La contingenza pandemica, che ha monopolizzato giustamente, forse troppo, i media, si è concentrata quasi esclusivamente su questi due aspetti: a) le iniziative economiche a sostegno della crisi economica conseguente alla pandemia e la situazione finanziaria delle borse; b) il bollettino dei caduti e contagiati e le misure di ordine pubblico.
Oggi ci dedichiamo al primo aspetto.
Osservo che seppur timidamente e con alcune lacune, il governo nazionale italiano (manovra finanziaria da 25 M€) e la politica comunitaria (incremento del “quantitative easing” sino a 750 Miliardi di € e sospensione del “patto di stabilità”), per stare in Europa, hanno iniziato a proporre e deliberare misure ed iniziative economiche “a sostegno” delle attività produttive e dei redditi per fronteggiare fabbisogni contingenti e conseguenti a questo “fermo biologico” che sta interessando, e continuerà a farlo, l’Italia e il resto delle nazioni del continente.
Dico “con alcune lacune” e “timidamente” perché:
1) non appaiono sufficenti (per quantità e qualità delle misure) rapportate alla gravità del momento, viste anche le iniziative in corso o prospettate nel resto delle nazioni europee; spero che dall’imminente confronto con le opposizioni scaturiranno altre idee e iniziative che potrebbero determinare, penso a breve, una prossima ulteriore manovra (anch’essa in deficit, oggi maggiormente consentito);
2) non sono coraggiose perché non ricomprendono strumenti innovativi come richiederebbe una politica economica aggressiva nei modi ma sopratutto sui tempi di ricaduta.
Un esempio? Perchè non prendere in considerazione una “elicopter money”, di cui si parla nel contesto anglossassone e americano, ovvero mettere subito nelle tasche degli italiani, direttamente, 2000 €, limitatamente ai redditi inferiori a un determinato tot all’interno di un prefissato impegno finanziario complessivo. Qualcuno ha stimato in 160 Miliardi di € il costo della copertura globale in Italia.
Oggi, come si sa, in Italia esiste una forte presenza di “riparmio privato” a cui concorrono, evidentemente, in termini diversi, le diverse fasce di reddito. Penso che l’Agenzia dell’Entrate e il ministero competente abbiano tutte le informazioni per ipotizzare il limite di reddito utile, e il conseguente impegno finanziario, su cui intervenire. Salvo non poter andare ad incidere sugli accantonamenti riguardanti analoghe iniziative, già presenti, in termini sostitutivi (quali il bonus renziano o il reddito di cittadinanza) cose per le quali, pero’, il “coraggio politico” non penso si possa intravvedere, neanche con un buon binocolo. Questo a livello nazionale, mentre a livello regionale si puo’ ritenere che l’utilizzo di 60 M € destinati alle politiche di contrasto al Coronavirs, presenti nella statica finanziaria 2020 (da 9000 mdi € circa) recentemente varata dal Consiglio regionale sia una iniziativa adeguata “alla bisogna”?
Sardegna Ancora una volta assistiamo ad un preoccupante “letargo” del mondo politico della Regione Sardegna (maggioranza ed opposizione) di fronte all’incalzare degli avvenimenti sanitari e di politica economica europea che mutano le prospettive di vita di ciascuna persona di questa comunita’ territoriale ed economica.
Occorre chiedersi, nell’ipotesi pressoché certa, che l’evoluzione della pandemia e delle misure restrittive, comportino anche per la Regione Sardegna una “mazzata” sul fragilissimo tessuto economico della regione (ben superiore a quella che colpirà regioni più attrezzate ad una ripresa produttiva a seguito della prossima, si spera, uscita dall’attuale emergenza e fermo produttivo) perchè non si debba mettere subito mano a specifiche iniziative politiche, amministrative e legislative, interessanti la Regione Sardegna, connesse alle sue peculiarità e ai limiti strutturali, e volte a consentirne la tempestiva ripresa e rilancio.
Si tratta di ipotizzare e prospettare al governo nazionale italiano le iniziative, di tipo strutturale, che possono interessare la Sardegna alla luce della nuove politiche europee (quali ad esempio lo sforamento del limite del patto di stabilità) e che potrebbero consentire, per fare un esempio, tra i tanti, la prospettazione di una attualizzazione ed irrobustimento delle iniziative del “Patto della Sardegna” (di renziana memoria e di labile applicazione).
Si potrebbe, inoltre, ipotizzare di varare subito un pacchetto di norme legislative “hard”, in parte finanziarie e in parte procedurali, specificamente volte a consentire, principalmente, uno snellimento e/o incentivo procedurale a sostegno di tutti i settori produttivi (agricoltura in primis), anche a termine, purché con applicazioni temporali immediate e senza la costituzione di ulteriori sovrastrutture, Comitati o uffici preposti (per cortesia).
Iniziativa di chi?
Ma che ognuno faccia responsabilmente (concetto desueto) la sua parte!
Se non lo fa il governo regionale, ci si aspetterebbe che si costituisca un “governo ombra”, politici di buona volonta’ in autoconvocazione che chiamino a raccolta le idee della “miglior società”, degli intellettuali , o di chiunque ha a cuore, sensatamente, il problema della sopravvivenza, in termini economici e quindi anche culturali ed identitari, della comunità sarda.
Senz’altro si può fare di più. Personalmente, mi pare che lo Stato ed anche le Regioni dovrebbero intervenire di più a sostegno dell’economia reale con iniezioni di finanziamenti che, però, siano mirati alla soluzione di problemi. I beni alimentari sono di prima necessità e da noi andrebbe incentivato il sistema del km zero. Poiché per il momento sono proibiti gli spostamenti, ma anche in seguito, a vantaggio di certe fasce di popolazione che non si possono in ogni caso spostare, perché non aiutare agricoltori e pastori a ‘movimentare’ loro stessi le loro merci? Perché non aiutarli a gestire anche l’e.commerce.
In Sardegna abbiamo anche altri settori, quali l’artigianato, che già si sta organizzando: per loro perché non pensare a grandi spazi espositivi, quando tutto questo sarà passato? Forme cooperativistiche vanno incoraggiate, benché i sardi non le amino tanto.
Nel futuro penso al turismo, per la ristorazione e gli alberghi già si è fatto molto, ma sino a che non si migliorerà il nostro sistema delle infrastrutture non vedo molte possibilità.
Mi chiedo se non dovremo pensare alla misura piccola per sopravvivere, prendendo noi l’iniziativa e non lasciandola a grandi imprese che ci snaturano, ci addomesticano, e riempiono i nostri spazi di non luoghi, simili a quelli che trovi ovunque nel mondo. Non i grandi guadagni, ma una ricchezza suddivisa.
Infine, le classi più disagiate devono essere aiutate, chi ha perso o perderà il lavoro. Molti riusciranno, anche in questa situazione, a superare questa, che è senz’altro un’annata cattiva per il mondo agro-pastorale, per i commercianti, per il settore alberghiero.
Mi ha colpito la reazione del Ghiro di Bonorva, che produce ora mascherine: possiamo fare tanto, con attenzione a ciò che già abbiamo, anche quando tutto sarà passato.