Il vescovo di Cassano Jonio, mons. Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha rilasciato a Famiglia Cristiana un’intervista nella quale ha dichiarato: «Vengo dalla scuola di don Tonino Bello che mi ha educato alla convivialità delle differenze, laddove la differenza evidentemente è una risorsa e non un problema. Parlo di diversità di ogni tipo e di ogni genere. Il mio presupposto, dunque, prima di votare, è di riflettere e documentarsi. Qui non si toccano questioni dogmatiche, che investono la nostra professione di fede, ma sono quesiti importanti per il nostro essere cittadini. Si tratta della dignità del lavoro, della sicurezza sul lavoro, dei nostri fratelli migranti. E allora non entro nel merito di quello che ciascuno vuole votare, ma, ripeto, penso che il referendum è non solo un diritto, ma è un atto di resistenza civile alla logica della rassegnazione, un gesto di cura per la democrazia. Un affare che riguarda tutti».
Penso che i vescovi possano, se lo vogliono, esprimersi su qualsiasi argomento. In questo caso, è evidente che Savino si è espresso a favore della partecipazione al voto.
Non ricordo un analogo pronunciamento sui referendum sulla Giustizia. Allora non si sentì il bisogno di richiamare i cittadini al dovere di manutenere la democrazia. Allora non si evocava la figura di don Bello.
C’è nella Chiesa cattolica una corrente novecentesca dell’esercizio della carità che non è iscritto nel paradosso cristiano del trovarsi perdendosi, ma in quello politico del contrapporsi alle perversioni del capitalismo (senza mai riuscire ad aggredirne il nocciolo, cioè contestare che ogni scambio sia regolato dall’egoismo del profitto, senza mai aggredirne gli stili di vita, ma sempre imitandoli).
Solo che la Chiesa non ha un pensiero politico efficace contro il capitalismo, ha solo un pensiero etico, e dunque ha una prassi che cerca i suoi perché, trovandoli infine nell’esempio del suo Maestro, che però, come sappiamo in modo radicale, è inafferrabile da ogni politica.
La Chiesa è presente con le missioni ed è perseguitata nei paesi di partenza dei migranti, ed è presente nei paesi d’arrivo, ma in mezzo al lungo viaggio non ha uno straccio di pensiero su come evitare le grandi migrazioni e su come impedire che ci siano nuclei familiari con cittadinanza europea nei quali si possa imporre tassativamente alle ragazze di portare il velo.
Allo stesso modo, la Chiesa difende la dignità del lavoro, ma alla fine si appiattisce sul più becero dei dogmi della sinistra populista che esige diritti per tutti, da finanziare con la fiscalità generale, ma non parla mai dei doveri, dell’obbligo di ciascuno di migliorarsi e di migliorare il mondo. Tanto meno la Chiesa sa coniugare politicamente diritti e doveri, se non nel senso che ricorda sempre alle istituzioni il dovere di soccorrere gli ultimi, ma mai ricorda agli ultimi il dovere di vivere con senso del dovere, dell’impegno, dello sviluppo delle proprie capacità e rispettando i principi e i valori regolati della cultura europea (anzi, questa è spesso biasimata).
Ecco perché, tra la Chiesa confusa e lo stato confusionale del Pd, che non è un partito socialista (dove il perimetro ideologico era molto chiaro) ma è un partito delle mode, delle onde suggestive, della negazione di ogni affermazione e del suo contrario, un partito del peggiore relativismo negativo, secondo il quale l’esistenza di più opinioni non porta alla verifica del loro fondamento, ma alla promozione di tutte al rango di verità di rango personale, uccidendo così l’unico strumento per capire la realtà, la ragione, tra la Chiesa e il Pd, dicevo, le distanze si assottigliano e noi che entriamo in Chiesa con la certezza della resurrezione e la percezione abissale del mistero che si intravede oltre la realtà (e a leggere i fisici più capaci, anche i fisici vedono un oltre esigente che non consente facili populismi) ci sentiamo sempre più soli. Ero a Milano da poco (la Milano privata di un cardinale dalla stizza di papa Francesco) e sono andato a sant’Ambrogio, la basilica dei martiri. Lì si sente ancora l’odore del sangue di gente decapitata non per essersi schierata contro l’Imperatore, ma per aver vissuto come se l’Imperatore non fosse tutto. Il problema della Chiesa oggi è proprio questo: la coincidenza del proprio orizzonte con quello storico. Si asfissia.
Essendo la religione una nota “sostanza oppiacea di massa” in grado di produrre assuefazione tossica e totale dipendenza (quasi quanto l’appartenenza incondizionata ad una fede calcistica o, ancor peggio, politica) non si dovrebbe trovare affatto strano che il cardinale Zuppi si esprima contro il sostegno dell’8% al “contrasto alle tossicodipendenze”..! :-)
Egregio Professore,
senza tanti preamboli cito l’art. 2241 del Catechismo della Chiesa Cattolica:
“Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese d’origine.
I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l’ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono.
Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l’esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie.
L’immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri.”
Basterebbe ricordare questo a tanti cattolici, porporati e non. Ma pare che da un bel po’ di anni a questa parte il Catechismo (che rappresenta il fondamento della Dottrina, giacché è considerata la corretta interpretazione derivante dalle Sacre Scritture, dalla Tradizione e dal Magistero) sia niente di più che un orpello fastidioso, per i tanti della teologia fluida faidatè e della morale un tanto al chilo.
Sono i teologi (più spesso presunti tali) à la page, gli stessi che si riempiono la bocca di citazioni dimezzate (tipico marchio dei gesuiti, dicono), come per esempio citare quella del Buon Samaritano ma dimenticandosi che, per soccorrere il disgraziato, lui aveva messo soldi suoi e non aveva chiesto rimborsi al sinedrio. O, se preferisce, citare quella dell’adultera che scampa alla lapidazione grazie al famoso “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, ma dimenticandosi che poi prosegue con “va e non peccare più”.
Personalmente, poi, sento un fastidio urticante quando vedo tanti preti, vescovi e cardinali (per non parlare degli attivisti forsennati impegnati in “iniziative” talvolta bislacche) che si sentono il “dovere”, ogni due per tre, di intervenire nell’agone politico o sociale (cosa perfettamente legittima, beninteso) ma che stanno in silenzio assordante di fronte alla verticale scomparsa-decimazione dei fedeli. E’ la gerarchia dei convegni pieni (su qualunque argomento ma possibilmente in favore di telecamera) e delle chiese deserte e abbandonate. E’ la teologia del “camminiamo assieme” ma senza capire (o confessare) qual è la meta.
Tristezza, null’altro.
https://www.secoloditalia.it/2025/06/zuppi-batte-cassa-deluso-dal-governo-ci-ha-ridotto-l8x1000-ma-la-modifica-alla-legge-e-di-conte/
il Cardinale Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha attaccato il governo perché ha assunto la decisione di includere tra le possibili destinazioni dell’ 8 per mille che il contribuente intende affidare allo Stato il “contrasto alle tossicodipendenze”. Ma la legge fu fatta dal M5S e PD nel 2019 Giuseppe Conte Presidente Cardinale questa è politica Sporca
Egr. Prof.
Mai avrei pensato che un giorno avrebbe dato una lezione non solo al vescovo di Cassano ma a tutti noi, ponendo in evidenza, con filosofica ma chiara saggezza, i numerosi problemi che albergano, e alcuni sopravvivono irrisolti da troppo tempo, nella dottrina cattolica . Perché se è giusto invocare la pace ad ogni Angelus domenicale rivolgendosi alla coscienza dei popoli oppressori per eliminare i drammi degli oppressi, quando si parla di povertà non si può parlare degli obblighi dei popoli industrializzati senza ricordare i doveri che una corretta conduzione di vita impone anche ai piu poveri: impegno per migliorare le condizioni nelle loro terre d”origine, rispetto per gli usi della terra che li accoglie e partecipazione attiva alla soluzione dei problemi sociali ed economici che favoriscano l’ integrazione di coloro che, all’ interno di un condiviso piano di accoglimento, hanno la possibilità di crearsi una nuova vita, con priorità per chi fugge dalle guerre o da gravi pericoli sanitari. È necessario dare ai bisognosi, ma questi devono rispondere con un miglioramento quotidiano, perché anche nella carità ,sembrerà strano ma occorre ammetterlo, vige il principio: costi – benefici. Costi a carico di chi ha la possibilità di donare e benefici per entrambi: per chi dona e per chi riceve. La comunità ecclrsiastica, purtroppo, batte poco su questo scambio reciproco, ma la Storia ci insegna che il solo dare o solo il ricevere non sono sufficienti al progresso degli uomini. E la Chiesa deve volare alto, oltre l’orizzonte storico, come Lei dice, evitando le tentazioni politiche del momento dove chi, ,anche se a fin di bene, auspica il progresso sociale, non si accorge che talora procede verso la settorialità degli interessi umani e non l’ universalità delle coscienze auspicata dal messaggio cristiano.
Cordiali saluti
Mah,.. non si finisce mai di stupirsi.
È certo comunque che Monsignor Savino conosce l’episodio narrato nel vangelo in cui i Farisei tentano di porre in cattiva luce il Nazzareno di fronte al Popolo, con la domanda: é lecito pagare i tributi a Cesare?
Eh, egli, presa una moneta chiese di chi fosse quella faccia effigiata in essa. Ma di Cesare, risposero! e allora date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.
Eh grosso problema. Inattuale nei secoli dei secoli (al di la di ogni provenienza di testo e.. Storia)
Buongiorno Paolo, ti manca di dire che ieri il Cardinale Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il più *Prodiano” dei porporati, ha attaccato il governo perché ha assunto la decisione di includere tra le possibili destinazioni dell’ 8 per mille che il contribuente intende affidare allo Stato il “contrasto alle tossicodipendenze”.
Condivido con te che le gerarchie ecclesiali hanno pieno diritto di esternare le proprie posizioni.
Tuttavia, ho trovato impropria questa uscita così come quella che tu hai evidenziato trattandosi dell’ esercizio del voto contestualizzato all’interno dell’ istituto referendario che è esclusivamente abrogativo e dove, quindi, essendo previsto un quorum, anche l’astensione ha una cifra partecipativa.
In un tempo in cui tutto sembra opinabile, viene da chiedersi: siamo davvero certi che Gesù Cristo sia risorto, o è solo un’opinione tra le tante? E se fosse solo “importante essere buoni”, perché mai sarebbe salito sulla croce? Il Vangelo non è un invito al buonismo, ma alla verità. Gesù non ha detto “fa’ come vuoi”, ma “va’ e non peccare più”. È un richiamo radicale alla conversione, non alla comoda tolleranza che non distingue il bene dal male.
L’intervista parla di democrazia, dignità, solidarietà, e ben venga. Ma quando la Chiesa si appiattisce sulle categorie ideologiche del momento e non richiama più alla verità del Vangelo, smette di essere sale della terra. Sembra quasi che ci si vergogni di parlare di peccato, di redenzione, di salvezza. E così, nel nome dell’inclusione, si rischia di perdere la via.
La fede non è un’opinione da votare a maggioranza, ma un’esistenza trasformata dall’incontro con Cristo risorto. E questo non lo si annuncia piegandosi alla logica delle mode, ma tenendo lo sguardo fisso sull’eterno. Chi crede, oggi, spesso si sente solo. Ma è proprio in questa solitudine che risuona ancora la voce del Maestro: “Beati voi quando vi insulteranno…”.