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Bisogna trasformare le zone industriali in Zone Economiche Speciali

Posted on 31 Ottobre 201431 Ottobre 2014 By Paolo Maninchedda 4 commenti su Bisogna trasformare le zone industriali in Zone Economiche Speciali

fiscodi Paolo Maninchedda
Ieri, una persona che stimo molto, mi ha sollecitato a riprendere la battaglia per il fisco giusto in Sardegna.
Non nascondo che l’uso strumentale che si fece alla fine della scorsa legislatura di questo tema, mi aveva disgustato.
Però ha ragione il mio amico: è una battaglia da riprendere.
Noi abbiamo grandi aree industriali ormai senza aziende. Che facciamo? Certo, possiamo e dobbiamo istituire le Zone Franche Doganali, perché l’iter è talmente maturo da essere marcio (e almeno quella di Cagliari sarebbe opportuno farla partire subito).
Possiamo anche pensare e realizzare in fretta delle Zone Economiche Speciali nelle aree industriali. Sono molto diffuse in Cina. L’Ue farà storie e vorrà vederci chiaro, ma non è assolutamente impossibile (anzi è facile) spiegare che esistono fattori specifici che ne sostengono l’istituzione, legati all’abuso di territorio da parte dell’Italia e all’insularità (trasporti, energia, servitù militari della Nato) e alla grave incidenza della crisi economica in atto. Se mandiamo a trattare gente esperta (che va pagata), la spuntiamo.
Un esempio è dato nell’Ue dalla Polonia, che aveva le Zone Economiche Speciali prima dell’adesione all’Unione e le ha difese in sede di trattato. Questo il link dell’ambasciata Polacca sul tema.
Come si può vedere gli attrattori sono:

– esenzione dalla tassa sul reddito;

– sgravi per le imposte sugli immobili;

– sgravi per le tasse sui mezzi di trasporto;

– sgravi per i dazi doganali;

– incentivi non fiscali per l’assunzione di nuovo personale;

– incentivi non fiscali relativi alle procedure di investimento.
Gli imprenditori devono fare investimenti sopra i 100.000 euro e garantire il lavoro per almeno 5 anni.
I costi di produzione sono bassi. Su questo punto occorre agire subito. Noi abbiamo un surplus di energia che costa moltissimo perché lo Stato ci carica sopra una marea di accise. Dobbiamo ottenere che se lo Stato non garantisce più l’essenzialità, cioè non paga più i costi di produzione dell’energia, deve consentire ai produttori sardi di dispacciarla in Sardegna con un accisa minima di transizione per il clienti pubblici e privati della Sardegna fino al riasetto industriale dell’Isola.
Proviamo a  riprenderci questi temi.

Politica

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Comments (4) on “Bisogna trasformare le zone industriali in Zone Economiche Speciali”

  1. Salvatore ha detto:
    3 Novembre 2014 alle 22:44

    Complimenti a Cosimo per la capacità di sintesi. Personalmente ho sempre creduto in questa seppur strumentalizzata “utopia”. Uso le virgolette paerchè ritengo che con una valida pianificazione territoriale non sarebbe necessario ricorrere nè a Salò, ne a Sodoma, ne tantomeno a Gomorra. I paradisi del vizio e le mafie trovano terreno fertile dove le persone comuni non sono in grado di autogestirsi. Credo che sia quello che accade in Sardegna, come del resto in tutta Italia. La corretta pianificazione esula da discorsi economici legati ad interessi personali. Più che di zone economiche o di zone franche, bisognerebbe iniziare a parlare di zone fertili, e come facevano gli egizi dopo le esondazioni del Nilo, iniziare a tracciare i confini secondo criteri geometrici ampiamente condivisi, piuttosto che fermarsi ancora una volta alla legge delle chiudende. Allora si che si potrebbe parlare davvero di Zone Industriali Economicamente vantaggiose

  2. Gianni Benevole ha detto:
    1 Novembre 2014 alle 12:00

    Condivisibile, ma eviterei il richiamo alla Cina che ha realizzato le cd. Zone Economiche Speciali per ghettizzare migliaia di operai, pagati dieci volte meno rispetto all’Italia, senza tutele, sfruttati per realizzare le commesse delle grosse aziende multinazionali a costi irrisori.
    Per creare nuova occupazione e opportunità è necessario giungere alla liberalizzazione della contrattazione di lavoro, alla semplificazione della normativa statale sul lavoro, alla riduzione della spesa pubblica per poter ridurre stabilmente la pressione fiscale. È questo l’unico vero problema di chi deve destinare il 65 % del proprio lavoro ad uno Stato che sperpera le risorse pubbliche e realizza 4 miliardi di euro di opere incompiute.

  3. Marcello Zaccheddu ha detto:
    31 Ottobre 2014 alle 22:05

    non mollare!!!!

  4. Cosimo ha detto:
    31 Ottobre 2014 alle 16:43

    QUALCHE MOTIVO IN PIÙ PER RAFFORZARE L’IDEA ANCHE PERCHÈ SE NON CI PROVIAMO. NESSUNO CI REGALERÀ NIENTE.
    Ugola d’oro Pavarotti patteggia con telecamere in diretta versando 25 miliardi. Le derapate al fisco 43 milioni di Valentino Rossi. Dolce&Gabbana hanno nascosto al fisco più di 259 milioni di euro… il nero è sempre così di moda. Solo l’ultimo dei tanti casi di evasione, canta Tiziano Ferro: “La differenza fra me e te”. Fondi neri Finmeccanica, tangenti su appalto SISTRI (sistema tracciabilità rifiuti creato udite udite, con il segreto di stato) mai decollato, truffa da più di due miliardi di euro, a colpi di mazzette decollano invece droni e elicotteri…
    DAL VANGELO SECONDO MATTEO
    Che dire di Marchionne (nato a Sodoma: abbandona la nazione alla faccia degli aiuti di stato (quindi soldi nostri) il lingotto trasferito negli USA mercato dei capitali per eccellenza, sede legale in Olanda, residenza a fini fiscali nel Regno Unito, perchè Londra, ha una tassazione vantaggiosa sui dividenti. Il presidente del consiglio ci dice che Marchionne è un esempio. Ci aggiungiamo in ordine di tempo il suo ultimo fan Bono Vox (grande cantante, per carità, ma guarda caso dal 2006 domiciliato con tutto il patrimonio degli U 2 nel paradiso fiscale delle Antille Olandesi.
    Ma basta parlare di cose che ci irritano stiamo tranquilli lo stato mamma veglierà su di noi Fra un po ci diranno che dudù ha trovato la fidanzata.
    Intanto, Mimì & Gogò, si apprestano ad aggiornare il nazzareno.Che tradotto vorrebbe dire: Bastone carota e cetriolini a bassa quota.

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