Il passare dei giorni sta diradando la cortina fumogena di incertezze che circonda la vicenda dell’indagine penale della Procura a carico della Todde.
A monte di tutte le indiscrezioni c’è una richiesta dei difensori della Todde alla Procura sullo stato dell’arte dei procedimenti eventualmente in corso a suo carico. Non ne conosco la forma.
A questa richiesta la Procura ha risposto, ma il mondo della Todde nega che ciò sia accaduto.
La risposta della Procura, comunque ci sarebbe e sarebbe quella che è stata spacciata, nel chiacchiericcio della cronaca giudiziaria, come avviso di garanzia.
Una cosa è certa: prima o poi la risposta della Procura all’istanza della Todde verrà conosciuta.
Qui si innesca la strategia comunicativa dei legali e dei consulenti della Todde.
Per loro è essenziale che qualsiasi notizia di natura penale sia annacquata dal deposito, che avverrà per legge entro la prossima settimana, del parere della Procura nel giudizio civile sul ricorso della Todde contro la decadenza. Il Fatto Quotidiano ha già pubblicato che il parere della Procura è contro la decadenza, come era largamente prevedibile. Quindi nei prossimi giorni, prima si avrà il battage dei sostenitori della Todde che diranno: “Anche la Procura è con noi”. Dopo, e solo dopo, si saprà cosa ha risposto la Procura all’istanza degli avvocati della Todde e quindi sino a che punto sono le indagini penali.
È tutto un gioco di apparenze, di finte e controfinte, che dovremo sopportare prima che la verità emerga.
@Maurizio
Vero che ognuno è libero di fare quello che vuole. Ma è anche vero che se uso minimo un milione di euro dati ai comuni, creo cattedre universitari e istituisco laboratori è altrattanto vero che si può criticare questa scelta
Effedi, c è un equivoco: lei si ostina a battere i tasti di un tema che esula dall’oggetto dell’articolo che è intitolato “”Todde: come stanno le cose”” . Tutto qui!
È andato fuori tema . NelLa locuzione “allungare il brodo..” intendevo riferirmi a una condotta che devia dall’argomento che il titolare della rubrica propone e dunque in sostanza “coprirlo” con temi estranei.
P.s. : lei ha iniziato con il criticare gli interventi in Sardo di Mario Pudhu per poi estendere la questione , nonostante fosse stato gentilmente invitato a un confronto de visu.
Mi rendo conto che allungando troppo il brodo lo si rende poco gustoso e per questa ragione provo a mettere fine a questa discussione facendo alcune considerazioni di chiusura.
La mia ferma convinzione è che la valorizzazione dei dialetti sardi non è stato altro che uno enorme spreco di pubblico denaro, a cominciare dalla cartellonistica stradale.
Un comune sardo (non diciamo il nome per carità di patria), nel pubblicizzare l’introduzione del sardo “A IN ANTIS IN SARDU!” (in antis?) dice che “in prus est prevìdida peri unu laboratòriu didàticu in sardu pro sos pipios de s’iscola de s’infàntzia chi ant a ammaniare paris cun sos espertos una rapresentatzione teatrale dedicada a personàgios de cabbale de su logu”. Est previdida unu laboratoriu didaticu? Questi cultori del sardo non hanno la minima idea di che cosa sia la concordanza.
Forse non sarebbe un male se le regioni italiane diventassero tutte ordinarie. La specialità aveva un senso ed uno scopo quasi un secolo fa; oggi è un inutile, costoso e dannoso residuato bellico.
Di grazia Effedi perché così puntuto verso una espressione innocua che lei chissà perché ha avuto presunzione di esserne origine?
Liberissimo di attribuire epiteti , ci mancherebbe ,..anzi lei ha perfettamente ragione ahimè può capitare di commettere peccato di spocchia ma essendo veniale è sempre perdonabile; non è perdonabile se lei mi avesse elogiato perché li considero tutti insopportabili oltraggi (soprattutto se proferiti da individui come lei).
Gent.le Sig. effedi, senza voler alimentare nessuna polemica (lavoro e opero in un ambiente dove polemiche e pregiudizi li vivo tutti giorni…e le assicuro che al di fuori di tale ambiente non sento la necessità di allungare inutilmente il brodo quotidiano) il mio intervento era solamente teso a raccontare semplicemente (anche se con un pizzico di cosciente arroganza) la mia personale esperienza sul tema della lingua sarda, senza pensare a chissà che quale congettura politico-economica regionale potesse starci dietro. Niente di più. Al di là del tema specifico, noto però in generale, e Dio non voglia che mi riferisca a nessuno in particolare, che è difficile impostare discussioni su un qualsivoglia argomento senza dover faticare a far capire alle persone che certe cose si fanno “spassionatamente”, poi certo, si prendono posizioni sulle quali è giusto discutere e approfondire…sul fatto che io personalmente non ho avuto bisogno di fare corsi non significa che i corsi non siano necessari e sul fatto che abbia acquisito la certificazione per pura soddisfazione personale non significa che le certificazioni non siano necessarie….i curriculum vitae si popolano con le certificazioni e non con personali dichiarazioni di esperienza…e di questi tempi, le certificazioni, per i giovani che devono trovarsi un lavoro ritengo siano assolutamente necessarie e imprescindibili.
Prendo atto delle plurime difese sulla opportunità delle certificazioni ma, limitandomi agli ultimi interventi, non posso non richiamare l’attenzione su alcune affermazioni:
– Maurizio Marras dice: “non ho fatto nessuno dei corsi elencati dal Sig. Enrico e mi permetto forse con un po di arroganza di affermare che non ne avevo e non ne ho nessun bisogno…”.
– Franco: “no apo su C1 ma sa Limba la faeddo dae minore e m’ada imparadu a torrare a domo a sa sola”.
– Marco Casu tenta di far inalberare gli interlocutori “dissenzienti” dicendo che “qualche manovale del pensiero ha volutamente allungato il brodo”.
Riguardo ai primi due non posso fare altro che ringraziarli per aver portato acqua al mio mulino, cioè alla mia osservazione sulla pratica inutilità della certificazione di padronanza della lingua sarda.
Il signor Marco Casu, invece, provocatoriamente definisce “manovale del pensiero” chi ha sostenuto una tesi che lui non condivide. Questa spocchia poteva tenersela per sé.
Torniamo alla questione Todde – avviso di Garanzia SI oppure NO, perché qualche manovale del pensiero ha volutamente allungato il brodo.
Alessa’! Dove è andata a finire la “Democrazia dal basso”? Quella in cui le gerarchie tra Rappresentanti e rappresentati venivano annullate? Quella per cui Federico Pizzarotti per un medesimo avviso di garanzia (atto dovuto e legato al ruolo istituzionale) fu espulso dal Movimento? Ma, anche se per amnesia opportunistica,.. intendessimo cancellare quello Storico ingombrante , vada pure questo, ..che ne è del tuo NOI.. NOI che hai in lungo e largo propagandato in Campagna elettorale. Non esiste più quel NOI? anche quello da archiviare nella discarica parolaia che i satrapi del tuo partito hanno approntato?
Siccome Noi non siamo quei NOI, abbiamo verso la “Memoria” che la Cura del se , ci impone.
Eh, Alessandra! Un merito comunque lo hai (involontario ,certo) ed è quello che sei fonte di Meraviglia permanente. Ciò che ti accade è per questo NOI, domanda per eventuale liberazione dal DUBBIO che dai sette rilievi della Commissione di Garanzia diviene sempre e sempre più inconsistente.
Credo di dover porgere le mie scuse a tutti e in particolare al Prof. Maninchedda (con il quale concordo) per aver in un certo modo, con il mio primo intervento, aver sviato dall’argomento in oggetto (Todde: come stanno le cose) e avere acceso un dibattito che, seppur meritevole di essere trattato, andava sicuramente discusso in una sezione ad hoc. Detto ciò, questo non era il mio intento e di certo il mio intervento non aveva secondi fini, non potendomi personalmente permettere in tal senso di intraprendere discorsi a livello accademico ne tanto meno a livello politico in merito alle scelte di una qualsiasi Amministrazione, in questo caso regionale. Per chi vive al di sopra della semplicità delle cose o per chi pensa che dietro lo scegliere di fare un qualcosa ci sia un chissà che di non chiaro o meglio, di più di quanto è ciò quello per cui si è deciso di farla, mi permetto di raccontarvi (anche se risulterò tedioso) la mia certificazione “C1” di conoscenza della lingua Sarda. Tempo fa, mentre visitavo il sito della R.A.S. notai nella sezione bandi – “Avviso pubblico certificazione provvisoria sperimentale della conoscenza della lingua sarda – livello C1 – seconda sessione di Maggio – 2024 – DGR 12/30 del 7.4.2022 e DGR 18/13 del 10.6.2022 – art. 9 L.R. 22/2018” – e mi dissi, visto che era aperto a tutti e che non erano richiesti particolari requisiti…ma si, lo faccio, e senza pormi particolari problemi sulla preparazione…così, nudo e crudo con quello che è il mio bagaglio linguistico (non ho fatto nessuno dei corsi elencati dal Sig. Enrico e mi permetto forse con un po di arroganza di affermare che non ne avevo e non ne ho nessun bisogno…tra l’altro apprezzo sempre gli interventi in limba di Mario Pudhu) ho inoltrato la domanda e ripeto, per la pura e semplice curiosità personale di misurare il mio livello di conoscenza della lingua. Non sto qui ad elencare di quante prove di lettura e comprensione, di ascolto e comprensione (nelle varianti campidanesi, nuoresi e logudoresi) e di composizione (in campidanese) fosse composto l’esame (questi dati sono facilmente reperibili dagli atti della R.A.S.) e tenuto conto del fatto che nessuna delle prove non poteva non essere superata, pena il non riconoscimento del livello di certificazione…ebbene, le ho superate tutte, ne sono soddisfatto e non devo renderne conto a nessuno…è una cosa mia, anzi lo era, visto che l’ho condivisa. Detto questo, fatte le opportune considerazioni e dopo aver letto gli interventi (tutti rispettabili…condivisibili e non), il mio non era un corso, io frequento un corso di Lingua Sarda da ormai 56 anni e finirà, senza purtroppo esame finale, quando dipartirò da questa nostra bella terra. Come dice il Prof. Maninchedda – “un pezzo rilevante della cultura della Sardegna è custodita dalla sua lingua” – e aggiungo, anche se solo racchiusa in una delle 377 varianti che corrispondono ai 377 comuni della Sardegna che, se qualcuno ci ha fatto caso bastano solo tre chilometri di distanza tra un comune e l’altro per farla variare, ma questo non è un motivo per il quale ognuno di noi non possa dialogare con la propria variante linguistica e che tutte concorrono a comporre quel pezzo rilevante della nostra cultura.
@effedi e Eneico
Pro sonare sa chiterra bi cheret sos gaddos
Gai pro educare sas urijias e limba
Chie non cheret sonare podet a pianu a pianu iscurtare: sas notas sun sette ma sas melodias meda e pius (no apo su C1 ma sa Limba la faeddo dae minore e m’ada imparadu a torrare a domo a sa sola)
Si accomodi, non credo che ci sia alcuna vergogna nei soldi ben spesi. Per il resto, il problema è che sarebbe troppo lungo risponderle e confutare la sua assenza di informazioni. Ci lasciamo così, lei molto convinto del provincialismo degli studi in Sardegna e sul sardo, io rassegnato a lasciarle le sue convinzioni.
Mi sa che non sono il sole che vuole avere l’ultima parola e da parte di un ospite non è molto gentile. Ma i cattedratici sono così. Non ammettono il contraddittorio e bollano chi la pensa diversamente da loro di ignoranza (un po lo fanno tutti gli estremisti).la realtà è che i cultori del sardo sono un ristretto numero di studiosi che si parlano addosso tra di loro e si auto alimentano di studi e convegni che difficilmente vanno oltre i confini della provincia di appartenenza. In sostanza sono auto referenziati. Un po come succede con una caterva di scrittori i cui libri vengono acquistati dall’amministrazione regionale e solo da quella, con il duplice risultato di far lavorare le tipografie amiche.
Sarebbe curioso sapere quante persone hanno acquisito le certificazioni di sardo,quanti partecipino ai laboratori. Cosi giusto per capire se i soldi pubblici siano stati ben spesi.
Egregio collega, di quale disprezzo parla? So perfettamente che lei è un collega docente universitario, ma io non conduco questo blog per esibizione accademica, piuttosto per militanza civile, rispetto alla quale pago prezzi molto alti. Lei si tenga pure il suo giudizio su di me e si tenga pure l’elevata convinzione delle sue argomentazioni sulle quali mi piacerebbe venire a tenzone in un aula universitaria con giudici terzi.
Ringrazio Enrico per i suoi precisi riferimenti normativi, ai quali aggiungo che la Regione Sardegna aveva stipulato un accordo con l’Università degli Studi di Cagliari (n. 147 del 02.08.2021 e successiva integrazione n. 42 del 4.5.2023) e che questa università aveva pubblicato in data 4 luglio 2023 il Bando Certificazione Sardo C1, nel quale si specificava in premessa che ciò avveniva “Visto l’accordo ex art. 15 L 241/90 n. 147 del 2.8.2021 stipulato con L’Università degli Studi di Cagliari, Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni culturali (UNICA) volto all’attuazione e realizzazione del sistema di certificazione provvisoria della lingua sarda…”.
Il prof. Maninchedda mi ricorda, inoltre, che “una lingua è un dialetto con un esercito, una flotta e una letteratura. Ma lei non lo sa e io non posso insegnarglielo in due parole. Se ha piacere, venga a lezione”. Io mi permetto di osservare, al riguardo, che si tratta di tanti piccoli eserciti, ognuno dei quali ha il proprio linguaggio.
Però non mi piace il tono con il quale il prof. Maninchedda mi redarguisce e lo invito a scendere dal suo “stellato soglio” (Mosè, Rossini), non fosse altro che perché abbiamo lo stesso titolo di studio (a dire il vero ne avrei anche un altro, ma non sottilizziamo).
Non mi piace neanche il tono con il quale il prof. ha redarguito Enrico (“Enrico, ma basta, su, sono argomenti sui quali occorre studiare”) perché lascia intendere che egli guarda i suoi interlocutori dall’alto, come se lo studio fosse una prerogativa riservata a pochi eletti, tra i quali, ovviamente, lui.
Suvvia, un po’ di modestia non guasta mai.
Per quanto mi riguarda, preciso che non sono sardo, ma sono vissuto ed ho insegnato in Sardegna così tanti anni (con moglie sarda e figli nati e cresciuti in Sardegna) che penso di conoscere il sardo molto bene, anche se non lo parlo. Intanto mi preme mettere in evidenza che ogni regione ha il suo linguaggio, con centinaia di varianti, e chi pensa che il proprio debba essere considerato e studiato nelle università non capisce che tutte le regioni italiane potrebbero dire la stessa cosa.
Pensa il prof. Maninchedda che il pugliese, il laziale, il ligure non potrebbero avere le stesse ambizioni?
La verità è che la certificazione di padronanza del sardo si configura come passaporto per godere di qualche privilegio; leggo dal testo emanato dalla Regione che “l’iscrizione all’Elenco regionale dei docenti di cui all’art. 20 della L.R. n. 22/2018 costituisce la condizione necessaria per lo svolgimento dell’attività di insegnamento”.
Questo significa mettere l’insegnamento di uno dei tanti dialetti sardi alla stregua di quello di una lingua straniera. Cui prodest? Se studio il tedesco posso parlarlo in Germania, se studio lo spagnolo posso parlarlo in qualsiasi parte del mondo in cui si parla questa lingua, ma se studio il sardo e posso parlarlo soltanto in Sardegna non ho fatto un buon affare, perché se sono sardo lo conosco già e non saprei cosa farne; se non sono sardo ed in Sardegna ci vado in vacanza non mi interessa.
La spiegazione di tutte le cervellotiche elucubrazioni contenute nella L.R.22/2018 è una sola: garantire a qualcuno un introito (ai fabbricanti dei cartelli di indicazioni stradali o a qualche disoccupato che conosce “sa limba”, messo in qualche posto pubblico a far niente).
Se vuole l’ultima parola, se la prenda, ma ha torto anche in questo caso.
Ho sicuramente torto ma fatto sta che il sardo lo parla sempre meno gente e che i pochi che lo parlano fanno fatica a capirsi tra loro
Enrico, un pezzo rilevante della cultura della Sardegna è custodita dalla sua lingua. Per il resto, mi spiace, ma non posso riassumerle qui le tantissime ragioni per cui lei ha torto.
Enrico, ma basta, su, sono argomenti sui quali occorre studiare. La legge 26 del 1997 è stata superata dalla n.22/2018. Non è questa la sede per parlare in modo cursorio di queste cose.
Giusto per disquisire ed a conferma di quanto detto non si può dimenticare che la legge n. 482 del 1999, ha riconosciuto il sardo (quale?) e il catalano.
Poi la legge regionale n. 26 del 1997 ha attribuito medesima valenza al catalano di Alghero, al tabarchino delle isole del Sulcis, al dialetto sassarese e a quello gallurese. Se poi pensiamo che la grande suddivisione della lingua sarda viene fatta tra campidanese e logudorese, senza dimenticare il barbaricino, credo che ci sia un po di confusione linguistica per un milione e mezzo di abitanti, anche perchè molte altre varianti sono rimaste escluse. Non a caso l’unificazione, se così si può dire è avvenuta con DG che ha identificato la LSC.
Prof. a me non disturba niente. Solo chiedo che si dicano le cose come stanno. Vi sono finanziamenti per la lingua sarda. Questa scelta, politica, non mi trova d’accordo per una serie di motivi. Primo perchè nella mia ignoranza non riesco a identificare il Sardo. Troppe variabili, troppe distinzioni, troppi campanilismi per riuscire a vederci una lingua. Il sardo che si studia mi pare più una creazione degli studiosi che una realtà.
Secondo perchè riterrei maggiormente utile anzi doverso che si facciano sforzi di tutti i tipi per insegnare la storia e la cultura sarda. Non è ammissibile che tali materie siano così tanto dtrascurate in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Mancanza per me non ammissibile. Si faccia uno sforzo in tal senso e si insegni bene l’italiano.
Egregio Enrico, mi sembra tutto un po’ sprezzante. Il sardo è una lingua neolatina che, come altre, ha livelli di tutela di secondo grado rispetto alla lingua dello Stato. Accade in tutti i paesi europei (provenzale, francoprovenzale in Francia; catalano, basco, galiziano e addirittura andaluso – che è un dialetto secondario- in Spagna; per non parlare in Inghilterra delle politiche apprezzabili di tutela del celtico insulare) e anche in altre regioni italiane (Friuli su tutti). Francamente tutta questa ostilità al sardo mi pare incomprensibile e illogica. Che le politiche di tutela comportino dei costi mi pare inevitabile e giusto. Che cosa la disturba? Faccia uno sforzo di apertura.
https://delibere.regione.sardegna.it/protected/51215/0/def/ref/DBR51214/
Maurizio@
Non so se siano tecnicamente corsi, però
https://web.unica.it/unica/it/news_notizie_s1.page?contentId=NTZ39094
https://web.unica.it/unica/page/it/laboratorio_di_lingua_sarda_aa_202122_ii_semestre
https://web.unica.it/unica/page/it/laboratorio_di_lingua_sarda_1_apertura_iscrizioni_aa_20242025
chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://delibere.regione.sardegna.it/protected/51216/0/def/ref/DBR51214
Mi sembra che un po di soldi girino all’interno dell’Università. Per cosa ? Per rianimare un cadavere o meglio tanti cadaveri differenti tra loro?
Storia e cultura sarda ok. Ma il resto
Gent.mo Enrico, tengo a precisare che per la certificazione della conoscenza della lingua sarda l’Università non ha istituito alcun corso specifico e che io sappia non esiste. Semplicemente si devono sostenere degli esami è non è richiesto alcun corso propedeutico per la partecipazione alle prove (che vengono bandite dalla R.A.S.). Personalmente ho sostenuto gli esami senza alcuna preparazione specifica, solamente quella di praticante “quotidiano” della lingua sarda…ne più, ne meno…
Io sto con effedi@
E forse non sbaglio a pensare che l’Università abbia istituito tale corso di studio solo per usufruire dei finanziamenti stanziati ad hoc.
vengo da una famiglia in cui si è parlato Ogliastrino da parte di nanna paterna e nuorese. Due mondi differenti.
Egregio Prof. Maninchedda, Le faccio i complimenti per il Suo blog, lo seguo da tempo ma non sono mai intervenuto alle discussioni, ma lo faccio ora con un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Da orgoglioso possessore della certificazione “C1” di “Conoscenza della Lingua Sarda” rilasciata dalla “Facoltà di Studi umanistici di Cagliari”, che ho conseguito non a scopo professionale ma per puro piacere personale e devo dire, a seguito di numerose prove (di lettura, scritte e orali di elevato livello di difficoltà) nelle varianti campidanesi e nuoresi, non posso che confermare quanto da Lei asserito che “una lingua è un dialetto con un esercito, una flotta e una letteratura” e per quanto i nostri “dialetti” possano apparire diversi e distanti è altrettanto vero che gli stessi non pongono nessuna barriera alla comunicazione e agli scambi tra noi Sardi.
Effedi, una lingua è un dialetto con un esercito, una flotta e una letteratura. Ma lei non lo sa e io non posso insegnarglielo in due parole. Se ha piacere, venga a lezione.
Invece a me i commenti sardi, in qualunque variante, di Mario Pudhu piacciono molto e da tempo volevo ringraziarlo per questa scelta. Leggendolo, mi sembra di sentire (per la parte logudorese) mio padre, si riaccendono tanti ricordi e sento una lingua viva, forte ed efficace. Una lingua che ci ricorda dove siamo. che richiede lavoro e ci sfida e che, a mie, pro sa parte mea (bilingue teorica, bloccata dalla diffusa e dannosa convinzione che l’unica lingua per noi bambini degli anni ’70 dovesse essere l’italiano), mi richiama alla responsabilità di non perderla, “sa limba” (altro che “dialetto”), da qualunque parte dell’isola provenga.
Ajo effedi dai , Critica è una parola grossa. Nessuna critica alla tua perché non la meriti; pse non capisci Mario Pudhu prenditi un traduttore dalla rete.
Mario, fai bene a scrivere in Limba; i concetti espressi li trovo molto belli perché si fissano nell’immaginario con più forza e per questo li leggo volentieri.
Lascialo perdere questo qui che si comporta come un provinciale del continente
Egregio dott. Maninchedda, comprendo, ma non ritengo condivisibili, le ragioni della sua difesa, acritica, del messaggio che ho commentato. Non mi dica che se una università decide di fare diventare oggetto di studio il dialetto, tanto per dire, di Pompu, automaticamente questo diventa degno di essere considerato lingua. Quello che hanno fatto le università in molti campi è, purtroppo, sotto gli occhi di tutti. Che significa, concretamente, certificare la conoscenza del sardo? Di quale sardo? Esiste un solo sardo o tanti sardi quanti sono i paesi, raggruppati territorialmente e culturalmente simili? Vedo che lei ritorna sull’argomento del mio cambiamento di nickname. Siccome non penso che non abbia compreso il motivo (l’ho spiegato chiaramente) non mi resta che pensare che il suo atteggiamento di sufficienza sia dettato da pregiudizio.
Non mi addentro nella questione della lingua, ma le ricordo che Dante ha scritto la Commedia molti secoli fa e che Manzoni risciacquò i panni in Arno nel tentativo di risultare pienamente comprensibile agli Italiani.
Scrivere in dialetto sardo e comportarsi come rari nantes in gurgite vasto è, oltre che sciocco, offensivo nei riguardi degli altri interlocutori. Il dibattito negli ultimi trenta anni sul sardo. Lasciamo stare, per carità di patria.
Egregio Effedi (che pena questa dissimulazione), mi pare le manchi un trentennio di dibattito vivacissimo, svoltosi in Sardegna, sulla standardizzazione del sardo. Non ho il tempo di riassumergliela. Tuttavia le dico che oggi la Facoltà di Studi umanistici di Cagliari certifica la conoscenza del sardo allo stesso modo delle altre lingue (A1, A2, B!, B2, C1 ecc. ecc.).
Prendo lo spunto dal commento (dai commenti) di Mario Pudhu per fare alcune considerazioni.
La prima, quasi ovvia, riguarda l’uso del dialetto sardo. Immagino le critiche che solleverà questa mia affermazione, ma faccio osservare che una lingua è tale se tutti i componenti di una comunità la usano allo stesso modo. Quale “lingua” usa Pudhu? Cagliaritano, nuorese, logudorese, o altra ancora? La mia esperienza mi dice che gli abitanti di Mamoiada parlano un dialetto diverso da quello di Ovodda, di Fonni, di Tonara, di Gavoi (tanto per fare riferimento concreto a qualche dialetto della medesima zona). Tutti i tentativi di mascherare il proprio dialetto o quello della zona nella quale si vive con una “limba” sarda sono ambiziosi e sterili tentativi di unificazione concettuale di dialetti diversi, anche se abbastanza simili.
Detto ciò mi pongo il problema della utilità della scrittura in dialetto per comunicare con una platea di persone certamente molto estesa, nella quale vi è chi lo comprende bene, chi lo riconosce per somiglianza con il proprio e chi non ne comprende affatto il significato. Mi torna in mente un Tizio che, per sentirsi sardo a tutti i costi, pretendeva che la moglie gli cucinasse sempre la pasta Puddu.
Dalle argomentazioni usate nei propri interventi deduco che Pudhu non è uno sprovveduto o un illetterato. Non sarebbe male se facesse lo sforzo di rendersi intellegibile ad una platea più vasta.
Un consiglio per Mario Pudhu: continua a scrivere in dialetto, perché quando scrivi in italiano lasci molto a desiderare (“acceleratore a tapetto”).
Il Fatto Quotidiano ha la sfera magica e se cosi fosse la Procura creerebbe un precedente pericoloso e comunque a parti invertire la Todde con i suoi sarebbe sotto il palazzo giorno e notte
Gentile Professore, di questo genere di procedure so poco o nulla. Proprio per questo vorrei capire. Domanda: che cosa c’entra il “parere” della Procura sulla eventuale decadenza della Todde? Io sono rimasto all’ assunto che la Procura della Repubblica si occupa di perseguire i reati penali. O, nottetempo, è cambiato tutto?
Ponenne su pedhe a su cane dormitu
…in Realtà NESSUNO ha realmente fretta di vedere la Presidente Todde decadere o meno … anche la supposta opposizione preferisce lasciare le cose come stanno. E non è solo per mantenere il privilegiato scranno. Anzi .. i soliti noti sanno perfettamente che con nuove elezioni riprenderanno comunque i loro posti a sedere. C’è invece ancora interesse a lasciare NS SIGNORA de La Solitudine nelle sabbie mobili in quanto espressione dei 5Task . Interesse di parte della stessa maggioranza che è comunque consapevole del fatto che le prossime elezioni le perde a prescindere. Nel CDX, che non si può neanche chiamare opposizione perché non sa farla e neanche minoranza visto che di fatto ha preso più voti, invece hanno problemi opposti : la maggior parte di ILLI non saranno rieletti perché non hanno Partiti ….e in alcuni Partiti ci sono più culi che sedie. E quindi anche alla Procura viene male mandare tutti a casa …altro che ” la Procura è con NOI ” . Perché alla fin fine gli UNICI ad avere un minimo vantaggio da Elezioni Anticipate sono coloro a cui la Fascistissima Legge Elettorale in vigore non ha consentito l’ingresso al Parlamento Sardo … Legge che non cambieranno di una virgola. Ma questo è un Altro Post .
Si cerca naturalmente di tenere un profilo basso, sia per non continuare ad apparire nei quotidiani ma anche per far passare la cosa come un nulla di fatto..
… si «stira» a campare, presse de ‘mòrrere’ no bi ndh’at mancu cun su “acceleratore a tapetto” (arràbiu!… pentzaus a sa presse de sa prima «finanziaria» cun bator meses de “esercizio provvisorio”!!!) e fintzas a candho su “marasma senile” va… lascialo andare, cioè «non mollare» chentza unu “boia chi molla”.
Epuru, in Sardigna semus bios, si assumancu teniaimus idea de nos guvernare coment’e zente lìbbera e responsàbbile e no lìbberos de fuire e irresponsàbbiles de guvernu.
Alessandra, però, in Roma (e sinono inue?) in sa faedhada chi at fatu at dichiaradu (a chie?) «Non ci lasceremo rubare la speranza». Isperàntzia de ite, Alessandra? No ti ses abbizada cantu sos Sardos ant pérdidu fintzas s’isperàntzia (no po curpa tua, ma de àteros prima e che a tie)? Proite, sas peràulas de sa Paba, no las as abbóghinas in Sardigna?
Epuru, s’isperàntzia est mala a mòrrere, est morta solu candho a unu che l’ant interradu.
E s’isperàntzia za est “fémina”, che a tie. Ma tue isperàntzia ses? De ite cosa?
Ca s’isperàntzia za est isperàntzia, ma sas féminas… che a sos ómines…, ca b’at fémina e fémina, comente b’at ómine e ómine, fintzas si nois Sardos namus de unu e de una segundhu ite pessone est e ite faghet, “b’at, no b’at ómine” o “b’at, no b’at fémina”.
E, “omine“ o “fémina”, si nois Sardos no semus zente de cabbale, de zudu, e pessamus seriamente a sos fatos nostros, invetze de ispetare sos “miràculos” de sos políticos aimus nessi fatu su dovere nostru e fossis aimus tentu puru políticos dignos de custu tìitulu de responsabbilidade cun onore.
Isperamus una “Pasca” pro su pópulu nostru puru e nos faghimus totu sos menzus augùrios, si augùrios cherimus e mescamente si tenimus idea bona e bona volontade.
La “verità” è già ampiamente emersa da Gennaio.
Qui non c è niente da sopportare , non siamo mica ai lavori forzati; eh, qui c è gente che si muove nella vita pubblica come gli Elefanti nel piccolo negozietto dei Carillon .
È il dimenarsi di sempre, sempre gli stessi orripilanti rumori. Occorre veramente un Leviatano che mozzi orecchi a destra e a manca , in quantità industriale.
Per essere sincero fino in fondo una preoccupazione l’avrei pure ma non riguarda costoro ma le persone di Nuoro che corrono il serio rischio di trovare la propria città nelle maglie dello stesso Sultanato . Per i Nuoresi ben inteso .
Per il resto, tutta la vita è uno scorrere. Anche questa Robaccia ha una scadenza come tutto