Nei giorni scorsi la commissione speciale del Consiglio regionale per le riforme istituzionali ha audito gli ex presidenti della Regione sui nuovi assetti istituzionali di cui la Sardegna ha bisogno.
Il suggerimento che sembra essere emerso, e che ha superato i filtri di giornalisti largamente annoiati, è stato quello di puntare verso riforme condivise e per questo durevoli.
Personalmente trovo l’iniziativa della Commissione speciale una gherminella istituzionale, un gioco di prestigio con, forse, un unico contenuto autentico: voler mettere mano alla legge elettorale.
Ho sempre deplorato chi fa politica solo con una sensibilità tattica, senza una visione dell’uomo, della storia, della politica e dello Stato.
Non voglio affermare che non si possa fare politica senza aver letto Hegel, Marx e Engels, Popper, Gadamer, Gramsci, Croce ecc. ecc., però penso che magari indirettamente e inconsapevolmente, si deve possedere un’idea della persona, della libertà (la “coscienza della necessità” secondo Marx, concetto discutibilissimo. Meglio l’idea popperiana della libertà limitata dalla responsabilità ecc.), della storia (l’Essere che pensa se stesso, secondo Croce, concetto un po’ metafisico, ma di una densità sfidante) , dello Stato (l’architettura dei poteri, dei diritti e dei doveri, la regolazione dei conflitti…).
Diversamente si è automi della simmetricità: individuato l’avversario, il proprio comportamento, le proprie convinzioni, le proprie idee e le proprie azioni sono definite solo dall’essere opposte a quelle di colui cui ci si contrappone. In questi giorni è tutto un garrire di bandiere estremiste con un disperato bisogno di scontro pur di sentirsi definiti con certezza dal conflitto, piuttosto che dalla coscienza di sé e degli altri.
Ora però, come è noto, nella società fluida in cui viviamo, è anche difficile essere realmente avversari se non sui temi volutamente esasperati e, diciamolo, pure, l’autonomia sarda non è argomento che accenda i cuori.
Il grande male oscuro della Sardegna, ossia il non esistere una cultura diffusa, popolare, ma anche robusta, consolidata, tradizionale, che unisca tutti i sardi, non è un argomento all’ordine del giorno.
Perciò è ancor più difficile capire in che cosa davvero i partiti si stiano differenziando tra loro. La prassi consociativa del Consiglio regionale, questo equivoco morale della divisione dei pani e dei pesci tra consiglieri regionali, rende tutte le vacche grigie e annichilisce sul nascere il dibattito sulle riforme.
Per discutere occorrono idee profonde: il vuoto non è dialettico.
Stante questa condizione miserevole della politica sarda, che cosa potrebbero fare i consiglieri regionali?
Provo a suggerire loro una via d’uscita.
Dovrebbero fare un patto politico: il prossimo consiglio regionale sarà consiglio costituente e anche la giunta sarà una giunta unitaria, con la presenza di tutte le forze politiche rappresentate in Consiglio. Un governo e un Consiglio di unità nazionale sarda provvederanno a riformare radicalmente e stabilmente la Sardegna.
Una fase costituente richiede una legge elettorale proporzionale, con elezione del presidente da parte del Consiglio, anche solo per la durata quinquennale della costituente.
Per non espropriare il popolo del potere di indirizzo sul presidente, si può prevedere che i cittadini esprimano un’indicazione non vincolante sul presidente, come prevedeva la legge elettorale sarda prima della riforma del titolo V della Costituzione. Chi prende più voti, viene eletto col concorso di tutti Presidente.
Uno schema istituzionale di questo tipo, elaborato dalla Commissione speciale, ridarebbe dignità al pensiero politico, risponderebbe alla necessità di pensare in grande, di avere una visione e di saper fare sintesi degli opposti, perché l’unità si costruisce traducendo l’ostilità in dialettica, in Stato, appunto.

@Mm. «Pecoroni sardi»…… noso iaus a èssere no brebès ma totu mascos, mùdulos o corrudos, ma totu mascos e mannos mannos puru?!
In Sardigna is brebès funt is brebès e mancu mannas (e mancu is mascos) ca funt sardas e faent e produent bene adatas a su logu. Su male mannu est chi su pastoriu che a totu s’àteru, sa Sardigna, est (e no fut a como!) chentza guvernu.
E Sardos seus noso, sa gente, totu sa gente, sèmpere a tempus, dovere, profetu e prexu de èssere gente e no a bregùngia e dannu cundennaos a èssere brebès.
E poite naras ca dhue bolet «tanto coraggio»? Ite depeus, pentzare a fàere? Sa «prima guerra di indipendenza» cun su ‘coraggio’ de is armamentos e gherristas?!
S’indipendhéntzia nosta at a èssere paxiosa e pacìfica, po su chi podet e depet èssere in cust’Europa e in custu mundhu inue no dhue at manc’unu istadu indipendhente.
Su fatu est chi a sa chistione manna e de fundhamentu chi nosi pertocat de diritu e de dovere no dhue aus pentzaus e mancu dhue seus pentzandho seriamente, ca sinono dhue bolet solu su coràgiu, sa dignidade, s’inteligéntzia e onestade e fortza e capacidades chi teneus, ma no su machine, miséria e mischinidade polìtica chi ammostaus e seus coltivandho!
De seguru su sacrifìciu, eja, su sacrifìciu chi costat, inveces de su chi costat a fuire e pèrdere, istudiare sa gioventude po emigrare e bagamundhare puru e baliare totu su bascaràmine a alluvionamentu chi nos ant iscarrigau, funt iscarrigandho e bolent iscarrigare.
E tue personalmente, e is àteros medas, ite pentzas? Ibertas is “eroes” «coraggiosi» e camminas a palas furriadas a denanti abbadiandho a daesegus si si ndhe biet calecunu?
Non faranno mai una costituente a meno che non nasca una richiesta forte da parte dei Sardi. Ma la richiesta dovrà essere davvere forte…..
Un contenuto ineccepibile, salvo per un aspetto. Cosa posso aspettarmi da chi indossa la maglia di un partito italiano, sapendo che varcato il mare tutta questa disponibilità ad accogliere o sostenere le istanze della Sardegna svanisce in un amen?
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Vogliamo fare il conto delle vigliaccate fatte a questa povera Isola da chi si interfaccia con Roma per ragioni di schieramento? A puro titolo di esempio ricordo che in questa giunta siede qualcuno che col suo voto ha reso plasticamente inutili le bonifiche nei poligoni militari e la loro ridiscussione complessiva, nel 2014. Dunque, la Costituente pur non avendo grossi margini di manovra – ciò che produrrebbe in ogni caso dovrebbe passare per il sì o no di Roma, e il sì non è quotato nelle agenzie di scommesse – dovrebbe in ogni caso essere composta da gente che non ha mai avuto ruoli politici e/o istituzionali in RAS. Perché i danni li hanno fatti tutti.
non ci sono riusciti i grandi del Psd’az nel 1945-1946 a scrivere lo statuto, leggete l’intervento di Massimo Dadea dell’otto ottobre 2025 ” Riparlare di autonomia” pare che la riforma l’abbia scritta Calderoli e condivisa da tutte le cinque regioni ad autonomia speciale quindi anche dalla Sardegna
E’ indubitabile che la proposta di una idea di Costituente sia il risultato di una posizione teorica. Teoria nel nostro modo di intendere ha da sempre generato equivoci perche’ considerato ozioso nonche’ sterile erudizione. Invece , se ben esperito come in questo caso, e’ cio’ che rende possibile in modo attivo di fronte a ogni problema; in specie di fronte a quello fondamentali come le leggi costituzionali.
Per paradosso e, prego di non equivocare, in un contesto come quello Sardo, il Teorico appare come “Eversivo” (ben inteso, privo di polvere da sparo) capace di creare condizioni di capovolgimento del quadro Istituzionale.
Come proposta , tornando alla questione vera e propria, cadra’ nel vuoto perche’ ,a mio avviso, non si da mai abbastanza “sguardo”, al sistema della rappresentanza, cioe’ alla agibilita’ all’interno dei Partiti. Un esempio molto significativo al riguardo lo fornisce il Partito democratico, autentica cartina di tornasole che grossomodo e’ paradigma delle altre. Organizzazioni fortemente leaderistiche coadiuvate da una manovalanza molto specialistica nell’arte della tattica. Ecco, con queste organizzazioni una Costituente (in senso inteso nell’articolo) e’ impossibile.
Ci sono altri generi di Costituenti che lambiscono e si sviluppano nelle Societa’ attuali che hanno preoccupanti capacita’ di sovvertimento in termini di spiazzamento dei vecchi sistemi: Gli Algoritmi. Ma qui facciamo ingresso in un discorso di abisso molto fraintendibile.
Pecoroni sardi non mi piace. Il seguire il più potente e il gruppo più numetoso è, semplicemente, tipico di chi non pensa, s’ affida. È questo è male di questi tempi. Un po’ ovunque. Ci vuole anche tanto coraggio. Io persone veramente coraggiose non ne vedo. Ci fossero, non avrebbero seguito.
Credo sia l’unica via d’uscita per rimettere in pista idee e azioni positive, e per poter sperare in un futuro migliore. Ciò che predicava Graziano Milia prima dell’ultimo evento elettorale. Ma tant’è. Purtroppo non mi pare che il terreno attuale abbia la fertilità idonea a produrre azioni dignitose, così come hanno fatto i nostri Padri.
P.S.: il vuoto non è dialettico, il silenzio sì.
Questa volta non si può che essere totalmente d’accordo con Lei
Il problema sarà convincere Roma e il gregge dí pecoroni sardi
Deo gratias! Gràtzias a Deus!
E a totu sos chi pessant bene!
Sèmene bonu, Àrbure bona!
Prantamus olias. E s’innestent a olias de medas calidades sos ozastros chi in Sardigna faghent fintzas a padente: in pagu tempus batint frutu, de ozu e de cufetu, est alimentu, faghet cundhimentu (chi no est cussu de s’apesta) e unghet puru e si pro fagher bene a sas brusiaduras chircamus menzus in farmacia podimus isperare prus nessi de no nos brusiare ma chentza fàghere a desertu (de zente) fàghere menzus s’ambiente bonu pro nois e pro àtere.
In Fisica “il vuoto non è dialettico” non si può più dire. L’esistenza di campi potenziali è certa (Guido Tonelli, L’eleganza del vuoto, 2025).
Così come per la Meccanica quantistica esiste una “informazione” che fa emergere i campi e le particelle dal vuoto apparente, per analogia, si potrebbe pensare che sta all’informazione politica sviluppare un fenomeno che risvegli i movimenti sociali sopiti.
Bisogna chiedere a Desy, esperta di comunicazione politica pop, quale soffio vitale spargere.