto dettautra dell’accusa, che non dà adeguato risalto alle sentenze già emesse che hanno sconfessato uno dei pilastri dell’accusa, cioè la pretesa che i lavoratori interinali venissero assunti secondo le procedure del reclutamento del personale nella pubblica amministrazione (su questa bestialità censurata dalla Cassazione, tutto tace, neanche una prima pagina, solo francobolli e in un caso anche rettifiche guidate) e dunque una pressione psicologica sugli imputati e sulle loro famiglie insostenibile. Quale clima migliore per indurre a rinunciare al processo, patteggiare e farla finita?

Così si è costretti a vivere in Italia: tra prepotenti e lecchini di Stato, con fatti mistificati sui si dice, con encomi per inchieste fatte con i piedi, con giornalisti pronti alla narrativa della forca. Se a voi sta bene, a me no.

Giustizia, Politica

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Comments (8) on “Inchiesta Ippocrate: la stampa e l’induzione implicita al patteggiamento”

  1. Alfio Uda ha detto:
    24 Dicembre 2020 alle 19:15

    Caro Stefano lei forse non ha idea di quanto siano i costi della giustizia: avvocati, periti, bolli…
    Molta gente preferisce chiudere rapidamente anziché infilarsi in un tunnel praticamente senza fondo. Le auguro di non averci mai a che fare.

  2. a ha detto:
    24 Dicembre 2020 alle 08:27

    quindi, Stefano, quando uno ammette una colpa sotto tortura (perchè essere privati della libertà e della possibilità di comunicare per mesi è una tortura, non ci vuole molta fantasia ad immaginarlo) è di per se colpevole, giusto?
    finire sotto le grinfie della giustizia (così come della gdf) significa dover cercare di trovare la via più breve per uscirne a qualunque costo, pur sapendo di non aver colpe, per evitare disastri familiari, sociali ed economici che nessuno rifonderà mai anche in caso di comprovata innocenza
    se non ci fossero innumerevoli esempi e le relative cronache a testimoniarlo potrei anche capire la Sua superficiale semplificazione
    e comunque Le auguro di non dover mai sperimentare grinfie di alcun genere

  3. Paolo Maninchedda ha detto:
    23 Dicembre 2020 alle 15:36

    Stefano, quindi Lei è sicuro che tutti quelli che hanno patteggiato hanno ammesso una colpa? NO, hanno solo colto un aspetto del processo, esattamente il fattore soggettivo che porta spesso i giudici a tutelare più l’accusa che la verità. Molti patteggiamenti nascono solo dalla sfiducia nella giustizia.

  4. Stefano ha detto:
    23 Dicembre 2020 alle 13:56

    Se patteggiano, vuoi dire che qualcosa di concreto c’è. Se resistono sino in fondo, vul dire che sono sicuri che non hanno colpe. Credere nella giustizia vuol dir questo. Non parole e sermoni. Fatti e prove. Questo vuol dire vivere non uno stato di diritto. Un giudice indipendente che è lì per giudicare e decidere. Non a corrente alternata. Buona giornata.

  5. angelo ha detto:
    23 Dicembre 2020 alle 12:48

    un giornalismo del copia ed incolla senza un minimo di analisi e di inchiesta. Come in tutta l’attività politica solo annnci salvo non si tratti di interessi dei proprietari dei giornali . Siamo in pochi ma continuiamao queste battaglie di civiltà

  6. a ha detto:
    23 Dicembre 2020 alle 12:30

    bisogna avere comprensione per i giornali, le vendite crollano…
    quindi, come da tradizione giornalistica, sbatti il mostro in prima pagina
    chi se ne fotte delle persone e della loro sensibilità, della loro vita
    analizzare le carte, spulciare verbali, verificare ipotesi…
    chi se ne fotte
    lo hanno già fatto gli inquirenti per loro, per noi, per i giornali, per i cronisti d’inchiesta
    pappa pronta e 27 garantito, fino a che dura

  7. Renato Orrù ha detto:
    23 Dicembre 2020 alle 09:44

    No, che non ci sta bene … a prescindere dal caso in esame. Un Paese con la Giustizia Malata non è un Paese Normale …e neanche libero. Figuriamoci se ha anche i media malati …

  8. Alfio Uda ha detto:
    23 Dicembre 2020 alle 08:42

    Spero che nessuno impostato spento dallo scoramento e dalla stanchezza rinunci ad avere piena giustizia nel corso del processo.
    Forza e coraggio!

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