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Prossime elezioni: prepotenza o negoziato?

Posted on 20 Agosto 202520 Agosto 2025 By Paolo Maninchedda 13 commenti su Prossime elezioni: prepotenza o negoziato?

Oggi La Nuova Sardegna pubblica un’intervista alla presidente Todde che parla di tutto (sulla continuità aerea le balle sono troppe e quindi noi intervisteremo nei prossimi giorni l’ex assessore Moro), ma non della possibilità della sua decadenza, sulla quale lei si dice serena, e c’è da crederle, perché mai in nessun luogo, intorno a un banale e errato rendiconto delle spese elettorali si erano registrati, nell’ordine:
– un’effrazione negli archivi del Collegio di Garanzia (con indagine aperta e puntualmente non conclusa con la cattura dei colpevoli e l’accertamento dei moventi e dei mandanti. Se non si sa fare pulizia in casa, la casa resta sporca anche con tocco, parrucco e toga);
– un durissimo scontro tra magistrati intorno alla difesa del Collegio di Garanzia;
– un’esplicita strategia istituzionale volta a usare la giurisdizione non per fare giustizia, ma per prendere tempo.
Una battaglia così complessa e articolata ha molto a che fare col potere e pochissimo col diritto e dunque se la Presidente si dice serena, si può scommettere che vincerà il potere e non il diritto, come sempre, e questo è il motivo per il quale io non frequento magistrati (a differenza dei giornalisti che svacanzano con i magistrati e poi fingono di parlarne con distacco).

Interno notte a Sinistra Primo scenario: la Todde non decade. Posto che la presidente ha dichiarato che la sua squadra è inamovibile, possiamo star certi che la Sardegna verrà travolta da:
– una crisi demografica senza freni, acuita dall’incapacità politica di comprenderla e di aggredirla;
– una crisi dei redditi e dei servizi di tutta la Sardegna rurale;
– una crisi della sanità che diventerà cronica e che esacerberà gli animi di tutti;
– una crisi del territorio che sarà completamente esposto alla speculazione energetica per incapacità normativa e di governo della Giunta (non c’è una sola iniziativa proposta dalla Giunta che abbia retto nei tribunali. La Sardegna è completamente indifesa);
– una crisi morale dell’Isola per l’estensione del sistema clientelare e corruttivo dei finanziamenti ad personam erogati dal Consiglio regionale;
– una crisi formativa e educativa del sistema scolastico e universitario dovuta all’assenza di un disegno organico sui bisogni e le ambizioni culturali della Sardegna. L’Assessorato della Pubblica Istruzione è diventato un assessorato di piccoli finanziamenti a pioggia che si disputa col Turismo il favore delle sagre.

Così malandati si arriverà alle elezioni e la Todde verrà travolta e archiviata. Nel mezzo ci saranno le elezioni politiche, che saranno un Vietnam più per il Pd che per i Cinquestelle, perché la Todde se ha un approdo certo, questo è il Parlamento, mentre in casa Pd la disponibilità di 2 o 3 posizioni di sicura elezione non è sufficiente a soddisfare le ambizioni dell’uscente Marco Meloni (il presentatore di interrogazioni strategiche su conversazioni private al ristorante. Occhio agli argomenti di cui parlate, se nel locale c’è lui!), degli entranti Piero Comandini (il servizio salivare va onorato) e del vicepresidente della Giunta Giuseppe Meloni, che già sono tre maschietti per due posti; poi bisognerà trovare una signora e qui si consumerà un’ordalia tra esponenti del politically correct in versione Conan il Barbaro, perché quando ci sono di mezzo potere e denaro, il lessico e le posture della tolleranza da salotto vanno a farsi friggere, a favore dello scontro alla Five Points.
Si va a elezioni e vince la Destra, forse.

Interno notte a Destra. La Destra non ha mai scelto un suo presidente con le primarie. Il suo metodo è l’accordo o la congiura di palazzo. Anche il prossimo appuntamento elettorale non farà eccezione. Nella spartizione delle presidenze a livello nazionale italiano, la Sardegna spetterebbe a Fratelli d’Italia: Lega e Forza Italia ne esprimono già troppe rispetto alla loro forza elettorale. Tuttavia, il partito di maggioranza relativa ha il suo dirigente più intelligente, Truzzu, azzoppato da una cocente sconfitta elettorale dovuta a un difetto di buon senso su traffico e marciapiedi a Cagliari (stessa crisi di senno che sta affliggendo l’attuale sindaco), ha un graduato in seconda, Francesco Mura, che vorrebbe farsi avanti con più ambizione che ragione ma che non ha la forza di imporsi, e un deputato, il mitico Sasso Deidda, che come si muove fa danno (politico). Ma attenzione, dietro Fratelli d’Italia si aggira Cappellacci, che sta per lasciare il partito di Berlusconi, e Ugo potrebbe essere l’asso nella manica della Meloni e sarebbe una brutta bestia elettorale per il centrosinistra.  L’unica controindicazione sarebbe il rischio del sapore della minestra riscaldata, che sembra non essere gradita all’elettorato sardo.
È per tutte queste ragioni che alcuni ‘laici’ stanno scaldando i motori. Su tutti Angelo Binaghi, il presidente della Federazione Italiana Tennis, fortissimo per popolarità, meno per simpatia. È il candidato dei Riformatori, ma sta trattando a livello nazionale anche con Fratelli d’Italia (dove ha un notevole potere negoziale, se decidesse di mollare la ricca torta sportiva in cambio di quella miseranda della politica sarda). L’inconveniente è dato dalla sua indisponibilità alla trattativa: Binaghi pretende dagli alleati una delega in bianco, cosa non semplice e neanche comprensibile in politica. Dentro gli stessi Riformatori il suo decisionismo è dipinto come prepotenza, figuriamoci come lo avvertono gli alleati.
In pole position si sta collocando anche Settimo Nizzi, che da quasi un anno ha indossato l’animo buonista e dismesso quello di portuale di attacco e di attracco. Tutto si può dire ma non che Nizzi non si stia muovendo bene. Ha ridotto i conflitti, cura moltissimo di apparire solo sulle cose fatte, non polemizza con nessuno, è affabile, ha ritrovato il volto bonario di quando era democristiano, intrattiene rapporti di altissimo livello con tutta la politica italiana. Piaccia o non piaccia è tra i candidati più appetibili per i moderati e lui lo sa. Tuttavia, le cicatrici della prepotenza e degli show provocatori nei consigli comunali olbiesi sono ben presenti nella memoria degli addetti ai lavori, per cui intorno a Nizzi si registra contemporaneamente simpatia e diffidenza, non proprio un mix da candidatura, ma certamente da verifica.
Il candidato più ecumenico del centrodestra è Pietro Pittalis che, da deputato, ha studiato da papa: benedice tutti, è presente, non si scontra, non fa mancare una parola di conforto, ha l’età giusta per non essere più soggetto a inutili attacchi d’ira o di vendetta, insomma, è rassicurante, capace di comporre, di governare senza far sentire troppo il peso del proprio potere. È intaccato dalla sconfitta elettorale alle amministrative di Nuoro, ma è anche noto che il suo potenziale elettorale non è trasferibile: se c’è lui è attivo, se non c’è, è volatile. Pittalis non è, però, solo un punto di equilibrio: ha l’ambizione di non passare senza lasciare qualche segno positivo, quindi si porterebbe dietro un pezzo di squadra tutto suo, un po’ di uomini macchina in grado di far camminare l’amministrazione e la Giunta, molti dei quali, ne sono certo, verrebbero dalle fila del centrosinistra.

E noi? Che cosa possono fare quelli come me che hanno votato Soru nell’ultima campagna elettorale? In primo luogo, debbono prendere atto di un limite, che è anche un vincolo. L’area che ha votato Soru è indisponibile a un ragionamento tattico con la Destra, cosa che invece io riterrei giusta e sacrosanta in termini di logica politica pura. Se esistesse una forza sarda, azionista, federalista e socialista (quella che io non sono riuscito a costruire), che rivendicasse come originaria la sovranità della Sardegna e sviluppasse una politica di libertà, coesione e sviluppo, dovrebbe avere due bussole: votare a Sinistra per le politiche, dove sono in gioco i principi liberal-democratici, e lasciarsi le mani libere per le elezioni amministrative e regionali, in modo da non essere fagocitata dalla forza del bipolarismo. Questa, in astratto, dovrebbe essere la postura più vantaggiosa (quella che il Psd’az non sa interpretare per eccesso di opportunismo); in concreto, chi la scorsa volta ha votato Soru è disponibile solo a un’alleanza a Sinistra e di questo bisogna prendere atto.

Con questo vincolo (un po’ suicida) quali strade sono percorribili oltre alla resa al Pd?
Sia nel caso che la Todde venga dichiarata decaduta o che si dimetta un attimo prima di esserlo o che concluda la legislatura, il Pd sa che la prossima volta una o più liste strette intorno a un candidato alternativo a quello del Campo Largo determinerebbe la sconfitta. Un conto è, infatti, candidarsi sull’onda del favore della logica dell’alternanza, un altro candidarsi da uscenti e per di più consumati.
La conseguenza è una sola: bisogna costruire un’aggregazione credibile, liberata dalla spocchia dell’estremismo, capace di esprimere una candidatura appetibile e esigere nuovamente dal Pd primarie di coalizione serie, non manipolate né manipolabili (oggi la tecnologia aiuterebbe a raggiungere lo scopo molto più che in passato).
Ovviamente, per essere credibili, bisogna dichiararsi e essere pronti ad andare fino in fondo, cioè a competere alle elezioni in mancanza di primarie. Non vedo uomini o donne con questa determinazione e con questo coraggio, ma se emergessero, li voterei.
Chi si pronuncerebbe contro le primarie?
Non il Pd, ma certamente la Todde, tuttavia avrebbe meno forza e nessun argomento per reggere la pressione degli alleati che saprebbero, in caso di diniego, di essere condannati alla sconfitta.
Qual è il limite di questa proposta? La disgregazione dell’area Soru, che non si è unita nella fatica dell’opposizione, è vissuta da orfana del Pd e sembra essere lì pronta a accettare un piattino di lenticchie pur di rientrare.
I dirigenti del Pd più accorti, sono finissimi psicologi: sanno riconoscere i deboli mascherati di inutile aggressività e distinguerli dai duri veri. Lavoreranno a dividere e temo che riusciranno nell’impresa. Per farlo, rifiuteranno il discorso politico alto (perché sanno che ciò che ha diviso gente come me dalla Todde è una diversa visione dello Stato, del diritto, della cultura, del merito, dell’amicizia e della storia) e negozieranno moltissimo sulle debolezze dei singoli. Se dunque, come io temo, non ci sarà neanche tatticamente un terzo polo, gli azionisti come me si troveranno nuovamente di fronte a due scelte su cui pronunciarsi per minor rigetto piuttosto che almeno per parziale adesione. E, francamente, avrei voluto che me lo si evitasse.

 

Elezioni, Giunta Todde, Politica, Vetrina

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Comments (13) on “Prossime elezioni: prepotenza o negoziato?”

  1. Antonio Appeddu ha detto:
    25 Agosto 2025 alle 16:09

    Quando usciremo dalla mortale alternativa fra cd e cs? Perché non lavorare alla costituzione di una federazione di movimenti identitari e civici?

  2. Alessio ha detto:
    22 Agosto 2025 alle 11:19

    Buongiorno,
    alcune considerazioni in ordine sparso da un osservatore di società e processi culturali. Oltre al fatto significativo della forte astensione dalla cabina elettorale delle ultime consultazioni regionali, in soldoni la Todde sta dove sta a causa dei Cagliaritani che hanno non votato (o votato contro) Truzzu per ripicca. Perché hanno ragionato bovinamente in base alle code del traffico e non col pensiero lungimirante che grazie a quei lavori, cantierati dall’ex sindaco, la città (arretrata) sia un posto migliore. Per loro, paradossalmente, la bontà di una amministrazione la si giudica sul crasso immobilismo (no tocchis nudda).
    Insomma, Todde presidente per un caso di serendipità.
    Soru. Bruciatosi durante il suo mandato, fu asfaltato nelle successive elezioni conquistando lo scettro del perdente. I suoi esigui numeri sono totalmente insufficienti per un terzo polo. Senza contare la scarsa diplomazia del personaggio che lo allontana da qualsiasi pensiero di coalizione.
    PD, partito sublimatosi dall’unione di due partiti storici che nulla avevano da spartire: comunisti e democristiani. Progressisti vs conservatori, visioni del mondo agli antipodi: a favore dell’aborto vs ferventi oppositori, a favore del fine vita vs oscurantismo cattolico sul tema, libertà vs controllo, etc.. Un partito annichilito da queste contraddizioni, peggiorato in questi ultimi anni dalle follie woke. Un cancro da estirpare nel panorama politico italiano. Totalmente fuori dal tempo, dallo spazio e dalle esigenze.
    5 stelle. I paladini dell’onestà, ma non della loro. Fautori dell’università della vita (ignoranza sdoganata). L’onda lunga dello zecchismo del reddito di cittadinanza e del 110% sta scemando, sperando si sciolgano come neve al sole. Pericolosi.
    La destra, un partito personale che ha un nome e cognome: Giorgia Meloni. Non si può negare che sia una grande lavoratrice e che cerchi di fare gli interessi dell’Italia (per quanto poco conti nel panorama internazionale). Ha il “piccolo problema” di essere totalmente circondata da spazzatura, di cui vediamo giornalmente le gesta tragicomiche del suo governo.
    La sintesi è abbastanza deprimente. Non c’è stato un cambio generazionale in politica. I matusa hanno razziato tutto, a causa dei loro culi ben attaccati alla poltrona sino alla fine. E’ lo scenario più pericoloso, dove sensuali pirati e predoni possono prendere il potere per fare i loro interessi.

  3. L(osi) ha detto:
    21 Agosto 2025 alle 09:59

    Buongiorno gentile Professore,
    lei scrive <>.
    Ricordo i circa 15 giorni di finta unione, tutti lì a Palazzo Doglio. Poi, il salto!
    No, non li voteró. Che sinistra?
    Torni Soru.
    Si candidi Lei!! La voterei con sincera convinzione, lei, Professore, che anima le giornate con riflessioni che riempiono il cuore e svegliano i cervelli dormienti.
    Un saluto cordiale

  4. Salvatore ha detto:
    20 Agosto 2025 alle 21:27

    rifondare il partito dei Sardi, con Gianvalerio Sanna Presidente della Regione Sardegna, e alleanza con il centro destra, vi ricordo gli insulti del movimento 5 stelle ai compagni del Partito Democratico , eppure oggi vanno a braccetto.

  5. Mario Pudhu ha detto:
    20 Agosto 2025 alle 19:35

    … Si si càndhidat sa Dimìtida ite arratza de “appeal” podet tènnere: cussu de su «orgoglio di prima presidente donna», cussu de su chi at ischidu e pruschetotu chérfidu e no chérfidu fàghere, o cussu de sos “appilliados” beneficiati?
    Tiat èssere a donzi modu a insìstere che irresponsàbbiles irbentiados cun sas cambaradas destra/sinistra, polo qua e polo là, e polli sempre qui, a esércitu de candhidados chentza mancu ischire ite fàghere e si carchi cosa ischint fàghere o tenent idea de comente semus postos sos Sardos, si no sa propaganda e trassas pro bìnchere!
    Bi cheret pessones chi ant zai dimustradu ite balent e podent menzus bàlere pro guvernare sa Sardigna e afrontent mescamente su cambiamentu de raportu de sa Sardigna cun s’Istadu italianu e intantu s’iscant menzus serbire fintzas de su pagu podere chi tenet oe sa RAS.
    Ma tocat a la finire cun sa ‘polìtica’ miseràbbile e vigliaca de afares e afariedhos per conto proprio e per conto terzi fintzas de su Corru de sa Furca!!!
    Bi cheret in sensu istitutzionale una unidade de intentziones fintzas ammitindhe duas formatziones e no prus de duas, e no etichetas de pubblicitàrios bendhindhe cosa e sìmbulos de partidos irbentiados e passados de cassola.

  6. Antonio ha detto:
    20 Agosto 2025 alle 16:12

    L’unico che può difendere la Sardegna con persone libere e competenti come il prof Maninchedda e Gian Valerio Sanna è Renato Soru

  7. Enzo ha detto:
    20 Agosto 2025 alle 16:10

    Spesso si affronta questo tema e quasi sempre – non sempre, ma quasi – vengono sottovalutate alcune variabili. Ce ne sono due, immagino destinate a collegarsi, che abbatteranno i loro effetti anche sulle prossime regionali, che si tengano quest’anno o più in là.
    ..
    La prima variabile è il 48% dei sardi che a febbraio del 2024 è rimasto a casa. Se qualcuno crede che quanto accaduto da allora possa ridurre quella percentuale, può anche credere negli unicorni rosa. La nausea è cresciuta. La seconda variabile è rappresentata da un numero difficile da scannerizzare ma è ragionevole – non sicuro, ma ragionevole sì – immaginare che peschi un po’ fra lo stesso 48% e il restante 52%. Sono i 211mila sardi a cui la politica da una parte ha detto impiccatevi, dall’altra ha provato a cavalcare suscitando il disgusto degli opportunisti.
    ..
    Si sottovaluta, o comunque non lo si analizza con la dovuta attenzione. il fatto che la metà dei sardi aventi diritto a votare non ci va più. E il combinato disposto dei due punti di cui sopra, potrebbe veramente segnare il passaggio in minoranza dei votanti.
    ..
    Sarebbe il caso che alcuni – tanti, in realtà – un paio di domande se le facessero. E senza usare la premessa che il non voto favorisce quelli sbagliati eccetera, perché chi non vota li ritiene tutti sbagliati. Tutti. L’inversione di tendenza ci sarà, se ci sarà, nel momento in cui qualcuno e qualcosa di realmente nuovo si paleseranno con argomenti convincenti. Altrimenti, la fallimentare alternanza fra centrodestra e centrosinistra continuerà sino a estinzione dell’ultimo votante.

  8. Paolo 1 ha detto:
    20 Agosto 2025 alle 14:16

    Egregio professore, io penso che sia sempre in tempo e anzi la sua esperienza sia un valore aggiunto alla nostra terra. Poi naturalmente ogni persona fa le sue valutazioni personali ma penso sinceramente che sia veramente importante avere una classe politica preparata. Con un esperienza alle spalle ma soprattutto competente. Tutto quello che oggi manca.

  9. M ha detto:
    20 Agosto 2025 alle 14:13

    credo che alle prossime elezioni mancherà la possibilità di avere un gruppo di persone serie, interessate al bene comune. Persone che voteranno e vorranno servire in politica, come si diceva un tempo. Semplicemente perché tale gruppo non c’ è o, forse, perché tutti ma proprio tutti, politicanti e affaristi, li attaccheranno in modo subdolo. Non si fa politica sparlando, individuando i deboli, accusando ecc. ecc. Ho una grande nostalgia di quando si discutevano i pro e i contro con rispetto per l’ avversario e il pubblico. Allora si poteva sperare in un onesto compromesso. Ora si punta alla distruzione della parte avversa, semplicemente per sostituirla. Il disprezzo per chi deve votare e non ha potere ‘contrattuale’ è supremo.

  10. Paolo Maninchedda ha detto:
    20 Agosto 2025 alle 13:48

    La ringrazio per la stima, ma credo fermamente non sia più né il mio tempo né il mio ruolo.

  11. Franco ha detto:
    20 Agosto 2025 alle 12:24

    Caro Paolo,
    L’a tua principale interpretazione dice: prevarrà il potere, la Presidente non decadrà e andrà avanti. Io propongo la lettura opposta: in un contesto in cui il diritto è diventato terreno di scontro simbolico, la scelta razionale — e quindi probabile — è dimettersi “a orologeria” poco prima delle tappe giudiziarie cruciali. Non per rinunciare, ma per riportare lo scontro sul terreno politico e sul controllo del timing.
    A fortiori assume primaria importanza la scelta del momento e del metodo: meglio “me ne vado io” che “mi cacciano i giudici”. Le dimissioni, infatti, sottraggono agli avversari l’immagine del commissariamento giudiziario e consentono di incorniciare la vicenda come un gesto di responsabilità (“non lascio la Sardegna ostaggio dei ricorsi”), trasformando una resa apparente in un rilancio politico. In questa prospettiva, l’uscita anticipata può perfino attivare una dinamica di vittimizzazione attiva, costruita su una narrativa più spendibile di quella che scaturirebbe da un eventuale dispositivo negativo o da una sentenza favorevole ma politicamente irrilevante. Uscire prima del verdetto consente un reset dell’agenda pubblica: si disinnesca l’erosione quotidiana e si rilancia su temi scelti, non subiti.
    Dal punto di vista istituzionale, le dimissioni tecniche eviterebbero settimane di paralisi e aprirebbero una finestra di chiarezza politica e amministrativa. I dossier critici, oggi percepiti come passivi, potrebbero essere riqualificati come priorità da riaffrontare con un mandato pieno. In questo scenario, lo sblocco decisionale sarebbe non solo possibile, ma potenzialmente virtuoso.
    Anche dal punto di vista coalizionale, la mossa anticipata ha un senso strategico: riportare il conflitto sul piano della “sfida democratica” obbliga gli alleati a chiudere le fratture e a schierarsi sul terreno che conoscono meglio — quello elettorale. Chi controlla il momento, controlla anche le liste, i messaggi-chiave e l’architettura della proposta politica. Così facendo, si ricompatta il Campo Largo e si ridisegna il potere negoziale.
    Naturalmente, tutto dipende dalla meccanica del timing. Il momento più efficace è a ridosso — ma prima — dei pronunciamenti giudiziari attesi, in modo da oscurare mediaticamente il verdetto e relegarlo a notizia di secondo piano. Il testo dell’annuncio dovrebbe evocare senso di responsabilità, rifiuto della strumentalizzazione giudiziaria e volontà di chiedere ai sardi un nuovo mandato. L’obiettivo è entrare in modalità campagna elettorale, ponendo al centro l’agenda del futuro (sanità, scuola, lavoro, energia), e non la trafila di ricorsi e sentenze.
    Anche gli effetti sugli avversari sarebbero significativi. Il centrodestra si troverebbe spiazzato e costretto a riorganizzare candidati e narrative in fretta, con trattative di palazzo che rischierebbero di perdere tempo prezioso. Gli avversari interni, che confidavano in un “verdetto risolutivo”, verrebbero disinnescati: privati del detonatore giudiziario, dovrebbero tornare a confrontarsi su leadership, programma, coalizione.
    I rischi, certo, esistono. Ma sono calcolabili. L’accusa di fuga può essere neutralizzata con il frame della responsabilità: “non lascio la Regione nell’incertezza giudiziaria”. E anche l’eventuale effetto boomerang di una sentenza favorevole può essere mitigato dalla reputazione di chi ha scelto il confronto politico anziché il logoramento procedurale. Si paga un prezzo in termini di interruzione dell’azione di governo, ma si evita un’agonia fatta di attese, rinvii e sospensioni.
    Alcuni segnali possono anticipare questa strategia: una progressiva sospensione di atti divisivi a favore di un’agenda più “consensuale”; un riposizionamento comunicativo centrato su identità e mandato piuttosto che su dettagli tecnico-giudiziari; l’apertura di tavoli politici focalizzati su regole e liste, più che su atti di giunta; un calendario fitto di iniziative territoriali con un tono da “mandato da rinnovare”.
    Infine, le implicazioni per le altre aree politiche sono chiare. Il Partito Democratico e gli alleati vedrebbero aumentare la pressione per una trasparenza effettiva sulle regole di coalizione: primarie vere, apertura inclusiva, condivisione della roadmap. L’area riformista e azionista, per non subire il frame imposto, dovrebbe agire subito con due mosse: un patto di trasparenza su regole e liste, chiaro e immediato, e una proposta di agenda di governo “in 100 giorni” che sottragga il dibattito alla contabilità sterile delle polemiche.
    Se, dunque, il diritto è diventato il pretesto del conflitto e non più lo strumento della sua composizione, la mossa razionale è anticipare il verdetto con dimissioni strategiche. Non per abdicare, ma per riprendere in mano il controllo del tempo e del racconto. In questa prospettiva, non è il potere che resiste a prevalere, ma l’opportunismo del timing: scegliere il quando per determinare il come.
    Saluti cordiali,
    Franco

  12. Maria Grazia Corrias ha detto:
    20 Agosto 2025 alle 12:00

    Caro Professore, concordo su tutto e le faccio una proposta: si candidi Lei !
    Io La voterei e, con me, tanti altri.
    Coraggio, abbiamo bisogno di amministratori competenti che abbiano a cuore le sorti della Sardegna!

  13. Renato Orrù ha detto:
    20 Agosto 2025 alle 09:33

    … a ME non risulta che chi ha votato Soru Progetto Sardegna (come il sotto- ndR ) sia indisponibile a ragionare anche con il CDX (benché ci siano non poche persone che vorrebbero tornare a casetta … ) .
    … e MI risulta pure molto fattibile la posizione di distinguere i livelli lasciando ai Territori le scelte locali
    … e CI pare pure sostenibile un progetto di TERZA VIA al Bipolarismo ormai Psichiatrico che non risolve alcun problema in Italia …figuriamoci in Sardegna . E infatti ne vediamo i non risultati .

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