Oggi, dopo una settimana di segretezza, L’Unione Sarda sdogana il ricorso presentato dalla presidente Todde contro l’ordinanza del Collegio di Garanzia.
Lungi da me l’occuparmi della cosa in punta di diritto.
Trovo, invece, utile confrontare (esattamente come faccio con alcune tesi di laurea che sto assegnando in questo periodo, dedicate a ‘delitti’ commessi nel Seicento) l’immagine che delle vicende accadute restituisce il ricorso, con la realtà dei fatti resa ricostruibile da altre fonti.
Il ricorso è articolato in cinque parti: 1) Sulla illegittimità del provvedimento del collegio di Garanzia elettorale; 2) Sulle singole motivazioni dell’atto impugnato; 3) Il difetto di attribuzione ex art. 21 septies della L. 241 del 1990; 4) sulle sanzioni pecuniarie; 5) sull’istanza di sospensione.
Balza agli occhi questa affermazione:
«Preliminarmente si osserva che in relazione alla suddetta competizione elettorale la ricorrente non ha acquisito risorse economiche in prima persona, né ha sopportato direttamente delle spese, ma si è avvalsa esclusivamente dei materiali e dei mezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal Comitato Elettorale del Movimento Cinquestelle».
È una dichiarazione impegnativa, perché non è isolata e ve ne sono altre, e pubbliche, della presidente Todde che la smentiscono.
In sostanza, il collegio difensivo afferma che, «non essendoci state spese (…) non trovano applicazione al caso di specie (…) gli oneri di pubblicità del rendiconto delle spese personali e dei contributi personali durante la campagna elettorale».
Francamente non so quanto ‘regga’ questa impostazione di fronte al Tribunale di Cagliari, perché non so se il Tribunale possa fare indagini per accertare la veridicità delle affermazioni contenute nel ricorso.
Capisco, però, che sono affermazioni politicamente rilevanti, perché contraddittorie con altre e contraddette da fatti solo in parte già accertati dal Collegio di Garanzia. Inoltre, stanti queste dichiarazioni e il loro corredo di smentite de facto, l’inchiesta penale appare comunque giustamente incardinata: appare cioè sempre più giusto accertare cosa significhino alcuni indizi di spese avvenute già accertate dal Collegio rispetto alla dichiarazione di assenza di spese da parte della presidente.
È chiaro, però che, a questo punto, ogni iniziativa della campagna elettorale è legittimamente sottoponibile al setaccio investigativo (sempre che agisca una Polizia Giudiziaria competente e realmente indipendente rispetto al contesto politico e sociale sardo, cosa auspicabile ma non certa).
Un’indagine siffatta non è una buona cosa per un presidente in carica.
Si pone poi una questione che, sicuramente per mia ignoranza, non ho ancora capito.
I difensori “scaricano” molto sul famoso Comitato Elettorale del M5S per l’elezione del Presidente della Regione Sardegna e sul suo rendiconto, ma evitano accuratamente di occuparsi di una questione dirimente: la Todde non ha delegato questo comitato come soggetto abilitato a occuparsi della sua campagna elettorale, non ha nominato il presidente del Comitato come suo mandatario, non ha provveduto a aprire un conto corrente ecc. ecc.
A cose fatte, lo ha riconosciuto come proprio comitato elettorale, ma non vi è alcun documento che attesti in modo chiaro (come prevede la legge) il rapporto tra la Todde, beneficiaria a suo dire delle sole azioni e delle spese del Comitato, e il Comitato stesso.
A leggere e rileggere il ricorso, non si riesce ad uscire da questa aporia: la Todde dichiara di non avere speso (e su questo abbiamo già detto) e di essersi avvantaggiata dell’attività del Comitato da lei non espressamente e preventivamente individuato come proprio. Il Comitato, dal canto suo, non ha alcun membro registrato come mandatario di qualcuno: sembra essere un soggetto che ha speso in campagna elettorale senza delega di alcuno.
La conclusione è solo una: la Todde non ha presentato documentazione elettorale e, poiché non è vero che non ha speso, giacché alcuni indizi di spesa sono stati acquisiti, la sua posizione è nuovamente quella segnalata dal Collegio di Garanzia alla Procura: non se ne esce.
È in questo contesto che fa un po’ tenerezza leggere come il collegio dei difensori della Todde (mi aspetto querela per essermi intenerito e aver pubblicizzato questo sentimento) argomenti rispetto a una fattura di 3.432 euro intestata al Dottor Licheri Ettore Antonio, Committente elettorale della dott.ssa Alessandra Todde. Scrivono gli avvocati che «non esistendo la figura del ‘committente elettorale’ ed essendo il dott. Licheri il legale rappresentante del Comitato elettorale M5S e non committente della ricorrrente, è possibile fosse diretta al Dottor Licheri Ettore Antonio, Comitato elettorale della dott.ssa Alessandra Todde».
Se questa è arguzia forense, io sono il padre del rococo giuridico.
Gli avvocati, poi, si giocano la carta della nullità radicale dell’atto ai sensi dell’arti 21 della legge 241/1990 .
Qui si entra in un tecnicismo giuridico nel quale non è opportuno avventurarsi per un orecchiante del diritto come me.
Tuttavia, faccio notare che se vale in questo caso l’osservazione per la quale, non avendo previsto la L. 515/1993 un motivo specifico di decadenza per i presidenti di Regione, l’atto di decadenza sarebbe nullo, bisognerebbe prima dimostrare che i presidenti di regione vengono eletti con legge elettorale diversa da quella dei consiglieri regionali (cosa che non è) e che dunque ad essi non si applicano i casi di ineleggibilità che la legge prevede per questi ultimi. Se il presidente della Regione è eletto con la stessa legge con cui vengono eletti i consiglieri regionali, perché la legge che ne determina la decadenza avrebbe dovuto essere diversa e specifica?
Non lo capisco, sicuramente per mio difetto di cultura, ma tant’è.
La penultima annotazione riguarda la sospensiva, che sembra essere una richiesta di sospensiva per gli effetti politici e non giuridici dell’ordinanza del Collegio di Garanzia: «è oltremodo evidente che la decadenza impropriamente prospettata ed evocata in detto provvedimento abbia già prodotto conseguenze pregiudizievoli sull’immagine pubblica e sul profilo reputazionale della Presidente (…) La sospensione dell’efficacia o comunque dell’esecuzione del provvedimento si rivela dunque necessaria per evitare che la ricorrente continui a subire un’ingiustificata compromissione della propria posizione giuridica (con conseguenze non riparabili in caso di successivo accoglimento del ricorso) e che i suoi effetti producano un danno irreversibile al corretto funzionamento delle istituzioni democratiche regionali».
A me queste paiono affermazioni quanto meno eterodosse e fortemente innovative delle strategie per ottenere la sospensiva di un’ordinanza; è come se un arrestato chiedesse la sospensiva dell’ordinanza perché danneggia la sua immagine e il suo prestigio lavorativo. Ne riparleremo.
Infine, il cuore dell’articolo dell’Unione Sarda. Giustamente il quotidiano cagliaritano valorizza una serie di termini durissimi rivolti dal ricorso verso i componenti del Collegio di Garanzia. È una questione grave, che sembra spostare l’oggetto del ricorso dal merito giuridico al merito personale. Sarebbe grave.
Voglio approfondire nei prossimi giorni e poi ne darò conto ai lettori.
Voglio ricordare ai legali della presidente Todde che leggono questo giornale, che Sardegna e Libertà è testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Cagliari, che io sono iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti da una vita e mezzo, e che la Costituzione repubblicana recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria».
Professore una cosa non mi è chiara: ma se la Todde non fosse stata eletta presidente e quindi semplice consigliere regionale, come peraltro in primis correva lei altri candidati presidenti, alla luce della sua gestione delle spese elettorali ( mancata nomina del mandatario, mancata apertura del conto corrente…) sarebbe stata dichiarata decaduta, giusto? Allora dato che nessuno dei candidati a presidente aveva la certezza di essere eletto e di conseguenza si sarebbe dovuto attenere alle regole attuali, di cosa si sta parlando?
La regione è in mano a bande di inetti e rubagalline che passano il tempo a dispensare favori, consulenze e regalie agli amici mentre il PD e i Progressisti dormono, su questa e mille altre questioni, incapaci di un reale coordinamento politico
Si sa qualcosa di come hanno affrontato il nodo derivante dalla contraddittorietà delle due dichiarazioni? Sembra tutto incentrato sulla mancanza di spese. Allora perché la prima attestazione ?
Gent.mo,
Sarà pure in “punta di diritto” ma Lei scrive il vero.
Non so
Se ha letto Unione Sarda di ieri ma si riporta la notizia che la consulente di Bartolazzi, Rosa Canu (già candidata non eletta nella ‘civica’ UNITI PER TODDE a Nuoro regionali 2024), sarà imposta dalla Todde stessa al centrosinistra come candidata del “campo largo” per le imminenti comunali nella città di NUORO.
Quindi la Todde impone senza Primarie, come è d’altronde avvenuto per se stessa, una sua amica di infanzia già ‘premiata’ come consulente in Regione.
Ma il PD che dice?
E i Progressisti?
Forse forse le PRIMARIE sarebbero d’obbligo oppure no?
P.s. Ah, Unione sarda dice che la Canu è del M5stelle però alle Regionali non era candidata con loro. Chissà che ne pensano gli attivisti del partito.
In realtà l’unione Sarda ha fatto riferimento a un “collegio”, quindi, in applicazione delle norme sulla competenza per connessione dettate dal codice di procedura civile, è probabile che si stia applicando l’art. 22 del D. Lvo. 150/2011, che in tema di decadenza prevede il rito del processo di cognizione semplificato e la competenza del Tribunale in composizione collegiale, e non l’art. 6 del medesimo testo legislativo, che prevede invece, per l’impugnazione delle ordinanze-ingiunzione disciplinate dalla L 689/1981, il rito del lavoro e la competenza del tribunale in composizione monocratica. Non è quindi escluso che gli interventi di terzi siano legittimi, in particolare quelli degli elettori che hanno sempre azione diretta in tali materie. Questo sarebbe peraltro coerente coi pochi precedenti che suggeriscono che, una volta divenuto definitivo l’accertamento delle violazioni con l’esaurimento di tutte le vie di ricorso, la decisione del Consiglio regionale sulla decadenza sia una formalità. Questo al netto delle interpretazioni di legali di parte, giuristi più o meno partigiani, “mio cugino che studia legge” e simili.
Egregio comprendo bene che non voglia chiarire (come da Sua risposta a domanda di altro lettore). Chi ha conoscenza delle dinamiche che ruotano intorno ai fatti di giustizia (!!) sa leggere dove nella generalità la gente non sa neanche cosa cercare. Da un primo incarico legale a due professionisti dello stesso studio, si è raddoppiato passando a quattro di area assai diversa e variegata. E quando parlo di area (e non di profilo professionale in ambito giuridico) dico tutto. E dette aree, di non difficili individuazione, dicono molto su quali strumenti verranno usati a tempo debito per rappresentare anche chi non comparirà in giudizio. Saluti.
Legalese incomprensibile linguaggio
Basta con la finzione è ora di venire ai fatti
Ciò che condanna alla decadenza dalla carica e’ la incapacità di governare comprovata abbondantemente dal grave peggioramento della condizione dei sardi in materia sanitaria,trasporti,ambiente e vergognoso spreco di risorse pubbliche tra consulenti ” amici” ed acquisto di compiacenza consiliari.
Mai visto un tale livellio di degrado di gestione della regione sarda.
… fossis sa OMISSIS, in 6 limbas chi nachi fadedhat (custu l’apo intesu, est unu “sentito e visto dire” – e no est disonore ma antzis méritu a chie ischit faedhare limbas meda! – e a pàrrere meu est sa sola cosa crara chi apo cumpresu de su chi at nadu s’on. BERSANI de OMISSIS candhidada, no ammento sa die, ma in d-una trasm. a sas oto e mesa de sero), fossis, fia nendhe, però in ses limbas no at lézidu mai una cosa che a “La bugie hanno le gambe corte” e gai fintzas totu sas presuntziones (de totu sos chi ndhe tenimus), si no est a nàrrere chi faghimus sos zoghistos chi s’illónghiant sas ancas (e bastant duos fustes) ma… no faghet a cùrrere e ne a fàghere tretu meda. E mancu a rìere, a dolu mannu.
“Danni di immagine” alla povera Todde vittima di giudici in conflitto di interessi!
Questa sembrerebbe la posizione del collegio difensivo della presidente.
Ma il “danno di immagine” – purtroppo – è per l’intera Isola rappresentata da una “fuori legge” (elettorale)……
Forse, se fossimo veramente Forza Paris, si potrebbe innescare una bella class action contro la presidente ed i suoi dante causa.
Mi sovvengono le parole di Francesco Guccini: “Facciamola finita, venite tutti avanti, nuovi protagonisti, politici rampanti, venite portaborse, ruffiani e mezze calze, feroci conduttori di trasmissioni false che avete spesso fatto del qualunquismo un arte, coraggio liberisti, buttate giù le carte tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto assurdo bel Paese.”
In questo caso noi Sardi a cui ci impongono inopinatamente ed impunemente “consulenti”, “consiglieri”, “assessori”, “addetti stampa” a spese della collettività……
Caro Prof. sul terzultimo punto mi permetto di aggiungere anche un ulteriore argomento.
La corte costituzione si è espressa, con la sentenza 44/1997, sulla decadenza di un sindaco. Per quanto non si tratti di identica situazione è illuminante quanto scrivono i giudici:
*Non è di ostacolo, nei riguardi di quest’ultima, l’obiezione mossa dal giudice a quo, secondo cui, essendo le cause di incompatibilità limitative del diritto costituzionalmente garantito di accesso alle cariche elettive, esse hanno carattere tassativo e non potrebbero dunque estendersi a situazioni non espressamente disciplinate. Infatti non si tratta di applicare per analogia ai Sindaci le cause di incompatibilità stabilite per i consiglieri comunali, ma, ben diversamente, di interpretare ragionevolmente (sia pure in senso estensivo rispetto alla mera lettera delle disposizioni, riferita ai “consiglieri comunali”) le norme che stabiliscono le cause di incompatibilità per i componenti del consiglio comunale, fra i quali si annovera, come si è visto, anche il Sindaco pur eletto direttamente.”.
In poche parole, quella norma si applica a chiunque sia candidato e non è necessario che nega individuata specificatamente la carica per la quale si è concorso e magari si è stati eletti.
…..non rimane che attendere le risultanze del tribunale .Di ogni altro aspetto abbiamo abbondantemente disquisito ,ogni altra considerazione pare superflua .se il collegio di legali ritiene di aver dato risposte adeguate ai punti evidenziati dal collegio di garanzia elettorale,e se ritiene esauriente ogni giustificazione addotta in difesa dell’operato del proprio assistito ,se ne accollerà il risultato !!!! nulla possiamo fare se non attendere il responso giuridico del tribunale ,che speriamo analizzi e giudichi svincolato da ogni considerazione ambientale e /o politica . Ciò posto ,apprezzo e condivido la sua relazione ,puntuale e profonda in attesa ,prof,di ulteriori illuminazioni ad una vicenda decisamente oscura e vieppiù oscurata .
“credono la gente tonta”, mi scuso con il noto filologo contemporaneo che ospita il mio commento, ma non mi viene altro commento che questo
Sempre scrivendo in “punta di diritto “, in sintesi appare palesemente vero che la d.ssa TODDE non essendo stata proclamata Consigliere Regionale dalla Corte d’appello di Cagliari può ricorrere contro la ” DECADENZA”.
Non intendo chiarire
Non credo che “detto provvedimento abbia già prodotto conseguenze pregiudizievoli sull’immagine pubblica e sul profilo reputazionale della Presidente” mi sembra che ci sia ampiamente riuscita da sola col nulla cosmico prodotto dal suo governo (continuità territoriale, sanità, etc) eccetto la creazione di un dispendioso superstaff perlopiù composto da OMISSIS ma lautamente strapagati.
Caro professore, la sua precisazione finale lascia intendere che possa aver ricevuto pressioni o tentativi di intimidazione riguardo ai contenuti pubblicati sulla questione Todde. Può chiarire se i legali della presidente hanno avanzato minacce esplicite o tentativi di censura nei suoi confronti? E, in tal caso, in che forma si sarebbero manifestati?
Ma schifezze!
Dunque la Todde cosa che si verifica da quando è entrata nel movimento cinque stelle si erge al di sopra di tutte le parti e persino dei suoi colleghi parlamentari nel voler diventare la Presidente della Regione di tutto e di tutte ma attenzione senza sostenere alcuna spesa!
Ma non si vergogna considerati i tagli volontari spacciati per donazioni ai cittadini che da sempre i parlamentari si autoinfliggono?
La tua analisi è lucida e mette in evidenza le incongruenze di una difesa che appare più politica che giuridica. Il punto centrale è che gli avvocati della Todde non contestano le rilevazioni del Collegio di Garanzia della Corte d’Appello, e questo è un fatto determinante: se non si oppongono alle motivazioni della decadenza, di fatto le accettano.
Ancora più rilevante è il fatto che il ricorso presentato non fa altro che mettere nero su bianco una dichiarazione di OMISSIS da parte della Todde. Le sue affermazioni pubbliche, in TV e su altri canali, in cui dichiara di aver speso di tasca propria per la campagna elettorale, sono totalmente incompatibili con la linea difensiva adottata. Questo significa che, nel tentativo di giustificarsi, si sta di fatto auto-smentendo, creando un boomerang giuridico e politico.
L’incoerenza è evidente anche nella gestione del Comitato Elettorale: la Todde nega di aver speso, ma al tempo stesso riconosce un comitato che, a rigor di legge, non ha mai avuto alcuna delega formale per operare in suo nome. È un corto circuito logico e giuridico da cui non si esce se non ammettendo che qualcosa non torna.
In questo contesto, il ricorso sembra più un tentativo di spostare l’attenzione dal nodo centrale della vicenda: il mancato rispetto delle norme sulla trasparenza delle spese elettorali. E a quanto pare, la difesa non fa altro che confermare che quelle spese, in un modo o nell’altro, ci sono state. Il che, in un procedimento che ruota attorno alla mancata dichiarazione di spese, non sembra proprio la miglior strategia difensiva.
Si potrebbe quasi pensare che, nel tentativo di rattoppare, abbiano finito per scavare una voragine.
Mi par di capire che il ricorso della Todde faccia acqua da tutte le parti… A noi non rimane che muoverci per costituirci in giudizio come elettori (indignati) e portare all’attenzione del giudice quelle prove che in sede civile il tribunale non può acquisire autonomamente.
Rimango letteralmente sbalordito per la prima affermazione di chi non ha sostenuto spese perché ci ha pensato un Comitato.
Rispondo con una Domanda che rappresenta una confutazione “automatica” da quanto su enunciato:
Chi ha ottenuto, se NON Todde, i benefici diretti derivanti dai costi sostenuti da questo Comitato?!
Mi fermo qui e lo faccio perché non intendo proseguìre la questione all’interno di un paradigma Giuridico. Come Cittadino ho appreso, a suo tempo, i rilievi (sette) del dispositivi del Collegio di garanzia e, ho già fatto le mie VALUTAZIONI POLITICHE.