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Cosa resterà della Saras?

Posted on 23 Febbraio 201423 Febbraio 2014 By Paolo Maninchedda 4 commenti su Cosa resterà della Saras?

morattiSpesso, troppo spesso, per capire che cosa succederà in Sardegna nei mesi a venire, bisogna leggere gli organi di informazione non sardi. Oggi, mentre i quotidiani sardi si arrampicano sulle indiscrezioni di Giunta fondate sul niente, il Sole 24 ore (sempre lui) richiama in prima pagina un articolo pubblicato a pagina 25 (quindi il richiamo in prima ha un ‘certo’ significato).
Che dice il Sole 24 ore?
1) mentre il titolo Saras in borsa guadagna il 35% dall’inizio dell’anno, la Saras ha chiuso i bilanci dal 2009 a oggi con una perdita secca di 150 milioni di euro ( 84 dei quali solo nel nel 2013!). Ne consegue che il titolo si sta apprezzando non sulle performance dell’impianto di Sarroch, ma sulle prospettive di acquisto delle azioni (se io so che un socio sta per acquistare il controllo della società e che quella società varrà di più, almeno in un breve periodo, allora compro il titolo nella speranza di rivenderlo a un prezzo più alto. L’aumento della domanda fa salire il valore delle azioni);
2) tutti i movimenti dei due fratelli Moratti vanno nella direzione della vendita, nelle migliori condizioni possibili, della Saras ai Russi di Rosneft, la società leader nel mondo per la produzione di petrolio (4,87 milioni di barili nel 2013, qualche decimale in più del gigante americano Exxon). La Rosneft è dello Stato Russo, è nata dalle ceneri della Yukos ( il cui ex proprietario Khodorkovsky è stato prima messo in galera da Putin e solo recentemente graziato) ed è guidata da un fedelissimo di Putin: Igor Sechin;
3) la Saras è il contribuente privato principale della Regione Sardegna. Se dovesse chiudere dall’oggi al domani, verrebbero a mancare circa 600 milioni di euro di vecchia tassa di fabbricazione (gli specialisti si astengano dal fare precisazioni sul fatto che oggi questo tipo di tassa è una sorta di accisa);
4) il piccolo market sardo sta diventando il luogo per la spesa di quelli del Qatar (che non tarderanno a comprarsi una squadra di calcio e un giornale) e dei russi (che non mancheranno di essere generosi per comprare il silenzio dei ‘nativi’).
Nel frattempo, i giornali sardi fanno cronaca politica allo stesso modo in cui si fa la cronaca delle corna del paese dal barbiere.

Politica

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Comments (4) on “Cosa resterà della Saras?”

  1. mmc ha detto:
    25 Febbraio 2014 alle 09:21

    Saras (o, meglio, Sarlux) sta acquistando greggio di bassa qualità ad un prezzo competitivo in quanto gli impianti hanno subìto recentemente un revamping tale da permettere di produrre ugualmente degli ottimi carburanti.
    Ma non può durare.
    Le intenzioni di Rosneft sono quelle di utilizzare gli impianti Saras come hub di stoccaggio e smistamento di carburanti provenienti da impianti siti in nord Africa e Levante Mediterraneo.
    In poche parole, nel giro di 3 anni resteranno in esercizio solo la logistica ed i presìdi ambientali.
    Rammento che i dispositivi autorizzativi e prescrizioni legali ambientali sono in capo al Min. Ambiente e pertanto la RAS, con ARPAS, non può incidere e tantomeno attuare una seria programmazione di monitoraggio.

  2. Antonello Loriga ha detto:
    23 Febbraio 2014 alle 11:14

    “Nel frattempo, i giornali sardi fanno cronaca politica allo stesso modo in cui si fa la cronaca delle corna di paese dal barbiere.”
    E la politica?
    Alcuni politici sono preoccupati di essere stati “trombati?” da una legge elettorale che loro stessi hanno almeno votato e forse anche contribuito a redigere.
    In Gallura protestano perché se Zanchetta e Matteo Sanna resteranno fuori dal Consiglio Regionale chissà quali drammi ci capitaranno.
    Caro Paolo ti auguro di avere un assessorato che possa permetterti di portare dentro la classe dirigente di tutta la politica sarda quella reale consapevolezza che faccia “decidere di compiere un salto di scala, che consenta di adottare pertinenti criteri di rilevanza, utilizzando cornici mentali in grado di inquadrare nuove latitudini di pensiero e di eticità. Ma significa anche deterritorializzarsi, dislocarsi, abbandonare gradualmente una cultura incentrata sul l’idea di confini identitari rigidi, di proprietà intoccabili, di bastioni di difesa accerchiati. Ora che, nei paesi occidentali, la pressione diretta e convergente delle tradizionali agenzie di individuazione è diventata meno invasiva, si è maggiormente interiorizzata o ha assunto un aspetto diverso, cambia anche la “nicchia” che rendeva possibile la vita delle identità precedenti e muta, di conseguenza, il tono ed il significato delle domande che dobbiamo rivolgerci e che,
    per inerzia, continuiamo a formulare nella stessa maniera.”(Remo Bodei – Destini personali – esercizi di perplessità ).
    Buona fortuna e che Dio ci benedica

  3. fc ha detto:
    23 Febbraio 2014 alle 09:31

    Ischidamos su sonnu?!

  4. fc ha detto:
    23 Febbraio 2014 alle 09:30

    Oltre alle conseguenze economiche che ne derivano meglio non pensare anche a quelle ambientali…..

Comments are closed.

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