Quando facemmo notare che non solo era sbagliata la legge di riforma sanitaria che sta alla base dei commissariamenti (sbagliata come quasi tutte le leggine fatte, nella storia regionale, per mascherare di legittimità i commissariamenti), ma anche che erano illegittimi e pericolosissimi, per le casse regionali, i rimborsi spese inseriti nei contratti fatti firmare in tutta fretta ai commissari, l’assessorato della Sanità, a partire dal suo Direttore generale, fece spallucce. Loro sono bravissimi e noi siamo scemi, brutti e cattivi. E così sia.
Oggi, la presidente Todde dichiara, con consueta sicurezza a fondamento friabile, che la Regione è sicura del fatto suo nel giudizio pendente di fronte alla Corte Costituzionale sulla legge di riforma sanitaria, perché si sente dotata di robuste ragioni giuridiche e di ottimo collegio difensivo.
Io sarei meno sicuro, perché non si tratta di un giudizio dove una cospirazione di corridoio ha tolto di mezzo l’avvocato difensore della controparte, che, guarda a caso, è lo Stato (a mia memoria, l’annichilimento fisico della difesa dell’interesse pubblico più eclatante della storia italiana è stato l’omicidio Ambrosoli; questo di Cagliari con il prof. Fercia sta, nella classifica delle rotture di coglioni del vice-questore Schiavone, comunque al 10 posto, cioè raggiunge l’intensità dell’omicidio), si tratta invece di un giudizio alla pari, tra lo Stato con le sue ragioni e la Regione con le sue pretese.
Il dubbio, però, che la Regione, con i commissariamenti, abbia messo il piede in un’ampia pizza deiezionale di un bue della festa di Sant’Efis è divenuta certezza, quando avvocati e dirigenti regionali ormai in piena lotta per la sopravvivenza contro il clima plumbeo del Duca Cinquecaschili, mi hanno inviato queste due sentenze (501/2017; 330/2020) delle sezioni centrali della Corte dei Conti, entrambe relative alla Sardegna e entrambe sanzionanti come illegittimi i rimborsi per il trasporto da casa all’Ufficio nonché per i costi di alloggio. Riporto le frasi dispositive:
“In via di estrema sintesi, dal coacervo normativo e contrattuale vigente in subiecta materia(cfr. art. 6 L.R. n. 20 del 1995; art. 7 c.c. l. Regione Sardegna 2000-2001, reiterato nell’art. 54 c.c. l. 2006-2007), anche per gli amministratori di società pubbliche regionali, vale la disciplina normativa e contrattuale prevista per i dirigenti della Regione, mentre l’eventuale rimborso di spese di missione, pur contrattualmente previsto, deve essere limitato alle sole trasferte dalla sede di servizio ad altro luogo per ragioni lavorative, e non certo per sollevare l’amministratore dall’onere economico della scelta di non risiedere nella località di servizio“.
“Nel merito, e con riferimento al rimborso delle spese di viaggio di andata e ritorno sulla tratta Oristano (luogo di residenza) – Cagliari (luogo di lavoro), l’appellante ha sostenuto chele norme regionali da applicare erano di non facile comprensione e che, in ogni caso, l’art. 7 delCCL della regione Sardegna per il biennio 2000 – 2001 prevedeva – contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di prime cure – una indennità di trasferta e la possibilità di utilizzo del mezzo proprio per i dirigenti comandati a prestare la propria attività lavorativa in località diversa dalla dimora abituale, distante più di dieci chilometri dall’ordinaria sede di servizio.
La censura non ha pregio.
Come è già stato correttamente precisato dai primi giudici, dal riconoscimento della sussistenza del rapporto di servizio dell’Amministratore unico della S.I. con la Regione discende la sottoposizione dello stesso alle norme regionali, anche in ambito retributivo.
Peraltro, diversamente da quanto prospettato dall’appellante, non esistevano difficoltà interpretative sulle norme da applicare e sul trattamento economico spettante, dal momento che già all’atto della nomina del T., avvenuta nell’assemblea ordinaria del 27 dicembre 2000, all’Amministratore unico venne attribuito un compenso annuale “secondo quanto previsto dall’art. 6 della L.R. n. 20 del 1995 per i Presidenti degli enti strumentali della R.A.S. ed equivalente alle competenze spettanti ai direttori generali della Regione”.
Nessuna incertezza sussisteva sugli emolumenti spettanti anche alla luce delle norme statutarie, dal momento che l’art. 18 dello Statuto societario ha previsto che all’organo amministrativo spetti il rimborso delle spese sostenute per ragioni di ufficio, assegnando all’assemblea la facoltà di attribuirgli una indennità annuale, come è avvenuto nella specie.
Privo di pregio è anche il motivo di appello con cui il T. ravvisa in tali norme statutarie, e nel riferimento alle “ragioni di ufficio”, il fondamento giustificativo dei rimborsi spese e delle indennità chilometriche goduti”.
Da tutto ciò conseguono due cose.
La prima è che all’assessorato della Sanità non c’è gente che sappia chiudere la porta, posto che hanno inserito nei contratti clausole di riconoscimento di rimborsi palesemente non dovuti.
La seconda è fornita dalle date di queste pronunce, e soprattutto dalla 501 del 2017.
Io nel 2017 mi dimisi da assessore e lo feci per due ragioni: perché ero consumato dalla stanchezza e aggredito dalla magistratura.
L’aggressione si risolse in un nulla di fatto, ma non per archiviazione ufficiale di indagini ufficiali, piuttosto per archiviazione di fatto di indagini abbandonate perché rivelatisi inconcludenti.
In quegli anni, vi erano miei colleghi assessori che godevano della persecuzione giudiziaria cui il mio partito veniva sottoposto (vi fu anche un Presidente del Consiglio che scrisse che una ASL doveva fornire ai consiglieri regionali l’elenco nominativo dei lavoratori interinali, per poi tacere quando la stessa richiesta venne inoltrata alla ASL di Sassari, la quale si guardò bene dal rispondere, con grande soddisfazione del legalissimo Presidente del Consiglio), alcuni dei quali facevano viaggiare pressoché ogni giorno il loro autista dalla loro residenza, distante centinaia di chilometri, alla sede dell’assessorato, pur di non prendere una stanza o un appartamento a Cagliari. La sentenza della Corte dei Conti era già nota, oggi questi signori dovrebbero restituire un po’ di bei soldi e forse essere condannati per peculato d’uso, ma a me si contavano i peli delle ascelle e il PH del sudore, a loro si lisciava il pelo, perché loro erano nelle simpatie dei magistrati, similes cum similibus in ordine viperarum. Prima o poi scriverò il libro di quegli anni, almeno per non lasciare alibi a nessuno.
Prof la nostra Presidente non perde l’occasione di dichiarare che la riforma è in una botte di ferro sicurissima che la corte gli darà ragione
Oggi trovo molto Bella l’opera di apertura al testo.
Non certo come stile, ma come uso di significanti, fa percepire il vocabolario di Magritte.
Di fronte alle cose E’ OBBLIGO deporre ogni volonta’ perche’ non si sta al mondo per soffrire.
Un campo largo allo sbaraglio, dove la Todde dichiara “Affiliamo le armi per il ricorso” invece di pensare di far le leggi in modo consono, ma un PD assente completamente, dove il Comandini cerca di porre una pezza alla figuraccia. Livelli bassi, basti leggere oggi l’articolo dell’ Unione Sarda ( https://www.unionesarda.it/politica/consiglio-regionale-laula-al-lavoro-per-15-ore-al-mese-qemzf052) dove il consiglio regionale si riunisce per sole 15 ore al mese, una tristezza, maggioranza e opposizione giocano al gatto e al topo solo ed esclusivamente per accaparrarsi visibilità.
Dottore, quel direttore si è lamentato (la voce è arrivata a Sassari) del fatto che l’eroina senza macchia e senza peccato non abbia pensato ai casini: e menomale che sei direttore generale!!! “Dizzi chi è fendi” (il direttore) come Augusto quando seppe delle legioni perdute a Teutoburgo:”Alessa’…rendimi i miei commissari!!!”
Buondì Prof!
Nell’attesa di un intervento della Magistratura superiore e del Ministero competente per intervenire De iure per riaffidare l’incarico al prof Fercia, mi soffermo sul sua frase ‘all’ Assessorato alla Sanità non c’è gente che sappia chiudere la porta’ e confermo che sia la realtà, nuda e cruda,
avendo constatato di persona le ‘competenze’ da parte di chi è inserito in quegli uffici.
Sono tra l’altro gli stessi Uffici che in una riunione online convocata dall’Assessorato (ma con Bartolazzi assente e in sua vece, presente la consulente) lo scorso dicembre 2024 hanno detto ai 24 Masterati in Politiche della famiglia (non 25 perché una di loro, assistente sociale è appunto divenuta addirittura la consulente dell’assessore Bartolazzi ed era pure stata indicata dalla stessa Todde come candidata Sindaca a Nuoro! ) che non avevano i soldi nemmeno per pagare loro gli spostamenti – alcuni risiedono nel Nord Sardegna (parliamo di funzionari e dirigenti dei maggiori comuni sardi e di 5 dirigenti di terzo settore) per gente che avrebbe dovuto comunque lavorare gratis, con o Senza i rimborsi per gli spostamenti, in quanto i soldi programmati non si sa dove siano finiti…
Spiace constatare che le persone valide e integerrime, sia nel caso del prof. Fercia sia nel caso di questi professionisti debbano essere trattate così dal campo largo, ma pure senza che neanche la minoranza prenda posizione.
Evidentemente la poltrona fa comodo a tutti loro e le ingiustizie possono proseguire, tanto loro sono intoccabili e di certo non gli è stato chiesto di lavorare GRATIS come è stato proposto, e ovviamente non accettato ai 24 professionisti della Agenzia in Politiche familiari che si doveva istituire (che poi qui si dovrebbe vedere veramente il lavoro di ogni singolo consigliere regionale e se ‘meriti’ l’obolo pagato con nostri soldi pubblici).
Oppure, è probabile che per il campo largo ma pure la minoranza in questo caso bipartisan, viste le regalie dello scorso Natale con la leggina ad hoc senza bando,
‘renda di più’ la frutta a guscio’, invece del supporto alle famiglie sarde con interventi ad hoc che sarebbero scaturiti in tutto il territorio sardo, inserendo detti professionidti così come era stato previsto addirittura dall’assessore Nieddu che aveva accantonato le somme.