L’arresto della banda che avrebbe compiuto la rapina in Toscana il 28 marzo scorso è un’ottima notizia. Il successo e l’impunità sono, infatti, incentivi alla trasformazione della malavita comune in malavita organizzata e di questa in mafia o in qualcosa che le assomigli.
Viceversa, le buone indagini e gli arresti motivati sono veri diserbanti dell’emulazione del crimine.
Diciamolo subito, i magistrati e gli investigatori sono convinti che la stessa banda ha fatto altre rapine, ma su queste non hanno prove, come pure ancora non hanno trovato né le armi né il denaro. Ciò non toglie, però, che a leggere l’ordinanza del Gip si prova un certo compiacimento, per l’accuratezza della dimostrazione delle accuse, per l’assenza di giudizi morali sugli indagati, per la pulizia delle indagini.
Come si è giunti all’individuazione e all’arresto della banda? Direi che tre sono le parole-chiave: metodo, errore, gestione dei dati.
Metodo I banditi scappano dal luogo dell’assalto utilizzando anche un Tiguan Volkswagen sottratto a uno degli automobilisti bloccati durante l’azione. L’auto viene ritrovata a 100 chilometri circa dal luogo della rapina. I Carabinieri applicano il loro metodo secolare: l’indomani mattina all’alba fanno visita a tutti i pregiudicati di quell’area. Tra questi vi è bandito 1, sardo, possidente della zona, sorpreso dai Carabinieri a dormire in macchina di fronte all’ingresso della casa del suo podere, dentro la quale l’Arma sorprende altri due sardi, bandito 2 e bandito 3 che dormono vestiti su coperte adagiate sul pavimento. Uno dei due tenta di occultare un bigliettino dove sono appuntati due numeri di cellulare. In poche ore, gli investigatori risalgono al proprietario delle schede, un marocchino residente a Ottana, che nell’autunno precedente ne aveva denunciato il furto. Gli inquirenti risalgono anche al tipo di cellulari utilizzati: vecchi modelli Nokia che non si agganciano alla rete internet, ma che inevitabilmente si agganciano alle cellule dei ripetitori. In poco tempo l’intero traffico dei telefoni è mappato. Nel frattempo, ovviamente, è stato messo sotto controllo il telefono di bandito 1, il quale, conversando con la sorella, le dice di dover fare delle pulizie. Il giorno dopo, i Carabinieri gli fanno di nuovo visita e trovano della cenere ancora calda dentro un bidone, nella quale, però, il RIS rinviene una parte incombusta inequivocabilmente riconducibile a un Nokia.
Errore Sebbene ogni malvivente si consideri un fanatico dell’esattezza e dell’attenzione, l’errore è sempre dietro l’angolo. In questo caso, gli investigatori sono andati a scandagliare i due SUV rubati nell’autunno 2024 a Roma e poi utilizzati durante la rapina. Il GPS venne neutralizzato solo in uno dei due, questo è stato l’errore; è stato quindi semplice seguire gli spostamenti del veicolo in tutti i mesi precedenti la rapina. Questi segnali stanno tutti intorno alla proprietà di bandito 1.
Gestione dei dati Una volta identificata la mappa del traffico telefonico, il luogo di custodia e di utilizzo di uno dei veicoli utilizzati nella rapina e almeno tre dei soggetti sospettati di far parte della banda, individuare gli altri cinque non è stato difficile, anche incrociando i contatti risultanti dai cellulari con gli spostamenti dei componenti della banda, tutti mappabili perché avvenuti utilizzando chi Grimaldi, chi Tirrenia, chi Moby, e viaggiando in autostrada, ripresi dalle telecamere, o con le proprie autovetture o con quelle prese a noleggio con i propri documenti.
Il resto è dettaglio che conferma l’ossatura dell’indagine.
Morale: metodo, sistematicità, pazienza e freddezza danno sempre ottimi risultati.
Adesso bisogna vedere come magistratura e inquirenti se la cavano con la banda/le bande che hanno operato in Sardegna, dove non è necessario prendere navi per agire e dove ci sono molte meno telecamere che altrove. Ma se tra gli arrestati vi è almeno un membro che ha partecipato ad altre azioni, li prendono tutti.
basta farsi un giro per le città e paesi e vedere con che auto o moto girano le persone da dove arrivano i soldi ??
Li hanno arrestati! L’eccezione che conferma la regola! La sostanziale certezza dell’impunità o comunque il fatto che le conseguenze sono sempre inferiori al vantaggio che ci si procura commettendo reati oppure non pagando i debiti, rendono conveniente farlo. È una semplice analisi dei costi/benefici!
Se non troveranno il denaro, col sistema giudiziario del caxxo che abbiamo, nel giro di pochi anni saranno tutti liberi e ricchi.
Purtroppo su certi “ crimini “ non si può indagare .
Ci sono furti legalizzati e non ci sono colpevoli., soprattutto quando si prende “ Dae su connotu “ossia dai beni pubblici.
Làstima, s’iscuredhos!… Issos puru, ma “motu proprio”, sordados in sa inciviltade de gherra de irrichimentu e impoverimentu a su furavura dominante a fura legale e armada de atòmicas si no bastant sas minoredhas chi sèmenant pro ‘zogare’ fintzas sas criaduras, ma solu ‘antiuomo’, un uomo per volta, e si est donna gai etotu a parità di diritto, pro ndhe ‘bìnchere’ nessi unu solu si no los binchent a muntones cun d-unu mìssile o un “drone” ebbia.
E sos Sardos ifatu, sempre a “bande” e mescamente sbandate, sbandati “ingaggiati” ifatu de sos ‘partidos’ italianos e italianistas a prànghere, pedire, ‘manifestare’, e ispetare e impromìtere miràculos, pistare abba e buscare acotzos e distribuire favori mancari in forma “simil-legale’, a gherra ‘pacifica’ chentza chi neune lis niat banditi, ma solu fintzas “on.”, “sen.” e fintzas prus pagu e cosa de iscrìere a bàntidu.
Ma sos Sardos menzus a bogare fama banditesca chi no de zente lìbbera e responsàbbile, tzivile mancari chentza fama, e mancari Sardos ma zente, chi sempre ischifu faghimus mancari sos turistas agatent sa Sardigna, in su tretu netu, fintzas meravizosa.
Ottima notizia e ottimo lavoro degli inquirenti degno di un film di Spielberg. Manca ancora un dato: il bottino che fine ha fatto? Per completare l’opera bisognerebbe trovare anche quello, sperando che qualche corriere non lo abbia già versato in una banca delle isole Cayman.