La morte è una questione drammaticamente seria, forse l’ultima rimasta.
Lo è talmente da aver messo in crisi la consuetudine civile di raccogliere le spoglie dei defunti in un luogo dedicato.
Sempre più persone, ormai, o si tengono le ceneri dei congiunti scomparsi in casa o le disperdono nei boschi e nei mari, perché la cura dei sepolcri non rimedia l’assenza silente e insopportabile, la fine irreversibile, e anzi la acuisce.
Piaccia o non piaccia, la morte, per contrasto, domanda cosa sia in realtà la vita e che cosa possa darle significato.
La risposta è tutt’altro che univoca e/o soddisfacente.
Resta, invece, una certezza che a muovere i tanti che hanno fatto visita ai cimiteri nei giorni scorsi è un sentimento di pietà, di arroccata memoria, di voglia di non arrendersi, di manifestazione del fatto che certamente il male alberga tra noi e in noi, ma anche che tanti affetti, profondissimi, indimenticabili, costellano e hanno costellato l’esistenza di tanti: tenebrae non praevalebunt.
È in questo quadro, profondo ma soprattutto intimo, personale, dolente e resistente, che non riesco a collocare le visite di alcune istituzioni, tra cui la Todde, ai sepolcri di alcuni loro predecessori nella carica ormai scomparsi.
Si vuole forse celebrare una sorta di affezione pubblica?
È falsa.
Sarebbe più autentico portare i fiori sulla tomba di Lussu, di Bellieni, di Gramsci, perché verso queste persone, almeno chi ha letto i loro scritti e conosce le loro vite, può provare affezioni e non calcoli politici di rispecchiamento.
Si vuole, in qualche modo, tener gloriosa la patria?
Considerare la Sardegna la propria patria è, purtroppo, divenuto molto equivoco.
Di fatto è ormai un banalissimo orgoglio di nascita che degrada troppo velocemente verso l’enogastronomia dei prodotti locali, col vino ormai assurto a vessillo di identità.
Se si vuole portare un fiore in un sepolcro vuoto, questo è quello della patria sarda.
Il consumismo lo ha riempito di etichette, dall’Ichnusa al Capichera.
La Todde china sul sepolcro di Mario Melis ha alle spalle l’altissimo consumo di territorio sardo per produrre energia, tutto finito in mano a capitali non sardi e con pochissimi vantaggi per i sardi.
La lacrima è versata, la terra è venduta, grazie ai Decreti Draghi dichiarati inesistenti per i gonzi che ci hanno creduto, e invece reali e efficientissimi per gli avidi che ci speculano.
Orsù, una prece, per la patria che non c’è più, per il ridicolo riproporsi della vertenza entrate a fronte della terra perduta per una campagna elettorale venduta.

Gli operatori elettorali pensano che da tutto si possa ricavare “votini”. E la “”morte”” diviene ghiotta occasione per intercettarli: si sa che diminuiscono a vista d’occhio e dunque perche’ non fare leva sul sentimento che in qualche coglione con le difese deboli.
Non sappiamo leggere bene la realta’ e gli operatori elettorali escogitano tattiche (sempre piu’ banalotte) per garantirsi poltrona.
Addirittura a Sassari e’ stato aperta una bottega dove si vendono “parole” sugli ospedali e a ascoltare cose che sanno fin troppo bene tutti: chi non ha avuto problemi di prenotazioni a lunga scadenza nel Cup?
Eppure , se lo fanno, significa che funziona.
P.s.: trentamila individui perderanno il loro impiego presso Amazon, in un colpo.
Perche’ non Amazonizzare tutti gli operatori elettorali?
I buoni esempi nessuno li ha seguiti. Anche se non credenti, dobbiamo cercare il messaggio nella vita preziosa dei nostri morti.
Povero Presidente Melis.
Pagò l’aver cercato di fare qualcosa per il Popolo Sardo.
E come lui, anche tu, Paolo.
Perchè gli italiani, quando c’é di mezzo l’alzata di testa del Popolo Sardo, non perdonano.
La Todde, ex sottosegretaria in un governo italiano, rammenta più un grimaldello delle multinazionali che la Presidente di una Regione Autonoma.
Sig. Paolo Maninchedda, seguo sempre e con piacere, e questa Sua ancora una volta è degna solo di plauso. L’ultima frase mi da ragione, l’avevo capito da subito.
… Orsù, una prece, per la patria che non c’è più, per il ridicolo riproporsi della vertenza entrate a fronte della terra perduta per una campagna elettorale venduta.
Chapeau!
Egregio, siamo nell’era dell’apparire, delle/degli Influencers. Lo viviamo a livello regionale, lo viviamo a livello nazionale, financo a livello europeo. La politica del governare è soppiantata da chiacchiere e distintivo. Sempre meno politici “puri” e sempre più politici artefatti, figli di strategie comunicative. Ed i risultati si vedono. Saluti.
Si ziu Mario it istatu galu viu, l’aiat currita a corfios de retranca.
non sono sicuro che Mario Melis avrebbe fatto un accordo con il M5S della Todde che di sardismo non ha nulla di niente, complimenti per l’articolo
…Ohi, su binu «vessillo di identità»?! Ma lezide s’eticheta de totu sos binos “che si rispettino”, totu «prodotto in Italia» e «made in Italy», che a sa conca nostra ca a Sardos no nos faghet sa Sardigna: a sardos, comente sa sardina la faghet su mare, nos faghet s’Itàlia.
Sa Sardigna nos faghet a… nudha, niente “sard”. No nos faghet nudha. Sa terra e zente nostra pro nois sunt nudha. Semus nudha. Totu a conca de imbriagadores imbriagados imbriagones ifatu de sa merda de sos partidos italianos e italianistas a fuga dalla libertà, fatti per emigrare, fuggire, scapare e chentza mancu naschire, «sardi nel mondo made in Italy».
«Vessillo di identità» de sa Sardigna sunt sos MAMUTONES, INSOCADORES E MERDULES, ebbenemindhe onore e bantu e barra, in carrasegare, e cun canta carre segada!, a tot’annu e a totu vida!
Sa todhista grillista larghista at a èssere andhada a pedire cossizos a Mario Melis post mortem, che a su “predecessore” chi per riconoscentza a sa tumba che li at leadu «un filo d’orbace», ma pro èssere «vessillo» si tiant bestire menzus a insocadores a tot’annu a cara intitiedhada cun berdone brusiadu.
Sardos imbriagados e irbentiados chentza mancu assazare binu: bastat sa ‘politica’ ascamosa.
Sempre opportuno e puntuale prof.
Ero bambino quando Mario Melis venne a casa per chiedere alla buonanima di mio Padre di candidarsi alle provinciali per il PSdAz, lo ricordo come un uomo tutto d’un pezzo di poche parole con lo sguardo fiero e sincero.
Si sarà rivoltato nella tomba (starà ancora girando) alla vista di Lady3NA coi fiori in mano.
Che schifo, cosa non farebbe per una foto sui quotidiani e un servizio televisivo.
Professo’ complimenti per questo suo emozionante articolo.
Saludos dae Pattada