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Ippocrate: quando un avvocato sa difendere

Posted on 30 Giugno 202530 Giugno 2025 By Paolo Maninchedda 9 commenti su Ippocrate: quando un avvocato sa difendere

Nell’ultima udienza del processo Ippocrate, ha parlato l’avv. Massimiliano Ravenna in difesa del suo assistito.
Riporto stralci del suo intervento perché mi è sembrato esemplare di come si debba difendere un imputato, dell’esattezza logica e di dottrina che è richiesta e della dedizione alla verità che è indispensabile per evitare di essere fumosi, retorici e superficiali. Difendere non è recitare una parte, è essere realmente una parte del processo.
Questa difesa ha un significato particolare per me perché svela, senza mai usare un termine fuori posto, su quali forzature sia stata fondata tutta l’indagine. È la prima volta che vedo smascherata,  con questo nitore concettuale, la torsione del diritto che ha accompagnato tutta l’indagine.
Sono consapevole che è una lettura lunga, ma è anche una lezione di diritto. Chi avrà pazienza se ne avvantaggerà, chi ha fretta, se la tenga. Questo il sommario: La cultura dell’esattezza, la costituzione e gli obblighi nel reclutamento degli interinali; La sentenza volutamente ignorata; Leggi non violate e leggi mal citate; Nessun sistema politico nel reclutamento degli interinali. Il mito Macomer ridotto al nulla; L’invenzione del movente politico del Partito dei Sardi  e la sua inesistenza.

La cultura dell’esattezza, la Costituzione e gli obblighi nel reclutamento degli interinali
  1. Il fatto contestato al capo A) dell’imputazione. L’errata indicazione del tempus commissi delicti.

I.1. Il mio assistito, nella sua qualità di Responsabile dell’unità operativa di Sassari dell’agenzia interinale E-Work S.p.a. (d’ora in poi 2 E-Work) e in concorso con altri è imputato del delitto di frode nelle pubbliche forniture. In particolare, avrebbe assecondato le indebite richieste nominative di personale provenienti dall’ASL di Oristano (d’ora in poi ASL) e avviato al lavoro i soggetti indicati direttamente o indirettamente dal Succu; inoltre, avrebbe omesso di svolgere qualunque attività di selezione e formazione del personale da avviare al lavoro in ASL, in violazione di specifici obblighi assunti contrattualmente.

In altre parole e ancor più specificatamente, il fatto illecito consisterebbe in una frode nell’esecuzione del contratto di appalto n. 1385 del 28.10.2013 stipulato tra ASL e E-Work e concretizzatasi nella somministrazione di manodopera interinale senza osservare le clausole finalizzate a selezionare il personale attraverso criteri oggettivi, consentendo, invece, che la scelta avvenisse sulla base del gradimento di persone operanti in nome e per conto della ASL.

Inspiegabilmente, la medesima imputazione non menziona, come ci si sarebbe aspettati, gli articoli del contratto non osservati, ma, riecheggiando chiaramente il tenore dell’allora vigente art. 323 c.p., enumera una serie di norme di legge la cui violazione avrebbe dato luogo a un ingiusto vantaggio patrimoniale (per gli interinali prescelti) e contemporaneamente ad un danno ingiusto (per quelli che, invece, ne avrebbero avuto diritto): artt. 35 e 36 D.Lgs. 30.3.2001, n. 165; art. 15 Statuto dei Lavoratori (condotte discriminatorie per ragioni politiche).

I.2. Prima di entrare nel merito della vicenda, deve segnalarsi quello che appare un refuso nella individuazione del tempus commissi delicti riferibile all’operato del mio assistito.

Nella imputazione se legge: “(…) fino al 28/4/2016 (data di cessazione del contratto tra ASL di Oristano ed EWORK) e poi dal 1/5/2017 all’ottobre 2019 (data di esecuzione della misura cautelare)”.

In realtà, il contratto tra la società alla quale apparteneva l’imputata e l’azienda sanitaria oristanese è cessato ben prima (e, quindi, anche la consumazione dell’ipotizzato reato).

La E-Work ha somministrato lavoratori: 1) dal 1°.11.2013 al 30.4.2016 (dal 1°.5.2016 al 30.6.2017 subentrò la Tempor S.p.a.); 2) dal 1°.7.2017 al 30.9.2018 (dal 1°.10.2018, infatti, ritornò nuovamente la Tempor S.p.a.).

Ne deriva che l’eventuale fatto di reato contestato al mio assistito si sarebbe astrattamente consumato oltre un anno prima rispetto a quanto indicato nel capo d’imputazione (settembre 2018 e non ottobre 2019).

2. L’insussistenza di alcun inadempimento degli obblighi contrattuali. L’irrilevanza, a questi fini, del richiamo all’imparzialità di cui all’art. 97 Cost.

II.1. In premessa (ma se ne discetterà anche oltre) si rileva la non del tutto comprensibile pretermissione, all’interno della lunga e articolata requisitoria svolta dal P.M. all’udienza dell’8.5.2025, di qualsivoglia riferimento alla sentenza della Corte di cassazione (Sez. VI, 18.9.2010 [dep. 8.10.2020], n. 28130). Sentenza che, come si ricorderà, accogliendo il ricorso proposto dal mio assistito, in questo processo, aveva fissato alcuni principi da osservarsi (obbligatoriamente) nel prosieguo della vicenda giudiziaria che ci occupa, quantomeno se si fosse voluto insistere nella primitiva definizione giuridica dei fatti.

Ma, prima di rievocare i punti qualificanti della decisione in oggetto, converrà riprodurre gli argomenti che hanno sorretto gli atti difensivi dai quali è originata.

II.2. L’imputazione indica espressamente qual è il contratto la cui esecuzione sarebbe stata realizzata con frode: si tratta, come visto, del contratto di appalto n. 1385 stipulato il 28.10.2013 tra ASL e E-Work. Sintomaticamente, si parla di “violazione dei precisi obblighi assunti con il contratto con l’ente pubblico”. La stessa imputazione e, ancor più, la requisitoria del P.M. (8.5.2025) individuano due inadempimenti: 1) la mancata selezione/formazione dei lavoratori da inviare all’ASL; 2) la scelta nominativa di questi ultimi proveniente dalla stessa Azienda (alla quale la E-Work si sarebbe supinamente adeguata).

Ebbene, a tacere degli altri elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 356 c.p. (sui quali ci si soffermerà in seguito), non è dubbio che il primo, fin troppo banale, accertamento da fare è quello di vedere se, all’interno del contratto esplicitamente invocato dal Magistrato requirente, siano contenute le regole pattizie asseritamente inosservate. Detto in altri termini, all’interno del contratto di appalto n. 1385 del 2013 si dovrebbero rinvenire una o più clausole che – lo si mutua dall’imputazione – obbligavano la E-Work a svolgere “attività di selezione e formazione del personale da avviare al lavoro” e, soprattutto e conseguentemente, clausole contrattuali imponenti la scelta del “personale secondo criteri oggettivi”. Così non è (come ha sottolineato anche la decisione della Cassazione sopra menzionata): tra le obbligazioni della E-Work non rientravano anche particolari criteri di scelta del personale che ne garantissero l’oggettività.

Si legga il contratto.

L’art. 3 disciplina l’oggetto del contratto, ovverosia la somministrazione di prestazioni di lavoro temporaneo. Al comma 2, specifica anche la finalità di tali prestazioni dal punto di vista della P.A. e, pertanto, quello che si può definire il buon andamento, nel senso di corretto funzionamento della P.A. (id est: che cosa sia utile a questa): “(…) fornire alla A.S.L. N° 5 di Oristano uno strumento flessibile che consenta di fronteggiare contingenti carenze di Personale appartenente a Ruoli e qualifiche professionali diversi in modo da garantire l’adempimento di tutte le attività aziendali (…)”.

Lo stesso art. 3 prosegue individuando i doveri posti a carico dell’Agenzia nei confronti dei lavoratori.

Vi è poi l’art. 4, la cui rubrica è, ai fini che ci occupano, emblematica: “Requisiti del Personale”.

Ebbene, lungi dal regolamentare i criteri di scelta del personale, prescrive, come è ovvio che sia, le qualità professionali che il personale medesimo deve possedere: “i titoli e/o i requisiti professionali”, l’idoneità “all’espletamento dei compiti che saranno loro assegnati per le finalità proprie delle qualifiche professionali da attivare”, i “titoli di studio e/o professionali qualora previsti per ciascuna rispettiva qualifica professionale”, ecc.

Nessun cenno, nemmeno implicito, ad eventuali obblighi di selezione o a divieti di indicazione nominativa. Alle stesse identiche conclusioni si perviene leggendo l’ancor più rilevante successivo art. 6, intitolato: “Obblighi dell’Agenzia”. Se l’assunto accusatorio del capo d’imputazione (inosservanza fraudolenta del contratto n. 1385 del 28.10.2013) fosse corretto, si dovrebbe certamente trovare in questa disposizione – disciplinante, appunto, gli obblighi contrattuali della E-Work – traccia dei precetti asseritamente inadempiuti.

Invece no, anche in questo caso nessuno dei vincoli o dei divieti ipotizzati dal P.M. appare riscontrabile.

Gli obblighi effigiati in questa norma, infatti, riguardano:

1) la somministrazione del lavoro in relazione alle qualifiche professionali e al monte orario annuo;
2) la fornitura di lavoratori entro un congruo termine;
3) la corresponsione delle retribuzioni;
4) il versamento dei contributi e degli oneri dovuti;
5) la comunicazione dell’eventuale assenza del lavoratore e la sua sostituzione;
6) il garantire le prestazioni anche in caso di impedimento o segnalata inidoneità del lavoratore;
7) la possibilità per il lavoratore di recedere per giusta causa;
8) la consegna all’Azienda sanitaria di copia delle buste paghe o di altri documenti e dell’imponibile previdenziale;
9) il garantire una “stretta ed efficiente collaborazione con i servizi”;
10) nonché “il completo e flessibile adeguamento alle esigenze di servizio”.

E, soprattutto, la E-Work si obbliga (lett. l): “a fornire alla A.S.L. N° 5 di Oristano le prestazioni oggetto del presente appalto tramite prestatori in possesso delle competenze e dei requisiti propri delle qualifiche professionali richieste”.

Si sottolinea, per concludere, che simili e non altri obblighi sono espressamente definiti come “condizioni essenziali” (comma 4). In sintesi, dal contratto emerge chiaramente che la prestazione richiesta dall’A.S.L. si incentrava sul fatto che i lavoratori fossero preparati, competenti, disponibili, sostituibili e tutelati.
In altre parole, avendo a mente il paradigma dell’art. 356 c.p., le qualità essenziali delle opere fornite attenevano alla qualità e alla quantità delle risorse umane messe a disposizione dalla E-Work.
Sotto questo profilo, è indiscutibile che nessun inadempimento vi sia mai stato. Mutuando le parole dell’imputazione, nessuna “violazione dei precisi obblighi assunti con il contratto con l’ente pubblico”.
Già queste osservazioni potrebbero considerarsi conclusive per l’affermazione di insussistenza del fatto tipico.

II.2.1. Il Capitolato Speciale d’Appalto non è menzionato nel capo d’imputazione e, pertanto, è esterno dal perimetro cognitivo del processo che ci impegna. Tuttavia, non ci si sottrarrà ad un’analisi anche di questo atto.
Innanzitutto, va detto che l’oggetto degli artt. 36 e 37 – cui fa espresso rinvio l’art. 8 del contratto di cui sopra – riguarda, ancora una volta e solamente, la qualità, la quantità e le modalità del lavoro da prestare. Punto.
Anche l’analisi degli altri articoli del Capitolato non corrobora la tesi accusatoria.
L’art. 4, che concerne la procedura e il criterio di aggiudicazione al contraente, prevede, in una tabella, proprio a proposito dei “criteri di selezione del personale” (Sub Criterio 1 – punteggio 25): “Modalità selezione e reclutamento del personale con particolare attenzione al tipo di requisiti e/o di esperienze professionali acquisite dal lavoratore in attività analoghe a quelle previste dal presente appalto”. Detto in altri termini, ciò che conta è, come sempre, la qualità del personale e l’idoneità di questo a svolgere le mansioni utili alla stazione appaltante.
Sulla stessa lunghezza d’onda il successivo art. 5 intitolato proprio “Requisiti del personale”. Al fine di evitare possibili esegesi non fedeli del contenuto, lo si riporta integralmente: “Fatti salvi i requisiti specifici richiesti dal Committente, i lavoratori messi a disposizione dovranno possedere, laddove e se necessario, i titoli e/o i requisiti professionali per ricoprire la rispettiva qualifica, rilasciati a termini di Legge, o titolo equipollente nel caso di appartenenza a Stati membri U.E. I Prestatori di lavoro temporaneo dovranno essere in possesso di requisiti professionali propri del corrispondente livello di inquadramento dell’Amministrazione aggiudicatrice, e comunque idonei all’espletamento dei compiti che saranno loro assegnati per le finalità proprie delle qualifiche professionali da attivare. In particolare, i Prestatori dovranno essere in possesso dei titoli di studio e/o professionali qualora previsti per ciascuna rispettiva qualifica professionale, le cui mansioni richieste dovranno essere quelle descritte nella declaratoria funzionale, distinta per ciascun Ruolo, Categoria e profilo professionale, di cui al vigente C.C.N.L. Comparto Sanità Pubblica”. La chiarezza di tale norma non necessita di ulteriori commenti.

Infine, giova evidenziare che l’art. 31 dello stesso Capitolato enumera gli obblighi dell’aggiudicatario. Si tratta esattamente di quelli elencati negli articoli del contratto n. 1385 del 28.10.2013 prima compendiati.

II.2.2. Cartina di tornasole dell’assenza di alcun obbligo cogente di effettuare autonome individuazioni di lavoratori nonché corsi di formazione è rinvenibile nell’art. 17 del Contratto e nell’art. 34 del Capitolato Speciale sopra menzionati. Infatti, entrambi, pur avendo ad oggetto le ipotesi di risoluzione del contratto con l’aggiudicatario, non enumerano, tra i molteplici casi, l’inottemperanza ai presunti obblighi in argomento. Se ne deduce che questi, quand’anche, per assurdo, ritenuti esistenti, non potrebbero essere qualificati come essenziali e non ritenterebbero, pertanto, nel novero delle “opere necessarie” (cfr. art. 355 c.p. richiamato espressamente dall’art. 356 c.p.).
II.3. Infine, anche volendo, per mera ipotesi, ritenere sussistenti gli obblighi de quibus (selezione e formazione), come visto totalmente assenti nelle regole pattizie sottoscritte da E-Work e A.S.L., essi atterrebbero esclusivamente alla qualità del personale inviato, alla competenza, alla professionalità, alla capacità si svolgere le mansioni lavorative alle quali sono destinati, perché sono questi requisiti che garantiscono il buon andamento della P.A. (rectius: buon funzionamento della P.A.). Quest’ultimo, lo si dice incidentalmente, è l’unico bene giuridico salvaguardato dall’art. 356 (e dall’art. 355) c.p.
Invece, l’invocata imparzialità non ha nulla a che vedere con la frode nelle pubbliche forniture.
E ciò, prima di tutto perché, come insegnano dottrina e giurisprudenza e come si evince dalla stessa struttura dell’art. 356 c.p., quest’ultimo presidia l’efficacia e la qualità dell’azione amministrativa.
Secondariamente perché non sembra concettualmente corretto utilizzare, come pare voler fare il P.M., i canoni costituzionali in funzione integrativa del precetto penale, quasi che quest’ultimo fosse (semplicemente) una norma in bianco il cui contenuto deve essere riempito dai principi della Costituzione. Appare infatti evidente non solo che la maggior parte delle norme della nostra Carta non abbiano un carattere immediatamente precettivo – quanto enuncino principi di carattere generale – ma anche che l’opzione ermeneutica proposta dal magistrato requirente comporterebbe un vulnus al principio di legalità e, in modo particolare, ai principi di riserva di legge e di tassatività della fattispecie.

Inoltre, sul piano pratico, seguendo pedissequamente il ragionamento dell’accusa, si rischia di pervenire ad una conclusione (concreta) abnorme: l’agenzia interinale che dovesse inviare al lavoro i migliori lavoratori a disposizione (ma) sulla base delle indicazioni del committente pubblico consumerebbe il reato contestato; invece, se offrisse, indipendentemente da qualunque richiesta, dei soggetti inadeguati (i quali, magari, hanno avuto la fortuna di superare una selezione), nessun illecito sarebbe contestabile. Eppure, chiunque comprende che solo in quest’ultimo caso il buon andamento della P.A. sarebbe concretamente pregiudicato. Buon andamento che, chiaramente, è un parametro di matrice sostanziale, non astratto e formale.

3 L’irrilevanza pure (e a questi fini) dell’offerta tecnica.

III.1. Merita una trattazione autonoma l’analisi dell’offerta tecnica presentata, in sede di gara, dalla E-Work, non certo perché da essa possano discendere conseguenze diverse rispetto a quelle già viste 11 ma solo perché il P.M., nella sua requisitoria, ha menzionato esclusivamente questa.
Innanzitutto, anch’essa è, almeno esplicitamente, estranea all’imputazione. Ma il punto non è certo (solo) questo.
L’impegno a predisporre corsi di formazione per il personale da avviare all’ASL non discende dall’offerta tecnica (segnatamente dalla Relazione n. 2) presentata dalla E-Work.

Come è evidente, l’offerta tecnica presentava all’azienda sanitaria la società interinale, la sua esperienza, le sue capacità, i pregressi lavori, le varie competenze (anche in materia di formazione) ma non per questo, come è ovvio, tutte le prerogative dell’agenzia dovevano essere riversate nel contratto. E, infatti, quelle richiamate dal P.M. non ci sono per nulla.

L’offerta tecnica, in sostanza, manifestava quelli che erano i titoli della E-Work, il suo know how, esattamente come un curriculum vitae rivela le qualità di un candidato. Ciò che naturalmente non può significare che quest’ultimo, se prescelto, deve per forza, per così dire, duplicarle tutte nel nuovo lavoro. Le mansioni sono delimitate dall’oggetto del contratto e non dal curriculum. D’altronde, è noto che in qualsiasi gara, concorso, manifestazione d’interesse, borsa di studio, ecc., alcune caratterizzazioni del partecipante (età, voto di laurea, pubblicazioni, esperienze lavorative, partecipazioni a corsi, ecc.) assegnano un punteggio ma non per questo vengono poi concretamente utilizzate.

Esemplificando: se anche grazie alle pubblicazioni di diritto penale in riviste scientifiche di “Classe A”, Tizio vince un concorso pubblico per dirigente amministrativo al Comune di Roma, non per questo dovrà necessariamente occuparsi di reati (anzi, non se ne occuperà di certo, non avendo l’ente territoriale alcuna funzione in materia).

Si tratta di ovvietà sulle quali non è necessario spendere altre considerazioni.
(…)

La sentenza volutamente ignorata
La sentenza della Corte di cassazione, Sez. VI, n. 28130 del 18.9.2020.

IV.1. Il sottoscritto si è molto stupito che il P.M., durante la sua requisitoria, non abbia menzionato, nemmeno per criticarla, la sentenza n. 28130/2020 (dep. 8.10.2020) della VI Sez. della Corte di cassazione, decisione che non è semplicemente l’espressione di un filone ermeneutico che, in quanto tale, si può condividere o meno, ma è una sentenza pronunciata esattamente in relazione alla vicenda che ci occupa. Pertanto, enuncia dei principi che non possono essere tralasciati né disattesi.

È pur vero che il provvedimento menzionato afferiva ad una fase meramente cautelare (segnatamente alla misura interdittiva di cui all’art. 290 c.p.p.) ma è altrettanto vero che il quadro probatorio non è mutato e, soprattutto, gli atti di gara e quelli contrattuali intercorsi tra ASL ed E-Work sono sempre i medesimi ed erano tutti nella disponibilità della Suprema Corte.

IV.2. Rinviando alla lettura della sentenza citata, giova rimarcarne alcuni punti che dimostrano la bontà della linea difensiva qui propugnata.
Il nodo centrale era proprio rappresentato dalla sussistenza o meno delle pattuizioni contrattuali asseritamente inadempiute secondo l’impostazione accusatoria, impostazione accreditata sia dall’ordinanza (13.1.2020) con la quale il G.I.P. di Oristano aveva rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare, sia da quella successiva (12.2.2020) emessa dal Tribunale di Cagliari ai sensi dell’art. 310 c.p.p. e oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte di cassazione.
Ebbene, quest’ultima ha chiaramente affermato la fondatezza dei primi due motivi di ricorso (inesistenza di alcun inadempimento contrattuale; inesistenza di alcuna violazione di legge).
Ha anche ritenuto non fondato il quarto motivo del ricorso mentre non si è pronunciata sul terzo e sul quinto in quanto, a quel momento, privi di rilevanza, stante l’accoglimento dei primi due. Nel corso della discussione si discetterà anche di questi due ulteriori motivi. , sostenendo che “dall’ordinanza impugnata non risulta adeguatamente individuato e determinato il contenuto contrattuale sulla base del quale varrebbe quanto assunto dal Tribunale nei termini sopra richiamati”. A tal uopo annulla con rinvio l’ordinanza impugnata affinché vengano individuati, se esistenti – e “sulla base della documentazione già acquisita agli atti o che riterrà eventualmente opportuno acquisire – quali specifiche parti del contratto stipulato fra l’agenzia interinale E-Work s.p.a. di Sassari, di cui è responsabile la ricorrente, e l’Azienda sanitaria locale (A.s.l.) n. (OMISSIS) prevedano modalità di selezione del personale coerenti con il principio di accesso al pubblico impiego mediante concorso”.
La chiarezza e la perentorietà delle locuzioni non necessitano di alcuna glossa.

Premesso che il Tribunale di Cagliari non si è poi potuto esprimere (in sede di rinvio) perché medio tempore era cessata l’efficacia della misura (ex art. 303 c.p.p.), il passo appena evidenziato conferma la tesi che si propone all’attenzione del Tribunale Ill.mo.
Il P.M. non ha “individuato e determinato il contenuto contrattuale” che non sarebbe stato osservato dall’imputata né ha individuato “quali specifiche parti del contratto stipulato (…) prevedano modalità di selezione del personale coerenti con il principio di accesso al pubblico impiego mediante concorso”. Non lo ha fatto perché non l’ha potuto fare, considerato che, come visto nei capitoli precedenti, quelle parti semplicemente non esistono. E ciò vale sia per la “documentazione già acquisita agli atti”, sia per quella che, in astratto, avrebbe potuto acquisire.
Tanto è vero che l’accusa non è mutata dopo la decisione della Corte di cassazione. La quale, giova ribadirlo per evitare equivoci, ha esaminato tutta la documentazione a diposizione del P.M. e del Tribunale Ill.mo, inclusa la sopravvalutata e mal interpretata offerta tecnica.
Per dimostrare l’assunto è sufficiente rievocare il seguente passaggio della decisione della Suprema Corte: “(…) il Tribunale evidenzia che la maggior parte (45 punti su 60) del punteggio previsto per l’offerta tecnica prestata dalla E-Work s.p.a. in occasione della gara era stata attribuita in considerazione delle rigorose modalità di selezione e formazione del personale coerenti con i principi di imparzialità, buon andamento e di accesso al pubblico impiego mediante concorso (…) il Tribunale osserva che la E-Work s.p.a. nel selezionare il personale paramedico da presentare alla A.s.l. doveva seguire i criteri dettagliatamente previsti nella offerta tecnica che le aveva consentito di vincere la gara, cioè principi di trasparenza e meritocrazia nella selezione”.

E, allora, se a fronte del medesimo materiale probatorio, la Corte di cassazione ha espressamente sostenuto che non rileva alcuna violazione contrattuale suscettibile di configurare il delitto di cui all’art. 356 c.p., l’unica soluzione possibile è che il fatto non sussista.

IV.3. Lo si è già anticipato ma pare opportuno ritornarci brevemente. Quel che si invoca non è la (pur fondamentale) mera funzione nomofilattica della Corte di cassazione, quanto la decisione – irrefutabile – di quest’ultima sulla fattispecie concreta, cioè sul fatto contestato al mio assistito.

La Suprema Corte, in altre parole, ha già deciso e ha esplicitamente detto che dagli atti oggetto del processo che ci impegna non risulta alcuna violazione contrattuale e, men che meno, la sussistenza degli elementi costitutivi del fatto tipico.
Nessuna opzione ermeneutica diversa sarebbe legittima proprio perché la Corte di cassazione riveste ontologicamente il ruolo di ultimo giudice, di definitivo esegeta dell’accadimento. Opinando diversamente si darebbe involontariamente luogo ad una interpretazione contra legem.

Leggi non violate e leggi mal citate
  1. L’assenza (pure) di alcuna violazione di legge.

V.1. Si potrebbe maliziosamente arguire che l’indicazione, nel capo d’imputazione, della (infondata) violazione di norme di legge denoti la debolezza dell’accusa, in difficoltà nell’individuare con precisione la pattuizione disattesa. E, trattandosi di elemento certamente estraneo alla fattispecie contestata, si potrebbe omettere qualsiasi osservazione.

Tuttavia, non ci si nasconderà dietro lo schermo del fatto tipico (all’interno del quale siffatta violazione sarebbe irrilevante) ma si affronterà anche tale questione, riguardo alla quale, come accennato, la sentenza n. 28130/2020 della Corte di cassazione ha già dato ragione alla tesi difensiva. Sia detto con chiarezza: non esiste, nel nostro ordinamento, alcuna norma giuridica che imponga criteri e modalità per la formazione e la selezione del personale ai quali le agenzie del lavoro debbano attenersi. Proprio nessuna.

L’imputazione, erroneamente, ritiene violati gli artt. 35 e 36 D.Lgs. 30.3.2001, n. 165 (T.U. Pubblico Impiego).

V.2. Al fine di sostenere l’inapplicabilità delle norme menzionate appare opportuno spendere qualche parola sul contratto di somministrazione di manodopera. Come è noto, in esso convivono due contratti: un contratto di somministrazione – stipulato tra l’utilizzatore e il somministratore – di natura commerciale e un contratto di lavoro subordinato stipulato tra il somministratore e il lavoratore.
I lavoratori interinali, non firmando alcun contratto con l’ente utilizzatore, non diventano dipendenti della P.A.
Già questa elementare considerazione evidenzia l’assoluta diversità rispetto alla disciplina per l’accesso alle pubbliche amministrazioni prevista dall’art. 35 T.U. Pubblico Impiego (espressamente richiamato dall’art. 36), in ossequio al precetto costituzionale di cui all’art. 97 Cost.

Diversamente opinando, infatti, si svuoterebbe di significato l’istituto della somministrazione di manodopera.
Proprio ai sensi dell’art. 36, comma 2, D.Lgs. 30.3.2001, n. 165, quest’ultima può essere utilizzata solo per far fronte a “esigenze temporanee ed eccezionali” del tutto incompatibili con le lunghe, articolate e costose procedure concorsuali previste dal nostro ordinamento per il reclutamento del personale pubblico.

V.2.1. La ratio della norma e, più in generale, dell’istituto, è quella di offrire alle Pubbliche Amministrazioni la possibilità di individuare, per il tramite delle Agenzie per il lavoro, quelle professionalità realmente funzionali ad esigenze immediate ed a specifici incarichi (o attività), in relazione all’effettivo fabbisogno, senza che ciò comporti il sorgere di alcun vincolo giuridico con il lavoratore e senza sopportare i costi correlati alla gestione del rapporto.

Non si dimentichi, a tal fine, che pur esercitando legittimamente la possibilità di coordinare e dirigere i lavoratori somministrati al pari di propri dipendenti diretti, le Pubbliche Amministrazioni non assumono né gli oneri gestionali (ad esempio: comunicazioni relative all’assunzione/cessazione del rapporto; predisposizione delle buste paga; gestione degli eventi intercorrenti in costanza del rapporto di lavoro come malattie, infortuni, ecc.) né eventuali conseguenze di carattere giuridico legate all’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato.

La scelta effettuata dalle agenzie del lavoro, pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal P.M., non ha come finalità quella di garantire l’imparzialità nella scelta dei lavoratori ma, semmai, quella di individuare risorse che corrispondano allo specifico e urgente fabbisogno dell’Ente richiedente.

D’altronde, tramite l’art. 1 del Capitolato Speciale d’Appalto, l’ASL precisava che oggetto dell’appalto era l’individuazione di una Agenzia per il lavoro in possesso dell’autorizzazione prevista dal Decreto Ministeriale del 5.5.2004 in grado di somministrare, ai sensi del D.Lgs. 10.9.2003, n. 276, prestazioni di lavoro temporaneo e che il ricorso a tali prestazioni “risponde all’esigenza di fornire alla A.S.L. N° 5 di Oristano uno strumento flessibile che consenta di fronteggiare contingenti carenze di Personale appartenente a Ruoli e qualifiche professionali diversi in modo da garantire l’adempimento di tutte le attività aziendali, specificando, pertanto, il carattere integrativo, del tutto residuale, di tale strumento rispetto alle ordinarie procedure selettive in materia di assunzione di Personale dipendente, Comparto Sanità pubblica, che questa ASL intenderà attivare”.

Non a caso, l’art. 86, comma 9, del citato D.Lgs. 10.9.2003, n. 276, esclude che il lavoratore interinale possa chiedere alla P.A. la costituzione di un rapporto di lavoro.

V.2.2. Va poi aggiunto che, contrariamente a quanto ipotizza la pubblica accusa, proprio la mancata costituzione di un rapporto formale con la P.A. impedisce che l’esperienza lavorativa maturata con un contratto di somministrazione a tempo determinato possa costituire titolo preferenziale per i concorsi pubblici; in realtà, garantisce semplicemente il medesimo punteggio previsto per l’esperienza maturata nel settore privato.

V.3. L’inapplicabilità dello Statuto delle assunzioni della P.A. al contratto di lavoro interinale è stata espressamente decretata da Cass. pen., Sez. VI, 18.9.2020 (dep. 8.10.2020), n. 28130 proprio in relazione alla vicenda che ci occupa: “(…) nella somministrazione di lavoro interinale il rapporto di lavoro non intercorre fra due agenti (datore e lavoratore) ma fra tre (somministratore – in questo caso agenzia per il lavoro – lavoratore, ente pubblico o azienda). Il lavoratore dipende giuridicamente dalle agenzie fornitrici e da queste viene retribuito, ma funzionalmente presta il suo lavoro presso gli enti che hanno bisogno di professionalità per periodi di tempo limitato. Ne deriva che il lavoro interinale somministrato a una Pubblica amministrazione da una agenzia del lavoro interinale non è riconducibile giuridicamente alla categoria del pubblico impiego, al quale soltanto è correlata la previsione costituzionale dell’accesso mediante concorso (art. 97 Cost, comma 4)”.

Più chiaro di così!

Ovviamente, essendo esattamente relativo alla vicenda che ci occupa, tale principio non può più essere messo in discussione.

Anche perché, la medesima Suprema Corte analizza pure il tema – che non ha né può avere rilevanza penale (e nemmeno civilistica) – di un uso, per così dire strumentale ma non illecito delle norme in questione, statuendone l’assoluta insignificanza. Meglio di ogni altra osservazione valgono le parole della sentenza: “Questo esito di una delle forme della cosiddetta esternalizzazione del pubblico impiego può evocare tensioni con i principi normativi sottesi alle norme contenute nella Sezione II del Titolo III della Costituzione quando il lavoro somministrato riguarda categorie di lavoratori (personale paramedico) che possono anche assumere il ruolo di incaricati di un pubblico servizio. Tuttavia, per quel che riguarda l’adempimento della somministrazione di lavoro interinale a una Pubblica amministrazione per il quale potenzialmente sono potenzialmente applicabili gli artt. 355 e 356 cod. pen. questo non è – per quanto sopra osservato – significativo”.

Dalle considerazioni che precedono deriva pertanto l’assoluta non pertinenza del riferimento all’art. 36 (e 35) del D.Lgs. 30.3.2001, n. 165 (il quale prevede le assunzioni presso le pubbliche amministrazioni solo attraverso procedure selettive e concorsuali).  (…)

VI.1. Sia consentita, a questo punto, una domanda retorica: in che cosa si sostanzierebbe la frode necessaria per configurare la fattispecie contestata?

La risposta è scontata: in nulla.
Sintetizzando:
– la fornitura dei lavoratori è avvenuta correttamente, nel senso che i lavoratori erano professionalmente competenti ed idonei alle mansioni a cui erano destinati;
– le modalità con le quali venivano prescelti non integra alcuna frode perché non concerne la qualità e/o la quantità della fornitura;
– le caratteristiche e il numero dei lavoratori non sono inferiori a quelli pattuiti.

Non solo, dunque, appaiono insussistenti gli elementi costitutivi della frode in pubbliche forniture ma non sussiste nemmeno alcuna lesione dell’interesse dello Stato al buon andamento della P.A. sotto il profilo dell’adempimento di particolari obblighi contrattuali nei suoi confronti. (…)

Nessun sistema politico nel reclutamento degli interinali. Il mito Macomer ridotto al nulla

7.L’inesistenza di alcuna consuetudine nelle modalità di scelta dei lavoratori interinali e di un disegno criminoso coinvolgente anche il mio assistito.

VII.1. Senza voler in alcun modo contraddire quanto affermato in precedenza sulla non sussumibilità degli accadimenti che ci occupano nella fattispecie contestata, giova in breve rilevare che (anche) la ricostruzione dei primi operata dal P.M. non è condivisibile.

Dalla sua memoria conclusiva si traggono i seguenti passi: “(…) il processo ha dimostrato che l’inserimento di un lavoratore interinale nei reparti ospedalieri era quasi sempre frutto di una procedura abnorme, in cui l’agenzia interinale costituiva la mera copertura per assunzioni nominative, sollecitate dalle singole strutture dell’ASL che attestavano il fabbisogno (…) (p. 39); “Le indagini hanno rivelato che i casi di assunzioni illecite a mezzo agenzia interinale (…) abbiano costituito (…) una costante alla ASL di Oristano negli anni 2013-2017” (p. 41); “(…) può ritenersi accertato che le agenzie interinali utilizzate dalla ASL di Oristano non servissero che a mascherare assunzioni in realtà dirette, a favore di persone prossime al Partito dei Sardi e scelte insindacabilmente dal dr SUCCU” (p. 42); “(…) le indagini hanno dimostrato che contrariamente a quanto previsto nei contratti di appalto delle agenzie E-WORK e TEMPOR, nessuna procedura di selezione basata sulla professionalità veniva effettuata dalle agenzie, che si limitavano alla raccolta e classificazione dei curricula e alla formale verifica della corrispondenza tra i titoli posseduti dai candidati e i profili professionali richiesti negli ordinativi. Nessun test né colloqui di gruppo e\o personali, nessuna formazione da parte delle agenzie interinali. La scelta dei lavoratori avveniva invece a monte, da parte dell’ASL, che comunicava i nominativi all’agenzia interinale, la quale a sua volta convocava i lavoratori e li avviava alla ASL previa raccolta dei necessari documenti” (p. 44); “(…) è emerso che la E-work operasse assumendo solo i lavoratori che avevano il gradimento della ASL: ciò è stato confermato dalla stessa OMISSIS nel suo interrogatorio” (p. 44).

Non pare il caso di proseguire nella rievocazione delle locuzioni incluse nella memoria d’accusa essendo fin troppo chiaro il pensiero del P.M.: tutti ma proprio tutti i lavoratori inviati dalla E-Work erano scelti unilateralmente dalla ASL e la prima si limitava ad una funzione di passacarte.

VII.2. A fronte di simile perentorietà ci si sarebbe attesi una corposa enumerazione di casi di lavoratori il cui invio presso l’Azienza ospedaliera abbia seguito questo metodo così tanto criticato. E, invece, il P.M. riesce a menzionarne appena uno! Segnatamente, si tratta di OMISSIS.

Ora, al di là delle circostanze riguardanti gli altri imputati (e che saranno discusse dai loro difensori), a proposito della OMISSIS deve mettersi in rilievo che:

  • il mio assistito non poteva sapere (e non sapeva) che fosse stata (asseritamente) “rimodulata all’interno dell’ASL la distribuzione di personale interinale, al fine di consentire l’assunzione di OMISSIS come addetta al blocco operatorio” (p. 37 della memoria del P.M.);
  • la richiesta è stata evasa in 24 ore non per favorire chicchessia ma perché così prevedeva il contratto; infatti l’ 6, lett. b), del contratto n. 1385/2013 prevede testualmente che la E-Work “si obbliga formalmente (…) a fornire i lavoratori, entro 5 giorni lavorativi, o altro minore termine fino ad un minimo di 24 ore solari dalla richiesta (…)”;
  • è una congettura sfornita di alcuna prova che alla OMISSIS sia stata data “preferenza rispetto ad una serie di lavoratori con qualifiche equivalenti che erano già da tempo presenti negli 
  • archivi della E-Work” (p. 37) in quanto, in sede di perquisizione (29.5.2018) è stata acquisita esclusivamente la documentazione inerente alla menzionata lavoratrice e non è stato chiesto o verificato il database contenete i curricula degli altri lavoratori;
  • non avendo poteri divinatori, l’imputata non poteva sapere che la Sanna si sarebbe candidata alle elezioni del Consiglio regionale.

In buona sostanza, l’unico esempio di lavoratore asseritamente favorito (appunto la Sanna) presenta delle (affermate) criticità che nulla hanno a che vedere con il mio assistito e che il P.M., ciononostante, riversa anche su di lui.
Paradossale appare poi la censura sulla tempestività (24 ore) che, invece, costituisce uno degli obblighi espliciti proprio di quel contratto che il P.M. reputa essere stato inosservato (sic!).

VII.3. Quanto poi all’asserita preponderanza di lavoratori provenienti da Macomer e dintorni, ammesso e non concesso che abbia un qualche significato indiziario, è sufficiente dire che la maggior parte dei lavoratori somministrati sono stati ereditati (ben 55!) dalla precedente agenzia interinale (Talea S.r.l.), per cui nessun rilievo sul punto può essere mosso al mio assistito.

Così come, allo stesso modo, il molto presunto “piano unitario”, p. 46 della memoria conclusiva del P.M. , a mente del quale i lavoratori forniti dalle agenzie interinali erano scientemente favoriti per i concorsi pubblici successivamente banditi (e asseritamente pilotati), non può certamente coinvolgere l’imputata (ma v. infra).

VII.4. Va poi registrata una contraddizione dell’argomentare del P.M. ricavabile dalla memoria finale.
Da un lato sostiene: “Come risulta dalle indagini svolte dall’Ispettorato territoriale del Lavoro di Nuoro (cfr. testimonianza della d.ssa Ivana MATTU, e documentazione prodotta in quell’udienza, e successivamente) la scelta delle aziende stesse è stata operata correttamente sulla base di gare d’appalto con procedura aperta (…)” (p. 43). Tuttavia, per sostenere la responsabilità del mio assistito, da un altro lato afferma: “Che l’agenzia della OMISSIS fosse stata scelta ad uno scopo preciso, risulta peraltro in modo evidente innanzitutto dal repentino passaggio alla stessa, nonostante la precedente agenzia TALEA non avesse mai dato adito a criticità di alcun tipo, in coincidenza con il mutamento di coloritura politica dei vertici dell’ASL oristanese” (p. 48).

L’incoerenza appare palese. Se la procedura di scelta della E-Work è stata perfettamente lecita – lo dice il P.M. (e, d’altronde, non esiste alcun elemento di segno contrario)! – è del tutto evidente che nessuno “scopo preciso”, per di più illegittimo, stava a monte della preferenza espressa per l’agenzia del mio assistito.
E allora è consequenziale, proprio partendo dalle premesse della pubblica accusa, dedurre che uno dei motivi posti a carico dell’imputata è inesistente. Anzi, a ben vedere, dimostra esattamente il contrario. Se la scelta della E-Work non è stata inquinata o condizionata in alcun modo, appare evidente che non vi potesse essere alcun “piano unitario”, perlomeno che coinvolgesse il mio assistito.

VII.5. Nel ribadire con convinzione che se anche tutti i lavoratori somministrati dalla E-Work fossero stati indicati dall’ASL non si ritenterebbe nel paradigma del fatto tipico di cui all’art. 356 c.p., deve per completezza sottolinearsi che il mero dato quantitativo e altre osservazioni sparse messe in rilievo dal P.M. non corrispondono a realtà o, in ogni caso, non sono interpretabili in senso accusatorio.

A tal uopo, sono necessarie alcune precisazioni:
– innanzitutto, lo si è già anticipato, ben 55 lavoratori facevano già parte della Talea S.r.l. per cui erano stati prescelti dalla precedente agenzia interinale (cfr. deliberazione 28.10.2013 ASL). Ciò che, peraltro, confuta anche l’asserzione del P.M. sul fatto che la c.d. clausola sociale sarebbe stata messa in pratica solo nel passaggio tra E-Work e Tempor S.p.a. e non, invece, tra quest’ultima e la Talea S.r.l., così da consentire l’assunzione di nuove persone compiacenti con il Partito dei Sardi;
– queste 55 persone costituiscono il 56,12% di tutti i lavoratori offerti in somministrazione da parte della E-Work alla ASL (pari, complessivamente a 98);
– i lavoratori segnalati dall’ASL e assunti da E-Work sono stati, in tutto, 6: tre non presenti nelle banche dati, segnalati da OMISSIS, 1 dal Dott. OMISSIS, l’infermiere OMISSIS, unico dei 40 infermieri assunti suggerito da OMISSIS e che ha lavorato per appena 3 mesi, e infine due da OMISSIS. Si tratta del 6,1% del numero globale di persone offerte.
I tre suggeritori non sono dei carneadi ma, all’interno della ASL, ricoprono i ruoli di funzionario della segreteria della Direzione Amministrativa; Direttore del Dipartimento cure chirurgiche e coordinatore del “blocco operatorio” dell’Ospedale di Oristano;
– gli altri messaggi tra il mio assistito e OMISSIS sono del tutto insignificanti, così come lo è l’appuntamento preso al benzinaio di Birori che non si comprende, nemmeno con la più fervida fantasia, che significato accusatorio conterrebbe (sic!). Che ragione avrebbe mai avuto il mio assistito di disattendere le loro richieste?

Quanto a OMISSIS, il P.M. evidenzia, in chiave colpevolista, che nella disponibilità di quest’ultimo è stato rinvenuto un foglietto con i recapiti telefonici del mio assistito. Invero, tale circostanza (che comunque riguarderebbe il primo e non l’imputata), associata all’assenza di alcun numero di OMISSIS registrato nel cellullare del mio assistito, dimostra che tra i due non vi fosse alcuna contiguità. Non a caso, nei messaggi ritrovati, l’infermiere si presenta sempre con nome e cognome.

La società dell’imputata ha inviato all’ASL solo infermieri e, in misura preponderante, ausiliari. Per questi ultimi – i quali non vanno confusi con gli operatori socio sanitari (c.d. OSS) mai forniti dalla E-Work – non è affatto necessaria alcuna selezione perché l’unico requisito richiesto è che abbiano la terza elementare (tanto è vero che l’assunzione avviene tramite il ricorso al Centro per l’impiego); il che significa che l’asserzione sarcastica del P.M., a mente della quale OMISSIS vantava, quale esperienza lavorativa, appena un lavoro in un albergo e uno in una lavanderia, non coglie nel segno proprio perché quest’ultima fu assunta con la qualifica di ausiliario (non di Primario del reparto di cardiochirurgia);

La teste principale del P.M.  che ha lamentato un comportamento discriminatorio nei suoi confronti da parte dell’ASL, ha stipulato con la E-Work – nel periodo intercorrente tra l’11.3.2014 e il 30.4.2016 – ben 133 contratti, di cui 67 solo nel 2014. Tutto questo a tacere del fatto che, come comprovato inoppugnabilmente dai documenti prodotti in data 26.3.2025 (ai quali si rinvia), diversi corsi di formazione sono stati concretamente effettuati.

L’invenzione del movente politico del Partito dei Sardi  e la sua inesistenza

VIII. L’evidente mancanza anche del corrispondente elemento soggettivo. L’assenza di alcun movente.

VIII.1. Premesso che si tratta del secondo argomento (il primo è quello del cap. VI.) che la decisione della Suprema Corte prima menzionata non ha affrontato in quanto assorbito in quello accolto (e per il quale è stato annullato il provvedimento del Tribunale di Cagliari), deve ricordarsi che l’elemento soggettivo contrassegnante l’art. 356 c.p. presuppone (anche perché sia distinguibile da quello che lo precede) la frode.

È, pertanto, necessaria una qualche forma di dissimulazione non rilevabile dal destinatario della condotta (al di là che non siano indispensabili degli artifici e raggiri o la consegna di aliud pro alio). Come statuito da Cass. pen., Sez. VI, 25.2.2010 (dep. 24.3.2010), n. 11144, “ai fini della configurabilità del delitto di frode nelle pubbliche forniture, non è sufficiente il semplice inadempimento del contratto, richiedendo la norma incriminatrice un “quid pluris” che va individuato nella malafede contrattuale, ossia nella presenza di un espediente malizioso o di un inganno, tali da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti”.

La P.A., in sostanza, non deve percepire l’inesattezza della fornitura. E allora: se fosse stata (come afferma la pubblica accusa) la stessa ASL a chiedere (tutti) quei lavoratori, evidentemente non ci potrebbe essere ontologicamente alcuna frode, perché sarebbe stata la medesima P.A. a richiedere quella tipologia di forniture. È chiaro che non solo non ci sono stati inganno o errore ma, al contrario, è stato lo stesso soggetto passivo ad esprimere previamente il suo assenso sulla fornitura ricevuta.

VIII.2. Né potrebbe obiettarsi che l’ASL e i suoi dipendenti (coimputati del mio assistito) siano soggetti differenti in quanto, come è noto, i secondi sono legati alla prima da un rapporto di immedesimazione organica, di talché manifestano la volontà della P.A. E nemmeno potrebbe controbattersi che, in virtù della commissione del delitto di frode nelle pubbliche forniture, il rapporto di immedesimazione organica sia venuto meno.
Almeno due ragioni confutano tale (ipotizzato) assunto.

VIII.2.1. Quest’ultimo, infatti, ove prospettato, sarebbe il frutto di un evidente procedimento argomentativo illogico, una sorta di paralogismo: dire che la commissione del reato spezza il rapporto di immedesimazione organica significherebbe invertire i termini del ragionamento, partendo dalla conclusione per giungere alla premessa (che viene confusa con la prima). In altri termini: la tesi difensiva sostiene che il reato non c’è (non ci potrebbe essere) a causa del rapporto di immedesimazione organica mentre la supposta tesi avversa obietta (obietterebbe) che la commissione del reato recide quest’ultimo. Ma è proprio la sussistenza del reato il dato che deve essere provato (o confutato) – cioè è la conclusione da argomentare – mentre l’opinione congetturata contraria lo impiegherebbe quale presupposto (appunto indimostrato) del suo ragionamento. Che così sfocerebbe inevitabilmente nella tautologia.

VIII.2.2. Sarebbe inoltre fallace l’affermazione di principio secondo cui la commissione del reato tronca tout court il rapporto di immedesimazione organica.
Tale principio, difatti, non esiste (perlomeno in assoluto) nel nostro ordinamento.
Lo dimostra, a tacer d’altro, il D.Lgs. 8.6.2001, n. 231: la commissione di un reato non mozza necessariamente e automaticamente il rapporto di immedesimazione organica, tanto è vero che in taluni casi permane la responsabilità amministrativa dell’ente proprio a causa del reato commesso da soggetti ad esso appartenenti. Ciò è stato autorevolmente affermato da Cass. pen., Sez. VI, 18.2.2010 (dep. 16.7.2010), n. 27735 che, nel rigettare la questione di legittimità costituzionale per contrasto della normativa de qua con il principio costituzionale di colpevolezza, ha affermato: “Il fatto – reato commesso dal soggetto inserito nella compagine della societas, in vista del perseguimento dell’interesse o del vantaggio di questa, è sicuramente qualificabile come “proprio” anche della persona giuridica, e ciò in forza del rapporto di immedesimazione organica che lega il primo alla seconda: la persona fisica che opera nell’ambito delle sue competenze societarie, nell’interesse dell’ente, agisce come organo e non come soggetto da questo distinto; né la degenerazione di tale attività funzionale in illecito penale è di ostacolo all’immedesimazione”. E conclude: “in forza del citato rapporto di immedesimazione organica con il suo dirigente apicale, l’ente risponde per fatto proprio (…)”.

Insomma, è chiaro che il rapporto di immedesimazione organica tra l’A.S.L. n. 5 di Oristano e i suoi responsabili non è mai venuto meno.

VIII.3. La requisitoria del PM dell’8.5.2025 ha avuto un leitmotiv che così può riassumersi: alla base delle azioni illecite contestate nelle imputazioni vi era un interesse clientelare (vero e proprio minimo comun denominatore) a favore del Partito dei Sardi di cui facevano parte alcuni degli imputati. Il P.M. lo definisce espressamente il movente dei reati: l’interesse ad allargare la platea elettorale del Partito citato in relazione, così è parso di capire, alle elezioni regionali del 2014 e a quelle comunali di Oristano del 2017.

Peccato però che il mio assistito non ne facesse parte all’epoca dei fatti, non ne abbia mai fatto parte né prima né dopo, non avesse ambizioni politiche o partitiche, non abbia mai partecipato ad alcuna competizione elettorale, non avesse alcun parente o amico che coltivasse simili ambizioni o che fosse stato candidato nella lista del Partito dei Sardi. Assolutamente nulla.

Ed infatti, sotto questo profilo, si registra un rumoroso silenzio del P.M. il quale, nonostante abbia intriso la sua discussione di continui riferimenti al Partito dei Sardi e alle collegate (a suo dire) ragioni dei reati ipotizzati, nemmeno una parola spende sulle motivazioni che avrebbero spinto il mio assistito a voler scientemente frodare l’ASL. Non potendo utilizzare il movimento politico che così tanto avversa, preferisce tacere. Si tratta dell’ennesima lacuna argomentativa (si è già detto sopra, ad esempio, dell’omessa menzione della sentenza della Corte di cassazione) che, in questo caso, riguarda non un elemento secondario e trascurabile ma il fondamentale movente del reato. Siccome il Partito dei Sardi non risulta per nulla congeniale alla tesi incriminante nei confronti del mio assistito, si sceglie di non affrontarlo (forse anche per non minare l’intera impostazione accusante, che verrebbe complessivamente contraddetta). Sta di fatto che, sotto il profilo probatorio, la rappresentazione e la volontà del fatto tipico in capo il mio assistito rimane una mera petizione di principio del P.M., completamente inconferente, tra l’altro, con le asserite motivazioni delinquenziali che starebbero a monte dell’intera vicenda processuale.

VIII.3.1. E non è tutto: anche a non voler considerare quanto appena esposto e permanendo dentro la linea argomentativa del P.M., almeno altri due profili sono stati del tutto trascurati.

Si parta dalla categorica affermazione del Magistrato requirente secondo la quale esisteva “un preciso programma, a favore dei sostenitori del Partito dei Sardi, i quali venivano assunti nei primi anni a tempo determinato, con le modalità alterate su descritte, tramite agenzia interinale, per poter poi avere titolo a partecipare, in veste di precari e quindi riservisti, ai concorsi, sempre pilotati, e appositamente riaperti, in modo illegittimo, proprio a loro favore” (p. 46 memoria conclusiva P.M.).

Ora, da un lato, simile argomentazione potrebbe avere un minimo di valenza se tutti o, quantomeno, la maggior parte degli interinali de quibus fossero stati “sostenitori” del Partito dei Sardi, ma sul punto non sussiste alcuna dimostrazione e, infatti, il P.M. nulla dice al riguardo; dall’altro lato, se anche, per mera ipotesi, siffatta prova fosse stata portata all’attenzione del Tribunale Ill.mo, si sarebbe dovuto ulteriormente comprovare che di ciò – ovverosia di questa propensione degli interinali verso il movimento politico citato – l’imputata fosse consapevole ma anche questo assunto è rimasto totalmente indimostrato (anzi, a dire il vero, il tema non è stato neppure discusso).

  1. In subordine: l’inapplicabilità del capo d’imputazione e della violazione contrattuale ivi descritta al periodo intercorrente tra l’1.7.2017 e il 30.9.2018. La conseguente prescrizione del reato.

IX.1. Si era evidenziato all’inizio che i rapporti di somministrazione di lavoro tra ASL e E-Work erano i seguenti: 1) dal 1°.11.2013 al 30.4.2016 (dal 1°.5.2016 al 30.6.2017 subentrò la Tempor S.p.a.); 2) dal 1°.7.2017 al 30.9.2018 (dal 1°.10.2018, infatti, ci fu nuovamente la Tempor S.p.a.).

Orbene, il contratto di appalto n. 1385 del 28.10.2013, ovverosia la pattuizione che, a detta della pubblica accusa, sarebbe stato oggetto di fraudolento inadempimento, riguarda esclusivamente il primo periodo indicato e, cioè, quello la cui esecuzione principia il 1°.11.2013 e che si conclude in data 30.4.2016.

Il secondo rapporto contrattuale in esame – posteriore all’intermezzo di circa un anno della Tempor S.p.a. – non era affatto regolamentato dal contratto oggetto dell’imputazione né derivava dalla gara d’appalto che il medesimo contratto aveva concluso.

Al contrario, come si ricava inoppugnabilmente dalla Determinazione n. 504 del 28.6.2017 del Direttore della ASL di Oristano Depositata dal sottoscritto, insieme ad altri documenti, in data 26.3.2025. , conseguiva all’adesione dovuta alla necessità di fronteggiare la scadenza del contratto intercorso con la Tempor S.p.a. al contratto in essere tra la E-Work S.p.a. e la ASL 2 di Olbia:  “RICHIAMATA le note (…) con le quali veniva richiesta l’adesione al contratto in essere per la somministrazione di lavoro temporaneo della ASSL di Olbia; VISTA la nota (…), con la quale il Direttore ATS autorizza le ASSL di Oristano ad aderire al contratto attivo tra la ASSL di Olbia e la ditta E-Work S.p.a. di Milano (…)”. .

In altre parole, il rapporto tra ASL e E-Work che va dal 1°.7.2017 al 30.9.2018 (e non oltre!) trova la sua origine in una estensione di un contratto stipulato tra la medesima agenzia interinale e l’ASL gallurese (concluso a settembre del 2018), pattuizione che nulla ha a che vedere con quella effigiata nel capo d’imputazione (appunto il n. 1385/2013). 37

Per questo motivo, al di là della mancata acquisizione, in atti, del contratto tra la ASL di Olbia e la E-Work regolamentante anche i rapporti tra quest’ultima e l’ASL oristanese dal 1°.7.2017 al 30.9.2018, siamo totalmente al di fuori del capo d’imputazione il quale fa riferimento esclusivamente al contratto n. 1385 del 28.10.2013 (e, eventualmente, agli atti che ne hanno preceduto la stipula).

Ne deriva inconfutabilmente che l’unica frode nelle pubbliche forniture contestata è terminata in data 30.4.2016, data di consumazione del reato che, anche a volerlo opinabilmente considerare sussistente, sarebbe ampiamente prescritto.

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Comments (9) on “Ippocrate: quando un avvocato sa difendere”

  1. Ginick ha detto:
    1 Luglio 2025 alle 12:03

    Egr.Prof.
    condivido la sua delusione e giustifico ampiamente la sua risposta che avrà profondamente amareggiato il suo interlocutore Salvatore, uomo esemplare che ha dedicato ,di certo, gran parte della sua vita al bene del suo territorio e della sua città. Personaggio in via d’estinzione, come il panda,( per carità , non mi si fraintenda, gli auguro lunga vita), ma di costoro la terra di Sardegna ne vorrebbe mille e ancora mille e poi mille,come i baci catulliani desirati ricevere dalla sua amata.
    La sua dettagliata difesa esercitata in modo magistrale dall’avv. Ravenna reca con sè
    l’ immagine che meglio descrive il suo stato
    d’animo,, ma dice che non si sente un uomo sconfitto, anzi trova in quella profonda amarezza la vis per continuare a fustigare gli stracciati costumi che imperversano,questi sì,in un “campo largo” dell’attuale panorama politico regionale (e non solo,ahimè).
    Il problema è scuotere le coscienze.
    Pochi i luoghi di aggregazione sociale, di incontri, senza inviti, casuali sì, ma che stimolavano al dialogo, di dibattiti nelle polverose sezioni frequentate da soli uomini e sempre troppo poche donne, o lungo le “vasche” di interminabili pomeriggi a discutere del più e del meno, ma che cementava unione e quando veniva il tempo dei comizi ci si ritrovava tutti in piazza ad ascoltare, e a discutere, perché essere amici non voleva dire vestire la casacca dello stesso partito. Ora la TV, il computer, il cellulare,ci isolano. Manca l’ incontrarsi, il dialogo che unisce è stato sostituito dagli interminabili litigi,non solo politici, che fanno salire gli indici di ascolto televisivi, Ritrovarsi per crescere insieme diviene un problema. Talora ci si incontra tra vecchi amici a cena.La prima frase che si dice è: oggi non parliamo di politica. Come se la settimana che va
    a concludersi fosse trascorsa a pane e politica.
    Il divenire umano pare improntato sulla solitudine e la famigerata I.A. destinata a decidere le vite dei nostri figli accelererà la desertificazione sociale. Ma sono certo che, prima o poi, tornerà anche il desiderio di incontrarsi e di far politica!
    Qui mi fermo. Il discorso si farebbe troppo lungo. Tedioso lo è già!!
    Cordialità

  2. Paolo Maninchedda ha detto:
    1 Luglio 2025 alle 06:19

    Salvatore, io posso essere lievito, grumo, idea, ma mai più uomo di governo. L’ingiustizia della magistratura e la malizia inimmaginabile degli avversari mi hanno intossicato e vaccinato. Inoltre, dubito dell’esistenza del popolo sardo, penso che i livelli di istruzione, di consapevolezza e di impegno siano troppo bassi per i grandi disegni di cui la Sardegna ha bisogno.

  3. Salvatore ha detto:
    30 Giugno 2025 alle 22:19

    cambiare la legge elettorale della regione Sardegna, rifondare il partito dei Sardi, sono un’ ex sindaco con 2 legislature, e una da consigliere Provinciale con 30 anni di esperienza politica da consigliere e assessore dell’ ex comunità montana , prof. organizzi il futuro della Sardegna….

  4. Franco Atzori ha detto:
    30 Giugno 2025 alle 17:15

    Son riuscito a leggere fin dove bastava per capire che ci sarà un altro ko dei requirenti che andrà a fare il paio con la triste e penosa vicenda dell’indagine avviata da Oristano e azzerata a Nuoro che ha riguardato il termovalorizzatore di Macomer.

  5. Ginick ha detto:
    30 Giugno 2025 alle 15:55

    Egr. Prof.,
    Confesso,non ho letto con la dovuta attenzione tutti i passaggi della difesa dell’ avv. Ravenna. ma con quel nome non può essere che un legale di massima eccellenza. Amo Ravenna per i mosaici, per S.Apollinare in Classe, per San Vitale, per il Mausoleo di Teodorico, per la tomba di Dante etc ora integro queste meraviglie con il suo panegirico per l’omonimo avvocato.
    Fatti gli debiti scongiuri, se avrò bisogno di un legale saprò a chi rivolgermi. Avrò certezza, se avesse la bontà di accettare l’incarico, di avere la migliore difesa possibile.
    Non essendo un leguleio, inutile precisazione per Lei Prof che l ‘ha capito da un pezzo, ho apprezzato, cmq ,la linearità logica di un discorso il cui giudizio più esaustivo può dare solo colui che conosce a fondo gli accadimenti divenuti …….ippocriti ,( si aggettiva così ” relativi ad Ippocrate”?) come Illustrati dalla pubblica accusa!
    Non tolgo tempo ai suoi impegni, ma mi creda:
    Per fortuna di tutti noi non esiste solo la romagnola Ravenna!!!!!
    Buona serata!

  6. Gioele ha detto:
    30 Giugno 2025 alle 10:38

    Il tempo è galantuomo. Che lo sia per tutti.

  7. Stefano Locci ha detto:
    30 Giugno 2025 alle 10:24

    Egregio, contestazioni che evidenziano la sciatteria con la quale molti PM chiedono il rinvio a giudizio e, ancora più grave, con la quale i gip, col copia e incolla, dispongono per il processo. Ma fra tutte è ancora più grave che, di frequente, le Corti giudicanti condannino. Tanto a loro non costa nulla (citofonare Zuncheddu, Burcei).
    Temo che neanche la indispensabile separazione delle carriere sarà sufficiente a darci un sistema giudiziario che non sia da quarto mondo. Saluti

  8. Sardinian Job ha detto:
    30 Giugno 2025 alle 09:13

    Visti tutti gli alberi abbattuti per produrre la carta sulla quale sono stati incisi sogni erotici e fantasie affini lette sopra;

    Le migliaia di ore di lavoro intellettuale sottratte alla persecuzione (vera) dei reati (veri);

    Le ingenti risorse economiche drenate agli imputati obbligati a difendersi, nonché allo Stato per mantenere in piedi simile baraccone (quindi drenate 2 volte agli imputati medesimi!);

    Il PM si avvia ad una brillante carriera in magistratura.

  9. A ha detto:
    30 Giugno 2025 alle 08:50

    Come ho sempre detto: un processo basato sul nulla, messo in piedi su dicerie e pettegolezzi che crollerà come un castello di carte al primo soffio di vento non dopo aver rovinato la vita a professionisti onesti e integerrimi.
    Ovviamente nessuno pagherà né gli agenti di p.g. né i magistrati inquirenti o giudicanti.
    Povera Italia.
    OIRARTNOCLAODNOMLI

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Cagliari, 27-30 aprile 2025

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Vent’anni di Sardegna e Libertà, Nuoro, 21 luglio, ore 18:30

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