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I governi e la realtà

Posted on 3 Marzo 20143 Marzo 2014 By Paolo Maninchedda 2 commenti su I governi e la realtà

convergentedi Paolo Maninchedda
C’è una cultura di governo astratta e una cultura di governo efficace.
La prima è la cultura dei consulenti, cioè di quelle persone che per mestiere si specializzano nella descrizione dei processi e nell’indicazione delle soluzioni in astratto praticabili e auspicabili.
Le nostre scuole e le nostre università insegnano questa cultura. Nelle facoltà umanistiche, gli studi storici sono frequentemente viziati da quell’abuso di ragione che porta gli storici a fare i profeti del passato, cioè a rappresentare la realtà come se nel momento in cui i fatti sono avvenuti, fosse realmente possibile prevederne l’evoluzione. Così pure, gli studi di diritto pubblico vengono sviluppati in una sorta di camera sterile rispetto al conflitto politico e ciò porta il giurista a considerare il diritto come una scienza autonoma che, purtroppo, ogni tanto insidiata dal conflitto degli interessi.
Tuttavia, e non lo affermo perché sono un professore, non può esistere una politica di governo efficace se non si possiede una solida base di cultura di governo astratta. Non si governa la realtà senza modelli interpretativi strutturati e duttili. Il miglior decisore deve essere un tipo ‘convergente’: uno che passa dalla concettualizzazione astratta alla sperimentazione attiva.
La cultura di governo efficace, dunque, è la cultura di chi, possedendo i fondamentali per capire la realtà, è capace di adeguare la migliore strategia decisoria rispetto all’evoluzione continua dei problemi.
Il consulente è uno specialista della descrizione; il governante dovrebbe essere uno specialista della decisione consapevole.
Mentre la qualità dei consulenti è verificata da una griglia di selezioni (concorsi) che più o meno riescono comunque a evidenziare le differenze di qualità,  la selezione dei governanti (i decisori) è affidata ai partiti e alle elezioni. I migliori decisori sono quelli che uniscono competenza e rappresentanza.
Se io fossi stato Renzi, sarei partito dai problemi per arrivare ai migliori decisori, circondandomi dei migliori consulenti.
Faccio un esempio.
La Banca Mondiale (un organo di cui personalmente non ho alcuna stima, ma che è lì a decidere per noi) ha elaborato la classifica “Doing Business 2014” nella quale calcola la facilità del fare impresa nei diversi paesi del mondo. Il paese europeo dove è più facile fare impresa è la Danimarca: 6 giorni per aprire l’impresa. È il quinto al mondo (al primo posto c’è Singapore, seguita da Hong Kong, Nuova Zelanda e Stati Uniti). L’Italia è al 65esimo posto, dopo l’Armenia, la Colombia, il Ruanda, la Tunisia e tanti altri. Che cosa avrebbe dovuto fare Renzi?
Prima di tutto avrebbe dovuto individuare l’obiettivo e poi scegliere il migliore decisore disponibile per semplificare la burocrazia italiana. Ora, la burocrazia italiana è complicata perché è complicato il sistema giudiziario italiano. Se per ogni starnuto si apre un’indagine, è evidente che non si troverà mai un funzionario che starnutisca con velocità. Per cui, il migliore decisore possibile, doveva avere la forza, l’autorevolezza e il mandato di riformare Amministrazione e Giustizia quasi contemporaneamente. Guardate, invece, Renzi che scelte ha fatto rispetto a questi temi,.
Perché sbagliano i Presidenti del Consiglio quando fanno i governi? Perché partono da sé e dal proprio circuito e non dalla realtà. Ha scritto recentemente Zingales: “Il grande rischio che corre Renzi è quello di pensare di essere in grado di fare meglio di chi lo ha preceduto semplicemente perché lui è diverso (più bravo, più onesto, più giovane, più…). È l’illusione in cui cadono tutti: che sia principalmente un problema che affligge gli altri, non un problema di metodo, che affligge tutti fintantoché il metodo non cambia”. Il problema è, però, che un metodo infallibile per fare un buon governo non c’è; c’è solo la possibilità di fare meno errori degli altri perché si riesce a osservare la realtà con meno pregiudizi, con più realismo, per risolvere problemi piuttosto che per rappresentare modelli. Ma l’Italia, purtroppo, non ha questi presupposti educativi.

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Comments (2) on “I governi e la realtà”

  1. Giovanni Piras ha detto:
    4 Marzo 2014 alle 09:48

    A bidere isto, ma sa die vona si videte dae su manzanu

  2. Marras Raimondo ha detto:
    3 Marzo 2014 alle 11:17

    Ottima osservazione. Bisogna cercare di sbagliare meno degli altri? Renzi prima da del delinquente a Berlusconi poi nel suo governo fa entrare gli indagati! Lui ha fatto il contrario, sta sbagliando di più già in partenza. Figuriamoci cosa dovremo aspettarci all arrivo, sempre che ci arrivi!!!!!!

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